In Italia, le concessioni balneari e le licenze per l’occupazione del demanio pubblico risultano sotto il diretto controllo di alcune famiglie, trasmesse da una generazione all’altra. Ma tale sistema è contrario alle impostazioni giuridiche di accesso al mercato comune europeo emanate nel 2006 e contenute nella Direttiva Bolkestein. Il governo Conte I aveva previsto una proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2033, dopo che l’Italia fu condannata dalla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto della direttiva.
La Bolkestein è da tempo al centro dell’attenzione mediatica per il particolare rapporto che genera tra imprese, istituzioni e cittadinanza. Quando venne approvata nel 2006, lo scopo principale era di innescare una liberalizzazione dei servizi nel mercato europeo, abbattendo le barriere e gli ostacoli che si interpongono alla libera circolazione dei servizi tra gli Stati Membri.
Oggi il controverso regime delle concessioni balneari in Italia, al centro di tentativi di riforma per liberalizzare il settore e allineare le norme italiane a quelle europee, attira l’attenzione sulle modalità di approccio degli altri Paesi del Mediterraneo che stanno tentando di affrontare la tematica. Innanzitutto, risulta particolarmente importante ribadire che la direttiva europea ha stabilito che le concessioni demaniali devono essere messe a gara, garantendo la concorrenza tra tutti i potenziali concessionari. Un approccio che tenta di far emergere trasparenza e imparzialità quali principi cardine della normativa. Una prospettiva giuridica che fa discutere in Italia e nel resto d’Europa, soprattutto per i Paesi del Mediterraneo, per accrescere le opportunità economiche e lo sviluppo sostenibile del territorio costiero.
La Spagna e le concessioni ai privati
Recentemente, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti della Spagna. Nel Paese iberico le spiagge sono definite “libere” e quindi non sono soggette a concessioni ma ad una mera autorizzazione. Le autorizzazioni amministrative per svolgere le attività a scopo di lucro (pensiamo al noleggio di lettini e ombrelloni) devono essere oggetto di bando pubblico così come stabilito dalla Ley de Costas. Questa manovra legislativa ha originato una serie di contenziosi ai quali lo Stato spagnolo ha posto fine permettendo una concessione di 75 anni ai privati proprietari divenuti gestori. Una situazione differente da quella italiana, dove non ci sono gare e dove non è cambiata la demarcazione dell’area demaniale. La direttiva europea Bolkestein sul tema balneari punta ad agevolare l’esercizio della “libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi”.
Il Portogallo e le distinzioni tra licenze e concessioni
In Portogallo, il demanio marittimo ha diretta copertura costituzionale e il regime delle concessioni demaniali marittime è disciplinato dalla legislazione ordinaria, in particolare le norme attuative della Lei da Água che a sua volta ha recepito la Direttiva quadro europea sulle acque. La giurisprudenza portoghese traccia una netta distinzione tra licenza e concessione. L’occupazione temporanea delle spiagge con manufatti amovibili per fini turistici, per scopi ricreativi, per lo svolgimento di competizioni sportive e di navigazione tende ad essere valorizzata, differenziandosi nettamente dalla concessione che il Portogallo valuta caso per caso anche in base agli investimenti del concessionario.
Il Paese tende ad incentivare le licenze e al loro scadere, le strutture smontabili sono rimosse e il bene deve essere ripristinato come sussisteva precedentemente all’avvio dei lavori. In sostanza, a Lisbona vige un regime che tende ancora ad attribuire particolari prerogative ai titolari originari delle concessioni, che sfavoriscono l’ingresso di nuovi operatori, considerando che lo sfruttamento a fini turistici delle spiagge demaniali possa avvenire solo a seguito di una gara pubblica che attribuisca il relativo titolo. Tuttavia, il titolare del diritto di concessione può rivendicare un diritto di prelazione che permette al concessionario di essere preferito agli altri concorrenti.
La Francia e gli obiettivi di conservazione naturale del litorale
La Francia guarda con più attenzione alle specificità ambientali del territorio, preferendo un approccio giuridico che deve tener conto della vocazione della zona e degli obiettivi di conservazione naturale del litorale, mentre l’accesso alle spiagge e il loro uso devono essere liberi e gratuiti. Anche le concessioni devono sempre preservare la libera fruizione, circolazione e uso del litorale da parte del pubblico per un’area significativa lungo tutta la riva del mare. Attualmente, il rilascio e il rinnovo delle concessioni, affidate ai Prefetti, sono subordinati a gare pubbliche basate sulla comparazione delle domande di concessione, in subordine all’assegnazione, in via prioritaria, alle città metropolitane e ai Comuni. La durata delle concessioni di spiaggia non può superare i 12 anni. Nell’ordinamento francese il demanio marittimo è regolato dal Code général de la propriété des personnes publiques, emanato con l’Ordonnance n. 2006-460 del 21 aprile 2006. L’attuale codice, entrato in vigore il 1° luglio 2006, al termine di una lunga e complessa gestazione, ha abrogato interamente il vecchio Code du domaine de l’Etat, riscrivendo completamente la disciplina applicabile ai beni ed al patrimonio pubblico. Il demanio pubblico marittimo naturale comprende il suolo ed il sottosuolo del mare compreso tra il limite esterno del mare territoriale e la riva del mare, il suolo e il sottosuolo degli stagni salati in diretta comunicazione con il mare, alcune tipologie di laghi salati e depositi alluvionali, nonché le aree di territorio riservate, acquisite dallo Stato al fine di soddisfare necessità di interesse pubblico di ordine marittimo, balneare o turistico. La consistenza del demanio pubblico marittimo naturale è, dunque, definita sulla base di una constatazione fondata sul risultato dell’azione degli agenti naturali rispetto all’ambiente marino.
Il sistema francese è fortemente orientato verso la tutela ambientale del demanio marittimo e, allo stesso tempo, tende a favorire l’uso generale dei relativi beni rispetto alle altre modalità di sfruttamento non sostenibile. In sostanza, in Francia le concessioni hanno una durata limitata e limiti molto precisi. Il decreto spiagge varato nel 2006 da Jacques Chirac prevede anche che le strutture sulla costa debbano essere removibili e che la spiaggia sia completamente libera per sei mesi l’anno, valorizzando l’idea che un bene di tutti deve essere usufruito collettivamente e nel rispetto dell’ambiente.
La Grecia e la valorizzazione degli hotel di spiaggia
In Grecia, Paese fortemente legato alle opportunità economiche provenienti dall’utilizzo sostenibile delle spiagge, le procedure di selezione garantiscono imparzialità e trasparenza, in linea con quanto stabilito dalla direttiva Bolkestein. Le aste pubbliche avvengono in tutti i casi in cui viene valutata prioritaria e necessaria la concessione di un’autorizzazione, con l’unica eccezione degli hotel che si trovano di fronte alla spiaggia, per i quali proprio la specifica posizione giustifica delle eventuali deroghe. Questa tipologia di alberghi può ottenere, con delle specifiche normative e alcune specifiche eccezioni previste dalla legge, un’autorizzazione annuale all’esercizio dell’attività. Peraltro, dall’anno 2011, tutte le costruzioni invasive e le modifiche del territorio costiero sono proibite entro i 100 metri dal litorale, se non è stato adottato il provvedimento amministrativo di demarcazione della battigia, o se non è stata completata la delimitazione della battigia già esistente.
La Croazia e la tutela costituzionale del mare e delle spiagge
La Croazia è tra quei Paesi che tenta di valorizzare le opportunità economiche provenienti da uno sfruttamento sostenibile delle spiagge, dei litorali e del mare e che tutela a livello costituzionale il demanio marittimo. La Costituzione croata del 1990 sancisce che il mare, le spiagge e le isole sono di interesse primario per la vita della Repubblica e devono godere di una grandissima protezione.
La legge consente l’uso e lo sfruttamento da parte degli enti proprietari che possono vantare diritti concessionari, precisando rigorosamente le limitazioni e le restrizioni al predetto uso. La concessione è un diritto che esclude una parte del demanio marittimo dall’uso generale parzialmente o in totale e lo concede all’uso speciale o commerciale delle persone giuridiche o persone fisiche iscritte come artigiani. La concessione può essere assegnata per l’uso commerciale del demanio marittimo o per l’uso speciale dello stesso bene pubblico. Per l’uso commerciale del demanio marittimo o per la costruzione di edifici di importanza istituzionale ed economica, la concessione può essere rilasciata dal governo regionale per un periodo massimo di 20 anni, mentre il procedimento preparatorio è condotto dall’ufficio amministrativo regionale.
Oltre alle concessioni, lo strumento giuridico che consente l’uso del demanio marittimo a fini economici è il “permesso di concessione”, rilasciato su richiesta dopo domanda da parte di persone giuridiche e persone fisiche registrate sempre alla categoria contributiva degli artigiani. Il richiedente ottiene il diritto all’utilizzo del demanio marittimo senza poter escludere o limitare l’uso generale dello stesso. Il permesso di concessione viene rilasciato per un periodo massimo di cinque anni. Le attività per le quali è stato possibile finora ottenere un permesso di concessione comprendono: il trasporto dei passeggeri; il noleggio delle barche; il trasporto delle merci; la depurazione delle acque marine; l’apertura di ristoranti, negozi, chioschi, edifici a terrazzo; l’avvio di attività commerciali e ricreative, parchi acquatici, parchi di divertimenti, noleggio di ombrelloni e sdraio; l’apertura di scuole di vela, canottaggio e nuoto; la formazione subacquea e le escursioni sottomarine.
Le concessioni balneari sono, insomma, una partita aperta tra i Paesi del Mediterraneo, dove i gestori dei lidi hanno una voce considerevole per le opportunità economiche che innestano sui territori costieri, ma la Commissione europea spinge verso una chiara e concreta normativa armonizzata, in linea con la visione di un diritto comunitario che prevede la liberalizzazione delle spiagge demaniali per garantire concorrenza, trasparenza, sfruttamento sostenibile e tutela dell’ambiente.
Immagine: la spiaggia di Tropea, in Calabria (Unsplash)