A World of 8 Billion Cities - un mondo di 8 miliardi di città. È questa l’immagine con cui si presenta la sesta edizione di Utopian Hours, il festival internazionale del city making organizzato dal think tank Stratosferica, che torna a Torino dal 14 al 16 ottobre negli spazi dell’avveniristica Nuvola, il quartier generale di Lavazza,
Tre giorni di incontri, conferenze, workshop ed esplorazioni urbane con grandi urbanisti, architetti e sociologi internazionali per immaginare e progettare la città del futuro.
La città come categoria dello spirito
Con l’edizione 2022, il festival Utopian Hours porta a compimento un’ideale trilogia sul futuro delle città.
Si era partiti nel 2020 con The City at Stake: il modello di convivenza urbano messo in discussione prima dalla crisi ambientale e poi dalla pandemia. Nel 2021 la fuga dalle città aveva trovato un possibile compromesso con The 1000-Minute City, un modello urbano “espanso”, in cui è possibile rimanere cittadini anche a distanza, grazie alle connessioni e alle nuove tecnologie.
Il 2022 è, infine, l’anno di A World of 8 Billion Cities. un titolo provocatorio che vuole aprire – come spiegano gli organizzatori – a un lieto fine: la città si libera dai suoi limiti fisici per diventare una forma mentis, una categoria dello spirito. Se si può essere cittadini del mondo, allora il modello urbano può anche vivere dentro a ogni singolo abitante del pianeta; non è più questione di edifici, ma di scelte.
“È una urbanità valoriale, legata a gesti, consumi, comportamenti, più che ai luoghi. - scrivono gli organizzatori - Introducendo l’idea di ‘fare i cittadini’, ora che il mondo si avvicina a essere abitato da 8 miliardi di persone, lo sguardo di Utopian hours si sposta verso una nuova teleologia urbana con la volontà di rifondare il concetto di città a livello planetario. Se la domanda cruciale rimane ‘dove andare a vivere’, la spinta è a superare le contrapposizioni superficiali a cui siamo assuefatti, a tendere ad essere al contempo ‘urbaniti’ e specie umana capace di ascoltare la Natura — a riconciliare le tensioni tra city quitters e city revivers (definizione evocativa di Patrick Geddes) e ambire a un nuovo spirito urbano libero, costruttivo, gioioso”.
Sguardi internazionali per il futuro delle città
Alla costante sensazione di distopia che ci accompagna da almeno due anni, Utopian Hours contrappone dunque uno sguardo utopico capace però di modellare scelte concrete in una direzione positiva. La sesta edizione del festival raccoglie allora visioni, idee e progetti da tutto il mondo, con oltre 50 ospiti internazionali, conferenze, workshop, mostre ed eventi.
Si comincia venerdì 14 ottobre con un programma incentrato sul “Best of Italian city making”, con tavoli di lavoro in collaborazione con ANCI e Urbact, fra cui si segnala il panel sulla “città temporanea”, ovvero il riuso o uso flessibile di strutture urbane.
Nel ricchissimo programma spiccano alcuni nomi di caratura internazionale: l’urbanista Amanda Burden di Bloomberg Associates, che racconterà la trasformazione di New York; l’esperta di pianificazione Majora Carter, a testimoniare il suo impegno per rivitalizzare il South Bronx; Edward Glaeser, direttore del Dipartimento di Economia della Harvard University, che parlerà delle minacce alla vita urbana; l’architetto Liam Young, fondatore di Tomorrow’s Thoughts Today, think tank che si concentra sul ruolo e sull’impatto delle nuove tecnologie nelle nostre società; Markus ElKatsha del MIT Media Lab, che discuterà di dati e strategie politiche per l’urbanizzazione; Nina Noblé, attivista che guida la campagna Berlin Autofrei per creare la più grande zona carfree della capitale tedesca; la marschitect Vera Mulyani, fondatrice di Mars City Design, che immagina e progetta una possibile vita urbana su Marte.
Tutte le conferenze, a pagamento, si possono seguire in streaming o in presenza, negli spazi della Centrale Nuvola Lavazza (via Ancona 11, Torino).
Informazioni sul programma al sito di Utopian Hours.
Immagine: Duy Nguyen (Unsplash)