Smartphone, elettrodomestici, pannelli solari. Ma anche droni, magneti che fanno funzionare gli impianti eolici, batterie e accumulatori per le auto e gli apparecchi elettrici ed elettronici. Sono tutti oggetti che – in modo diretto o indiretto – fanno parte della nostra vita quotidiana, e che hanno una cosa in comune: per funzionare hanno bisogno di componenti che contengono metalli e minerali come il tungsteno, che consente ai cellulari di vibrare, il gallio e l’indio indispensabili per le lampade a Led, o il più famoso di tutti, il silicio dei processori dei computer.
Molti di essi vengono definiti “materie prime critiche” perché, oltre ad avere un ruolo centrale per l’economia e la produzione industriale – un’importanza destinata a crescere sempre di più sulla scia della transizione ecologica e dell’abbandono dei combustibili fossili – la loro catena di approvvigionamento è soggetta a rischi strategici, legati principalmente al fatto che la maggior parte viene estratta in paesi extra-europei, spesso in condizioni sociali problematiche (a partire dallo sfruttamento della manodopera, anche minorenne) e con metodi molto impattanti dal punto di vista ambientale.
La lista europea delle materie prime critiche
È a questi problemi che guarda il Piano d’azione sulle materie prime critiche elaborato dalla Commissione Europea e reso noto giovedì 3 settembre, assieme all’aggiornamento della lista comunitaria di questi materiali e a uno studio più approfondito che traccia le prospettive sul ruolo delle materie prime critiche per le nuove tecnologie e i settori industriali strategici nel periodo 2030-2050.
La nuova lista – aggiornata sulla base dei dati degli ultimi cinque anni riguardo all’importanza economica/industriale dei materiali e alle criticità relative al loro approvvigionamento – elenca trenta materie prime (erano 14 nella prima versione di nove anni fa). Oltre a metalli come Cobalto e Tungsteno e alle cosiddette “terre rare”, per la prima volta compaiono la Bauxite e il Litio, componente indispensabile delle batterie degli apparecchi elettronici e dei mezzi a propulsione elettrica.
Il Piano, invece, partendo dalla constatazione che “l’accesso alle risorse è una questione di sicurezza strategica” per le ambizioni europee di realizzare il Green New Deal, fin dall’introduzione avverte del rischio che “la transizione verso la neutralità climatica” sostituisca l’attuale dipendenza dell’economia europea dai combustibili fossili con quella “dalle materie prime, molte delle quali provenienti dall’estero e per le quali la competizione globale sta diventando più agguerrita”.
“Se nel lungo periodo vogliamo continuare a godere i benefici dei prodotti moderni”, ha detto presentando il documento il vicepresidente della Commissione con delega alle relazioni interistituzionali e alle prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, “dobbiamo cambiare radicalmente il nostro approccio nei confronti delle materie prime critiche, assicurando un approvvigionamento sicuro e sostenibile in grado di rispondere alle necessità delle nuove tecnologie pulite e digitali”, che nei prossimi anni continueranno a crescere: entro il 2050, ha spiegato infatti il commissario slovacco, il fabbisogno europeo di Cobalto e Litio aumenterà rispettivamente di 15 e 60 volte “solo per le vetture elettriche e lo stoccaggio di energia. E nello stesso periodo la domanda di terre rare usate nei magneti che sono cruciali per i generatori eolici potrebbe crescere fino a dieci volte”. A ciò si aggiunge il fatto che l’Unione “dipende fortemente da un numero limitato di paesi extra UE per le sue materie prime: ad esempio, otteniamo tra il 75 e il 100% della maggior parte dei metalli dall'esterno dell'UE, mentre la Cina ci fornisce il 98% delle terre rare”.
Fonte: European Commission report on the 2020 criticality assessment
Il piano della Commissione UE
Da qui i quattro obiettivi che si pone il Piano d’azione: “sviluppare catene di valore resilienti per gli ecosistemi industriali dell'UE; ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche primarie attraverso l'uso circolare di risorse, prodotti sostenibili e innovazione; rafforzare l'approvvigionamento interno di materie prime nell'UE; diversificare l'approvvigionamento da paesi terzi ed eliminare le distorsioni al commercio internazionale, nel pieno rispetto degli obblighi internazionali dell'UE”.
Risultati da raggiungere – si legge sempre nel documento – attraverso la costituzione di un’Alleanza europea per le materie prime che coinvolgerà “tutti i soggetti interessati” e si occuperà in particolare di “aumentare la resilienza dell’UE nelle catene del valore delle terre rare e dei magneti, vitali per la maggior parte degli ecosistemi industriali dell'UE, come l'energia rinnovabile, la difesa e spazio”. Ma anche sviluppando “partenariati internazionali strategici per garantire l'approvvigionamento di materie prime essenziali non presenti in Europa” e mappando “il potenziale delle materie prime critiche secondarie provenienti dalle scorte e dai rifiuti dell'UE per identificare progetti di recupero fattibili entro il 2022”. Come ha spiegato Šefčovič, infatti, “ogni anno nell'UE vengono prodotti 9 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche”. Circa il 30% viene raccolto e riciclato, ma il recupero delle materie prime critiche da questi rifiuti elettronici è inferiore all'1%. Lo sfruttamento di queste miniere urbane, ovvero il recupero di materie prime dai rifiuti urbani attraverso il riciclaggio, potrebbe alla fine soddisfare gran parte della domanda dell'UE di materie prime essenziali”.
Fonte: European Commission
Una spada a doppio taglio
Un ultimo punto illustrato nel Piano – forse quello più critico – prevede l’identificazione all’interno dei paesi dell’Unione di “progetti di estrazione e trasformazione che possono essere operativi entro il 2025”, con un focus particolare “riservato alle regioni carbonifere e ad altre regioni in transizione, con speciale attenzione alle competenze e abilità rilevanti per l'estrazione, l'estrazione e la lavorazione delle materie prime”. Già ora sono attivi quattro iniziative industriali per la loro estrazione e lavorazione sostenibile, che valgono quasi 2 miliardi di euro. La Commissione stima che entro il 2025 soddisferanno l’80% del fabbisogno comunitario di litio nel settore delle batterie (oggi coperto per il 78% dal Cile).
“Un certo numero di materie prime sono essenziali affinché l'Europa possa guidare la transizione verde e digitale e rimanere il primo continente industriale del mondo”, ha detto il Commissario al Mercato interno, Thierry Breton: “Diversificando l'approvvigionamento da paesi terzi e sviluppando la capacità dell'UE di estrazione, lavorazione, riciclaggio, raffinazione e separazione delle terre rare, possiamo diventare più resilienti e sostenibili. L'attuazione delle azioni che proponiamo oggi richiederà uno sforzo concertato da parte dell'industria, della società civile, delle regioni e degli Stati membri".
Il rischio, avverte però il network di cittadini e organizzazioni non governative European Environmental Bureau (EEB), è che la strategia europea sulle materie prime critiche si riveli “una spada a doppio taglio”, soprattutto per quanto riguarda i costi ambientali e sociali dell’estrazione mineraria: primo tra tutti, l’inquinamento delle falde o la riduzione della portata dei bacini idrici. “Trasferendo l'attività mineraria in Europa, è probabile che importiamo anche il danno ambientale che è stato inflitto alle comunità in Sud America, Asia e Africa per decenni”, ha spiegato Diego Francesco Marin, che per l’EEB si occupa dei progetti di giustizia ambientale: “La Commissione europea deve garantire che le comunità locali e i gruppi della società civile entrino a far parte di un processo di consultazione globale in modo che possano sollevare preoccupazioni sui nuovi progetti minerari vicino alle loro case prima che sia troppo tardi”.
Preoccupazioni rincarate da un altro esponente del network, il responsabile delle politiche sull'efficienza delle risorse Jean-Pierre Schweitzer, secondo cui “aprire semplicemente le porte a nuovi progetti minerari in Europa sarebbe in contraddizione con l'ambizione della Commissione di mantenere il consumo di risorse entro i confini planetari, come stabilito nel piano d'azione per l'economia circolare dello scorso marzo. Ciò di cui abbiamo bisogno sono batterie più efficienti, riciclabili e durevoli prodotte con materiali di provenienza responsabile per alleviare il carico sul pianeta”.
Foto in apertura: The Chemetall Foote Lithium Operation, Clayton Valley, Nevada.