Dall’iperinflazione alimentare che innescò la miccia delle primavere arabe fino alla lunga siccità che fu concausa della rivoluzione siriana, buona parte dei conflitti nell’area mediterranea deriva dagli effetti della crisi climatica. Il mare bollente, le ondate di calore, la siccità e il degrado della natura sono tutti fattori destabilizzanti per una regione profondamente vulnerabile al cambiamento climatico.

Secondo un report presentato alla CO29 lunedì 19 novembre dalla rete di esperti sui cambiamenti climatici e l’ambiente MedECC assieme all’Unione per il Mediterraneo (UpM), l’attuale tasso di innalzamento annuale del livello del mare nel Mediterraneo è di circa 2,8 millimetri l’anno, il doppio rispetto alla media del Ventesimo secolo, mentre entro la fine del Ventunesimo il livello medio potrebbe salire di un metro. Se i trend attuali non verranno modificati, da qui alla fine del secolo fino a 20 milioni di persone potrebbero essere costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre in modo permanente.

La cooperazione climatica vincente

Nata per rimuovere le cause profonde dei conflitti, l’Unione per il Mediterraneo è un’organizzazione intergovernativa che da anni promuove la cooperazione climatica come antidoto alla policrisi. “Da un lato le nostre piane costiere sono assediate perché vediamo un rapidissimo fenomeno di salinizzazione”, spiega a Materia Rinnovabile Grammenos Mastrojeni, vicesegretario generale di UpM. “Dall'altro lato le Water Towers, ovvero il deflusso ordinato di acqua dai pendii, sta andando in tilt perché non c'è più innevamento e i ghiacciai si stanno fondendo. Il problema è che nelle piane costiere si concentra una porzione gigantesca della nostra sicurezza alimentare.”

Secondo Mastrojeni, nessuno dei paesi del Mediterraneo è sufficientemente ricco o ha abbastanza mezzi per far fronte da solo a una crisi del genere. La cooperazione è l’unica via e il paniere di soluzioni è ricco. "Sarà impossibile per l’Unione Europea raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050 senza puntare sul potenziale solare della sponda sud e su quello eolico dei balcani”, dice Mastrojeni. “Ma ci sono anche i settori agroalimentare e forestale che promettono bene.”

L’iniziativa energetica di TeraMed

La cooperazione energetica è quella più concreta a oggi. Martedì 12 novembre, sempre a Baku, è stata presentata l’iniziativa TeraMed che fissa un obiettivo comune di produzione di 1 terawatt da energia rinnovabile entro il 2030. Un target supportato dagli alti rappresentanti governativi di Azerbaigian, Egitto, Italia e Spagna.

Victor Marcos Morell, direttore generale per la pianificazione e il coordinamento energetico del ministero spagnolo dell'energia, ha sottolineato l’importanza della cooperazione in campo energetico. “Tutti hanno bisogno dei propri vicini per progredire, ecco perché le connessioni, le reti e lo stoccaggio sono cruciali”, ha detto Morell. Anche Alessandro Guerri, capo della delegazione italiana a COP29 del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, ha elogiato l'iniziativa sottolineando l'importanza di un'azione di politica estera basata su una forte cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo.

TeraMed è un’iniziativa bottom-up lanciata dall’Unione per il Mediterraneo e diversi think tank della regione. "1 terawatt di energie rinnovabili entro il 2030 è un obiettivo ambizioso ma possibile. La nostra regione è benedetta dal sole e dal vento, che possono alimentare non solo la nostra elettricità, ma anche la nostra economia e la nostra società”, ha detto Giulia Giordano, Director of Global Strategy and Mediterranean di Ecco.

Cooperare per raggiungere la pace

Cooperare nella sfida globale del cambiamento climatico aiuta a stabilizzare scenari geopolitici anche in regioni attualmente dilaniate dalle guerre. Secondo il direttore della NATO Defense College Foundation, Alessandro Politi, la NATO ha tra i suoi compiti fondamentali la sicurezza cooperativa e ha partner in tutto l'arco mediterraneo e in parti rilevanti della penisola arabica. Nonostante le guerre in corso, vi sono possibilità di progredire verso scenari più stabili.

Dalla COP, un messaggio di pace arriva anche da Dunia Baroud El-Khoury, presidente della Women's Association of Deir El Ahmar, un’associazione libanese che lotta per i diritti delle donne e promuove la cooperazione culturale nel mediterraneo. “Dobbiamo ricostruire il nostro paese e abbiamo bisogno anche del supporto europeo e dell’area mediterranea”, spiega a Materia Rinnovabile.Per salvare il pianeta è necessaria la pace, sono 50 anni che la popolazione libanese soffre a causa delle guerre.”

 

In copertina: Lampedusa, la Porta d’Europa. Enrica Tancioni via Unsplash