Il 2021 si annuncia come l’anno di sblocco per la storia ultra-trentennale del decommissioning nucleare italiano. Nella notte fra il 4 e il 5 gennaio infatti, con il nulla osta del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Sogin ha pubblicato la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee. La Cnapi – consultabile sul sito www.depositonazionale.it - è il documento che contiene il progetto preliminare del Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi e del Parco Tecnologico e l’elenco dei luoghi individuati come possibili siti per la sua costruzione. Atteso da anni, il Deposito Nazionale servirà a sistemare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività: non solo quelli provenienti dallo smantellamento degli impianti nucleari chiusi a seguito del referendum del 1987, ma anche – anzi, per la maggior parte - quelli prodotti dall’industria, dalla ricerca e dalla medicina nucleare.
Dove
I rifiuti radioattivi italiani sono attualmente stoccati in una ventina di siti provvisori, non idonei per lo smaltimento definitivo e in alcuni casi anche particolarmente critici (si pensi ad esempio ai rifiuti liquidi radioattivi non trasportabili fermi nel deposito di Saluggia, a poca distanza dal letto del fiume Dora). Una gestione non conforme, insomma, che comporta anche per il Paese una procedura di infrazione europea.
Dopo anni di rinvii, ora però il tanto atteso e discusso elenco dei siti per la costruzione di un Deposito Nazionale unico è pubblico e consultabile. La Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee è stata redatta da Sogin, la società pubblica incaricata dello smantellamento dei siti nucleari italiani, sulla base di criteri stabiliti dall’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare. Le 67 aree potenzialmente idonee sono state individuate attraverso un lungo e complesso processo di selezione, scartando quelle che non soddisfacevano determinati principi di sicurezza. Sono stati dunque analizzati parametri come la densità di popolazione, la distanza dalle città, il rischio sismico e la stabilità idrogeologica.
Le zone scelte sono distribuite su tutta la penisola e isole e si concentrano in Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
Le aree con il più alto punteggio di idoneità sono 12 e si trovano in provincia di Torino (Rondissone-Mazze-Caluso, Carmagnola), Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure) e Viterbo (due aree a Montalto di Castro, Canino-Montalto di Castro, Corchiano-Vignanello, Corchiano). Tutte le altre aree sono ritenute idonee, ma con una valutazione inferiore.
Cosa succede ora
La pubblicazione della Cnapi non è il punto di arrivo, ma l’inizio di una fase ancora lunga di consultazione pubblica per scegliere alla fine una sola delle aree indicate come sito di realizzazione del Deposito Nazionale.
Dal 5 gennaio prende dunque il via la consultazione dei documenti per la durata di due mesi, alla fine della quale si terrà, nell’arco dei 4 mesi successivi, il Seminario Nazionale, che costituirà la fase di dibattito pubblico vero e proprio. Aperto alla partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, il dibattito servirà ad approfondire tutti gli aspetti dell’operazione, dagli eventuali rischi ai possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere.
In base alle osservazioni che emergeranno dal Seminario Nazionale, Sogin aggiornerà la Cnapi, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo Isi, del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Raccolti tutti i pareri, toccherà infine al MISE convalidare la versione definitiva della Carta, che si trasformerà da Cnapi in Cnai, ovvero la Carta Nazionale delle Aree Idonee. A questo punto i comuni rimasti in gioco potranno far pervenire le proprie candidature.
Il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi
Per la costruzione del Deposito Nazionale e del parco tecnologico servirà un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. “Il deposito – si legge nel comunicato del Ministero dell’Ambiente - avrà una struttura a matrioska. All’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati”. In totale potrà contenere circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa radioattività, per la maggior parte provenienti da usi civili e sanitari (come diagnosi clinica o terapie anti tumorali), già prodotti (circa 33 mila metri cubi) e che verranno prodotti nei prossimi anni. Le caratteristiche del deposito e del sito dovranno garantire – come spiegato da Sogin sul sito web - “l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre 300 anni, fino al loro decadimento a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente”.
Oltre ai rifiuti di medio-bassa attività, il sito ospiterà anche in via temporanea i circa 17 mila metri cubi di rifiuti a media e alta attività derivanti dal decommissioning delle centrali. Per queste scorie è previsto lo stoccaggio in un apposito e separato complesso di edifici, in attesa di essere sistemati definitivamente in un deposito geologico che potrà custodirli per migliaia di anni. Si tratterà dunque di individuare il luogo adatto e non sarà facile. Del resto, per ora, solo due paesi in Europa hanno trovato una sistemazione definitiva alle loro scorie nucleari: la Finlandia, dove nel 2023 entrerà in esercizio il deposito scavato a 400 metri di profondità sull’isola di Olkiluoto, e la Svezia, che ha da poco approvato un progetto da realizzare a Östhammar.
Rimettersi al passo con l’Europa
“La realizzazione del Deposito Nazionale – dichiara il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut, d'intesa col Ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli e su delega del Ministro dell'Ambiente Costa - permetterà al nostro Paese di tenere il passo con gli altri partner europei, che già da tempo hanno realizzato sul proprio territorio strutture analoghe, o che le stanno già progettando e realizzando”.
“Si tratta di una forte assunzione di responsabilità da parte del Governo – continua Morassut - che non si sottrae dal risolvere una questione da anni al centro di dibattito e non più rimandabile. È un provvedimento da tempo atteso e sollecitato anche dalle associazioni ambientaliste, che consentirà di dare avvio ad un processo partecipativo pubblico e trasparente al termine del quale sarà definita la localizzazione dell’opera. Un impegno che questo Governo assume anche in ottemperanza agli indirizzi comunitari e nel rispetto della piena partecipazione delle comunità alle decisioni”.
Nell'immagine in apertura: lavori di bonifica presso l'ex impianto di Casaccia.