Per Roma Capitale l’adattamento al cambiamento climatico è già oggi una priorità. Con 25 eventi meteo estremi, secondo i dati dell’Osservatorio Città Clima realizzato da Legambiente, nel 2023 Roma è stata infatti la provincia più colpita d’Italia. Aumenta la temperatura media e il numero di notti tropicali, mentre si dilatano i periodi interessati da ondate di calore (come dimenticare il titolo del Times di luglio scorso: Rome, the Infernal City?).
Si intensifica l’erosione costiera, si concentrano le precipitazioni e di conseguenza il rischio alluvioni, flash floods incluse, anche grazie a un suolo sempre più trascurato. Secondo Fondazione CMCC, il 24% del territorio di Roma è suolo consumato, mentre gran parte di esso risulta essere impermeabilizzato (91%, circa 28.256 ettari). Tutti fattori che hanno impatti su infrastrutture, patrimonio storico e persone, in maniera sempre più diseguale.
Per individuare gli interventi necessari, la Giunta Capitolina ha così approvato una proposta di Strategia di adattamento climatico, presentata il 23 gennaio. Documento che fino al 30 aprile 2024 sarà in fase di consultazione pubblica. Materia Rinnovabile ne ha parlato con Edoardo Zanchini, Direttore dell'Ufficio clima del Comune di Roma.
Zanchini, non c’è strategia senza priorità. Su quali aspetti suggerite di intervenire?
Abbiamo individuato quattro priorità. C'è una prima emergenza che è legata al caldo e alle isole di calore urbane, che già oggi producono impatti rilevanti sulla salute delle persone e in particolare nei quartieri più poveri di Roma. Ci sono poi il rischio inondazioni e l’intensificarsi degli impatti sul litorale, come i processi di erosione costiera.
Un’altra grossa questione è quella dell’accesso alle risorse idriche, che nei prossimi anni sarà rilevantissimo. Un tema su cui possiamo dire che Roma è “più pronta”, sia perché ci sono in campo investimenti rilevanti sia perché il modello di gestione costruito intorno agli Enti di governo dell'ambito territoriale ottimale (EGATO), gli obiettivi di riduzione delle perdite e di raddoppio dell’acquedotto del Peschiera sono chiari. In ogni caso stiamo parlando di una risorsa che preleviamo da sorgenti e pozzi, che dobbiamo ridurre in maniera drastica.
Nel senso che diminuirà la disponibilità d’acqua?
Siamo fortunati perché Roma si approvvigiona d’acqua dall’Appennino, con acquedotti che hanno una storia antica. Però chi ci dice che la disponibilità d’acqua di quelle falde non cambierà nei prossimi trenta o cinquant’anni a causa del contesto climatico? Per questo bisogna porsi l’obiettivo di ridurre quel prelievo e cambiare modello. Stessa cosa per l’estrazione dai pozzi. Altrimenti si rischia di mettere in crisi il delicatissimo sistema dei laghi dei Castelli Romani, del lago di Bracciano o di Martignano.
Anche biodiversità e patrimonio storico sono altri aspetti toccati dalla Strategia. Perché?
Bisogna ricordare come l’adattamento sia una chiave nuova con cui guardare al territorio e alle sue trasformazioni. Non è un tema settoriale, non è l'urbanistica, non è la pianificazione ambientale. Le questioni che in qualche modo sono interessate da questo processo sono molto intrecciate e questo avviene sia negli ambiti naturali che negli ambiti agricoli, dentro e fuori la città. Se si decide di piantare alberi ma non si pensa a come far arrivare loro l'acqua non si risolve nulla. Serve un approccio innovativo.
In particolare, poi, per la tutela del patrimonio storico abbiamo bisogno di monitoraggio e analisi nuove. Basti pensare all’intreccio tra l'inquinamento e l'aumento del caldo nelle giornate estive, che provoca impatti non solo sulla salute delle persone ma anche su edifici e monumenti. In ottica di restauro ci si è sempre interrogati sulle piogge, ma in prospettiva di aumento delle temperature questi aspetti potrebbero evolvere ulteriormente.
Come si è arrivati alla Strategia di adattamento climatico?
Questo lavoro è iniziato a gennaio 2023. Convocati gli esperti, dopo una lunga riflessione, abbiamo deciso di presentare e approvare una Strategia e non un Piano. E credo sia interessante sottolineare questo aspetto perché i Comuni sull'adattamento hanno una parte importantissima di responsabilità, tanto nell’analisi quanto nella definizione delle priorità che riguardano il proprio territorio. Tuttavia, nella fase di intervento la competenza in larga parte non è del Comune. Con la Strategia noi vogliamo condividere con tutti gli interlocutori le priorità, gli obiettivi e le misure. E già questo percorso in parte è stato fatto con il Ministero, con la Regione e con la Città metropolitana. Ovviamente dovremo entrare ancora più nel merito, però lo vogliamo fare attraverso un processo condiviso.
Quali aspetti in particolare toccano il Comune?
Le responsabilità del Comune sono tra quelle più innovative. Intervenire sul tema delle isole di calore o sulle flash floods richiede una riprogettazione della città. Bisogna ripensare quello stesso spazio pubblico che è così caldo e così pericoloso quando piove perché a Roma si è costruito anche abusivamente. In molte aree le fognature, di conseguenza, sono state fatte in ritardo o non sono sufficienti. Inoltre, ci sono quartieri oggi a rischio proprio per come sono stati progettati, anche legalmente. Negli anni Settanta e Ottanta si è costruito male.
Parlando di risorse, quanto è già stato stanziato?
Grazie al PNNR e al Giubileo molte cose si stanno facendo. 1,2 miliardi di euro solo per il raddoppio del Peschiera, 343 milioni di investimenti tra il 2023 e il 2028 per la riduzione delle perdite idriche, risorse su cui possiamo stare tranquilli perché sono stanziati con Legge di bilancio o coperti dalla tariffa. Per quanto riguarda gli interventi per la sicurezza idrogeologica, la stima è di 840 milioni di euro, alcuni finanziati dal PNRR.
Cosa si farà invece per contrastare le isole di calore urbane?
Un anno fa ci siamo candidati a un programma europeo che ci permetterà di approvare entro il 2025 un piano di intervento per le aree a maggior rischio durante le isole di calore urbano, che sono state individuate anche grazie all’analisi satellitare.
Nella Strategia si legge che darete priorità ai quartieri più colpiti e vulnerabili anche dal punto di vista economico. Perché?
Dalle analisi emerge un dato ineludibile: Roma ha un territorio immenso, ma ci sono quartieri più a rischio di altri. Non avere una strategia e non avere delle priorità significa chiudere gli occhi rispetto a degli impatti economici e sociali rilevantissimi. Solo per quanto riguarda le isole di calore le analisi epidemiologiche spiegano che l’incrocio tra il rischio sanitario legato alle ondate di calore e alla situazione sociale, come la povertà, o fattori come la solitudine, fotografano una situazione molto più grave a Roma est che nel resto di Roma. In quell’area spesso ci sono persone che non si possono permettere l'aria condizionata la sera, o comunità immigrate che sono meno informate su tutte queste tematiche. Per questo abbiamo bisogno di fare un lavoro davvero integrato, non solo per rilanciare dal punto di vista economico quelle zone.
Immagine di copertina: Pierre Antona, Pexels