La Nature Restoration Law europea, il cosiddetto “Pacchetto Natura”, potrebbe arenarsi o quantomeno subire un’approvazione annacquata nei contenuti. È questo quanto sostengono oltre 200 organizzazioni non governative tra cui Client Earth, Euronatur, Climate Action Europe, Fondazione CMCC - Centro EuroMediterraneo sui Cambiamenti Climatici che congiuntamente hanno lanciato una petizione per chiedere ai governi nazionali e agli europarlamentari di votare a favore della proposta di Regolamento, lasciando cioè inascoltate le motivazioni contrarie – minaccia a sicurezza alimentare, economia e comparto agricolo – sollevate da alcuni gruppi politici.
La Nature Restoration Law, nonostante il forte mandato del Global Biodiversity Framework approvato durante la COP15 di Montreal, rischia infatti di veder ridurre la sua portata già il 15 giugno 2023, data in cui Commissione per l'ambiente (Envi) voterà il testo della proposta, che verrà in seguito trasmessa a Consiglio e Parlamento Ue. Una revisione a ribasso degli obiettivi in Commissione potrebbe essere difficile, a quel punto, da rovesciare. Questo mentre l’80% degli habitat europei sono in cattive condizioni e il ripristino di zone umide, fiumi, foreste, praterie ed ecosistemi marini può tutelare della biodiversità, per rafforzare la resilienza climatica e l'autonomia strategica dell'Europa. Materia Rinnovabile ne ha parlato con Andrea Goltara, Direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale (CIRF), una delle organizzazioni firmatarie della petizione.
La Nature Restoration Law è un elemento chiave della Strategia europea sulla biodiversità e quindi del Green Deal Europeo. Quali sarebbero le novità rispetto ad altre misure come Direttiva Habitat, Direttiva Quadro Acque o Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino?
È proprio la perdita di biodiversità, che continua ad aumentare ad un tasso preoccupante, ad aver dato origine a questa nuova proposta normativa. Che ha una novità sostanziale: si va oltre al concetto di aree protette, facendo così capire quanto la diversità biologica sia fondamentale e vada mantenuta ovunque possibile. Quindi non solo in aree protette, che sono in qualche modo isolate da un contesto esterno sviluppato fatto di città e aree agricole.
Quali sono i punti fondamentali della proposta?
Si punta innanzitutto ad aumentare la percentuale di aree protette in Europa, sia terrestri che marine, raggiungendo il target del 30%. Ma soprattutto l’obiettivo è aumentare la velocità della rinaturalizzazione per gli habitat delle specie che lo necessitano e sviluppare dei piani a livello nazionale. Si vuole passare dall’approccio della tutela all'obbligo di ripristinare attivamente la natura e gli habitat in diversi ambiti.
E per quanti riguarda i fiumi? La proposta prevede il ripristino di 25 mila km di corsi d’acqua in Europa.
Il concetto chiave che viene ripreso dalla Strategia 2030 per la biodiversità è quello della connettività fluviale – cioè ripristinare le connessioni dei fiumi col mondo esterno, restituendo spazio da monte a valle, sotto l’alveo stesso, lateralmente con la sua piana inondabile - sia per tutelare gli ecosistemi acquatici che per la produzione di servizi ecosistemici.
Se vogliamo ridurre il rischio di alluvioni dobbiamo restituire spazi in cui il fiume possa esondare senza fare danni, anche per evitare che alla fine esondi in aree urbane; se vogliamo adattarci e avere sistemi più resilienti rispetto alla siccità, dobbiamo ripristinare il più possibile le funzioni naturali dei corsi d'acqua. Non basta fare opere, anzi. La norma ci chiede esplicitamente di rimuovere quelle opere che causano più danni che benefici. Misura che in realtà sarebbe in teoria da attuare anche in relazione alle normative precedenti, anche se questa volta è detto in maniera esplicita ed è collegato a vantaggi sociali ed economici.
Quali altri temi sono toccati?
C’è il tema della riforestazione urbana, degli impollinatori, della biodiversità in ambito agricolo. Senza dimenticare la tutela e il ripristino della salute del suolo, la sua capacità di assorbire l’acqua e funzionare come una spugna sia durante la siccità che durante le alluvioni. E questo porta enormi benefici proprio al mondo agricolo, oltre che la società nel suo complesso.
Determinati gruppi politici vedono gli obiettivi di ripristino della biodiversità come un attacco all’economia degli agricoltori. In realtà dovrebbe essere tutto il contrario. Gli agricoltori dovrebbero essere i primi a voler attuare questa normativa proprio per tutelare se stessi. Se non si mantiene in salute la comunità degli impollinatori crolla la produzione agricola, se non si tutela il suolo si subiscono molti più danni per effetto della siccità. Molti gruppi politici si stanno arroccando in posizioni protezionistiche che non trovano riscontro nella realtà, mistificando in qualche modo i contenuti di questa proposta normativa, senza capire l'importanza proprio per i portatori di interesse che tutelano e quindi svolgendo un cattivo servizio pubblico.
Perché il voto del 15 giugno in Commissione EU è importante?
Se questo voto non sosterrà la norma, diventerà più difficile il percorso parlamentare e quello del Consiglio. Come azione per spingere e convincere gli ultimi indecisi abbiamo quindi lanciato una petizione in cui tutti i cittadini che sono d'accordo sull’importanza di questa norma possono contattare i propri parlamentari europei e i propri ministri in relazione al lavoro in Consiglio, per sollecitare un voto a favore e a sostenere la proposta fino in fondo. Questo è un pilastro del Green Deal. Alcuni gruppi - il PPE ad esempio si è ritirato sostanzialmente dalle negoziazioni - non stanno facendo una politica coerente con quella che è la strategia di fondo dell'Unione europea.
E in che modo la proposta originale può supportare l’economia?
C'è un collegamento estremamente forte tra la necessità di ripristinare la natura, adattamento e mitigazione del cambiamento climatico, quindi anche un forte legame con l'economia, in funzione dei servizi ecosistemici che è in grado di dare. Le analisi a supporto della proposta normativa dicono che ogni euro speso in rinaturalizzazione può generare tra 8 e 38 euro di servizi ecosistemici. Per non parlare, in termini di OneHealth, del legame della nostra salute a quella dei corsi d’acqua e al ciclo dei patogeni, come hanno messo in evidenza le ricerche del Prof. Andrea Rinaldo, a cui di recente è stato assegnato lo Stockholm Water Prize, il “Nobel dell'acqua”. Un approccio solo infrastrutturale – pensiamo agli invasi artificiali e alle tossine legate a fioriture algali dovute all'eccesso di temperatura e di deossigenazione delle acque accumulate - sta mostrando sempre di più problemi. Per questo dovrebbe essere una proposta sostenuta un po’ da tutte le forze politiche, anche quelle che sono più strettamente connesse a determinati portatori di interesse.
Immagine: Envato Elements