I dati presentati nel rapporto ASviS 2024 L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dipingono un quadro preoccupante, non solo per il nostro paese, ma per il mondo intero. Se guardiamo alla performance italiana, emergono segnali di allarme per la sostenibilità sociale, economica, ambientale e istituzionale. Nonostante i tanti impegni presi, il cammino verso l'Agenda 2030 è ostacolato da ritardi sistemici, mancanza di politiche adeguate e crisi ricorrenti.

Tra il 2010 e il 2023, l’Italia ha registrato un peggioramento su cinque Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) chiave: la lotta alla povertà, la riduzione delle disuguaglianze, la qualità degli ecosistemi terrestri, la giustizia e le istituzioni solide, e le partnership globali. Anche dove si vedono progressi, come nell’energia pulita e nel contrasto al cambiamento climatico, siamo ben lontani dagli standard richiesti.

Per fare qualche esempio, 5,7 milioni di persone in Italia vivono in povertà assoluta, mentre il 22,8% della popolazione è a rischio di esclusione sociale. Il divario economico ha raggiunto livelli insostenibili, basti pensare che il 5% delle famiglie più ricche detiene metà della ricchezza complessiva, mentre la metà più povera si divide appena l’8%. Queste cifre evidenziano l’urgenza di politiche mirate per una redistribuzione più equa delle risorse, che includano istruzione, occupazione giovanile e tutela della salute. Anche sul fronte ambientale l'Italia si configura come un paese in piena crisi. L’aumento delle temperature cresce a un ritmo doppio rispetto alla media globale, e le conseguenze sono sotto i nostri occhi, mentre gli ecosistemi, specialmente quelli terrestri, continuano a degradarsi, anche per via di una cementificazione che mette a rischio l’integrità dei territori.

Cosa fare, dunque, per invertire queste tendenze? Il rapporto avanza tutta una serie di proposte, sia di carattere sistemico che specifico. In primo luogo, bisogna attuare la Strategia nazionale di sviluppo sostenibile 2022 approvata l’anno scorso ma poi totalmente dimenticata, che prevede, tra l’altro, che il governo si doti di un programma per la coerenza delle politiche per raggiungere gli SDGs. Poi, va adottata una Legge sul clima che favorisca le energie rinnovabili e la progressiva eliminazione dei combustibili fossili. Non si tratta solo di rispondere agli obblighi europei, ma di definire una visione di lungo periodo, che abbracci anche la giustizia intergenerazionale. Proprio come sottolinea la modifica della Costituzione fortemente voluta dall’ASviS, che ha introdotto tra i compiti della Repubblica quello di tutelare l’ambiente, gli ecosistemi e la biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni, stabilendo che l’attività economica non può svolgersi a danno della salute e dell’ambiente. La recente sentenza della Corte costituzionale n. 105/2024 rafforza questo principio, affermando che la tutela dell’ambiente è un valore al quale l’economica deve adeguarsi.

Attraverso la collaborazione con Prometeia, i dati del rapporto ASviS mostrano inoltre un significativo scollamento tra le ambizioni dell’Italia e i target di sostenibilità fissati a livello nazionale ed europeo. Sui 37 obiettivi quantitativi analizzati, solo per 8 di essi, pari al 21,6%, è possibile raggiungere o avvicinarsi sensibilmente ai traguardi entro il 2030. Per altri 7 target l’andamento risulta incerto, con un miglioramento previsto nel lungo periodo ma accompagnato da tendenze discordanti nel breve termine. Questo riflette una debolezza strutturale nelle politiche attuali, che non riescono a garantire progressi continui e uniformi. Per ben 22 obiettivi, che rappresentano il 59,5% del totale, non si prevede il raggiungimento entro la scadenza del 2030. Questa percentuale inaccettabile sottolinea la necessità di un intervento più incisivo e coordinato per colmare i ritardi accumulati e affrontare le sfide complesse della transizione verso uno sviluppo sostenibile.

L’Italia è dunque a un bivio. I prossimi mesi saranno decisivi per determinare il nostro futuro di sostenibilità. La Legge sull’autonomia differenziata potrebbe ampliare le disuguaglianze territoriali e rendere impossibile il coordinamento delle politiche necessarie per raggiungere gli SDGs. D’altra parte, le nuove direttive europee sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale sono un’opportunità per spingere il nostro sistema produttivo verso modelli più responsabili. Analogamente, la Legge europea sul ripristino della natura rappresenta una svolta cruciale e una grande opportunità, che non solo migliorerà gli ecosistemi, ma potrà anche generare nuova occupazione.

Di fronte a questa sfida il Green Deal europeo resta un pilastro fondamentale, ma occorre superare le barriere legate al mercato dei capitali privati e alla limitatezza del bilancio dell’UE. Questo richiede uno sforzo congiunto per ampliare la capacità di investimento e rendere più efficiente l’allocazione delle risorse pubbliche e private. L’UE deve anche confermare la propria capacità di leadership per l’attuazione dell’Agenda 2030 a livello globale, sostenendo le proposte di riforma dell’ONU e delle istituzioni finanziarie multilaterali, e deve assumere tutte le azioni di sua competenza della nuova “Agenda per la pace” descritta nel Patto sul futuro approvato a settembre in sede ONU, collegandole con le misure di cooperazione e rafforzando il coordinamento delle azioni degli stati membri per la prevenzione dei conflitti.

In conclusione, l’attuazione dell’Agenda 2030 non è solo una sfida tecnica o economica: è una questione politica e culturale e abbraccia tutte le dimensioni dello sviluppo. La politica deve essere coerente, inclusiva e orientata al futuro, capace di un approccio integrato che coniughi gli obiettivi ambientali, sociali ed economici. Solo così potremo superare i nostri ritardi e trasformare le crisi attuali in opportunità per un futuro più equo e sostenibile.

 

Immagine: Colin Lloyd, Unsplash