I PFAS possono penetrare la pelle fino a raggiungere il flusso sanguigno. Lo rivela la ricerca Dermal bioavailability of perfluoroalkyl substances using in vitro 3D human skin equivalent models, pubblicata nel giugno 2024 sul giornale accademico Environment International e condotta presso l’Università di Birmingham da Oddný Ragnarsdóttir, Mohamed Abou-Elwafa Abdallah, Stuart Harrad.

I ricercatori hanno esaminato l'assorbimento attraverso la pelle di 17 sostanze perfluoroalchiliche (i cosiddetti PFAS) utilizzando modelli artificiali di pelle umana in vitro in 3D. Hanno scoperto che i PFAS con catene più corte vengono assorbiti di più rispetto a quelli con catene più lunghe, che invece si accumulano nei tessuti della pelle.

La pelle, una barriera: ma fino a che punto?

I PFAS, noti anche come “inquinanti eterni” per la loro forte persistenza, sono sostanze chimiche create dall’essere umano per realizzare prodotti e rivestimenti che respingono il grasso, l’acqua o il calore. Sono una classe di composti chimici organici caratterizzati dalla presenza di legami carbonio-fluoro e sono molto dannosi sia per l’ambiente sia per la salute umana. Si possono trovare nell’aria, nell’acqua, nel cibo, e sono correlati a una maggiore incidenza di malattie. Lo studio dell’Università di Birmingham evidenzia come anche la pelle possa essere un veicolo con cui i PFAS penetrano nell’organismo umano, per esempio tramite i cosmetici, come creme solari, disinfettanti per le mani o mascara waterproof, che li contengono.

“Sappiamo che si può essere esposti ai PFAS in diversi modi”, spiega a Materia Rinnovabile il professor Stuart Harrad, uno degli autori dello studio. “I PFAS sono utilizzati nei tessuti, ad esempio negli indumenti, che entrano in contatto con la pelle. La domanda è quanto sono presenti e quanto vengono assorbiti dalla pelle. Il fatto che i PFAS siano presenti in un prodotto che entra a contatto con la pelle non significa che penetrino effettivamente attraverso di essa, perché fortunatamente la pelle è un ottimo rivestimento protettivo. Abbiamo quindi cercato di capire se il fatto che i PFAS possano essere presenti nei cosmetici si traduca in una dose misurabile di PFAS che attraversano la pelle.”

La ricerca è ancora limitata su questi temi. Tuttavia, vi è già uno studio precedente che ha coinvolto un volontario umano per testare l’assorbimento di un certo tipo di PFAS (l’acido 3C4-perfluoroottanico), appositamente inserito in una crema solare per studiarne l’assorbimento da parte della pelle. “Hanno scoperto che gran parte di quella sostanza finiva nel sangue della persona e che la concentrazione raggiungeva un picco circa tre settimane dopo”, aggiunge Harrad. “Anziché usare volontari umani o animali, cosa che ovviamente comporta problemi etici, abbiamo usato la pelle umana in coltura, ovvero modelli di pelle umana che sono in grado di replicare la maggior parte delle sue caratteristiche.”

Stuart Harrad

 

Si tratta del primo studio di questo tipo condotto su pelle artificiale in 3D, su cui i ricercatori hanno applicato una quantità prestabilita di 17 diverse sostanze PFAS, disciolte in metanolo, per 24-36 ore. Hanno poi misurato il livello di assorbimento di ciascuna sostanza, quanta ne è rimasta in superficie e quanta all’interno dei tessuti cutanei. È stata oggetto di misurazione anche la velocità e la permeabilità con cui i singoli inquinanti penetravano la pelle. Dei 17 PFAS testati, il team ha scoperto che 15 sostanze hanno mostrato un sostanziale assorbimento cutaneo: almeno il 5% della dose di esposizione. La scoperta finale è quindi che sì, i PFAS possono essere assorbiti fino a giungere nei vasi sanguigni, ma con variabili legate alla lunghezza delle catene chimiche che costituiscono la loro struttura. Per i composti che hanno delle catene carboniche più corte è più facile penetrare la barriera cutanea e accumularsi nel sangue, spiega lo studio. I composti con catene più lunghe faticano a penetrarvi, anche se non è detto che sia impossibile.

“Una delle cose più difficili che non abbiamo ancora testato, e che vorremmo fare ma non siamo ancora riusciti a fare, è prendere dei tessuti che contengono PFAS, applicarli a un modello di pelle e vedere quanta sostanza viene assorbita”, aggiunge Harrad. Questo perché i PFAS sono contenuti in molti tessuti, come quelli idrorepellenti usati nell’abbigliamento impermeabile.

Le conseguenze per i consumatori

“Credo che il nostro studio rappresenti un grande passo avanti, perché ci dice quante di queste sostanze è probabile che vengano assorbite”, spiega Harrad. “Ma non sappiamo quanto i PFAS siano effettivamente presenti nei prodotti con cui entriamo in contatto. Questo è probabilmente uno dei prossimi passi che sarebbe molto utile fare, in termini di ricerca: ampliare il range di PFAS da testare per quanto riguarda l'assorbimento.” D’altra parte, non si conosce con esattezza quanto sia ampia la classe dei PFAS: la ricerca di nuove sostanze appartenenti a questo gruppo è ancora in corso. Secondo i dati forniti dall’EPA (U.S. Environmental Protection Agency) nel 2022, sarebbero più di 15.000. Per quanto riguarda la loro regolamentazione in Europa, sono attualmente in corso delle discussioni da parte della European Chemicals Agency (ECHA).  

“Il mio consiglio per le persone è sempre quello di essere consumatori consapevoli e, se c'è qualcosa che vi preoccupa, di indagare e tenerlo in considerazione, per esempio acquistando prodotti PFAS-free”, aggiunge Harrad. “Penso che sia necessario rivalutare il modo in cui i prodotti sono etichettati, per rendere più facile la comprensione da parte delle persone. E credo che questo non possa essere fatto direttamente da un consumatore. Ci sono le autorità di regolamentazione a farlo. I consumatori, al massimo, possono protestare e cercare di convincere i propri governi a intervenire.”

 

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Immagine di copertina: Nataliya Melnychuk, Unsplash