Domanda crescente. Una produzione quasi del tutto nelle mani della Cina. Margini di riciclo molto limitati. Questa la fotografia attuale del mercato delle terre rare, i “metalli tecnologici”, essenziali per un’ampia gamma di applicazioni: smartphone, microfoni, veicoli elettrici e ibridi, cuffie, auricolari, macchine a raggi X, solo per dirne alcune.
Tuttavia se la domanda di terre rare, così come il loro prezzo, è soggetta a forti oscillazioni, le loro possibilità di riutilizzo sono ancora quasi nulle a causa della bassa resa e degli alti costi del processo di recupero.
Le terre rare sono considerate proprio per la loro funzione essenziale le vitamine dell’industria moderna e negli ultimi dieci anni la loro richiesta è triplicata, arrivando nel 2015 a quasi 125.000 tonnellate. A importarle sono soprattutto Stati Uniti, Giappone, Corea, Russia e alcuni paesi dell’Unione europea, mentre l’offerta di terre rare è quasi completamente in mano alla Cina, che sfiora il 95% della produzione mondiale, oltre a esserne anche il maggior consumatore.
Ci sono solo due strade per ottenerle: l’estrazione o il riciclo. In teoria recuperando le terre rare contenute nei vari apparecchi dismessi si potrebbe soddisfare l’intera domanda del Vecchio continente. Per questo motivo si parla di miniera urbana intendendo l’iter di recupero dei metalli delle terre rare, realizzato grazie al riciclo dei rifiuti delle attrezzature elettriche ed elettroniche (Raee). Tuttavia questo processo ha un grande limite: l’alto costo.
Riciclo: i vantaggi
Partiamo però dai numerosi vantaggi economici legati al riciclo dei Raee: recupero del valore dei metalli, contenimento dei costi di estrazione, di trasporto e produzione di terre rare, aumento della loro presenza sul mercato e miglioramento delle capacità competitive delle imprese. Ci sono poi altri benefici connessi alla riduzione delle attività di sfruttamento minerario, di trasformazione industriale e di controllo dello smaltimento dei Raee, il miglioramento delle condizioni per l’ambiente e per le persone che abitano vicino ai luoghi di estrazione. E, infine, la riduzione dell’inquinamento del suolo e dell’aria.
Riciclare terre rare da rifiuti elettronici è complesso perché quando sono presenti contemporaneamente più terre rare, a causa delle loro proprietà chimiche, è molto difficile separarle una dall’altra. Inoltre la riduzione degli ossidi in singoli elementi è molto costosa. Oggi le tecniche di riciclo di terre rare sono ai primi passi e, a causa della natura del prodotto e della dispersione del materiale, presentano ostacoli nell’intera filiera.
A incidere sul costo del riciclo è – soprattutto – la mancanza di un metodo standard. Questo significa che estrarre metalli di terre rare da Raee è difficoltoso e richiede lunghi tempi di lavoro. Servono inoltre complessi impianti di trasformazione e un’elevata professionalità.
Per tutte queste ragioni nel 2011 meno dell’1% di elementi delle terre rare è stato riciclato da rifiuti elettronici (EPOW, 2011).
Ancora più complesso il loro recupero dalla polvere dei magneti. Secondo uno studio della Norwegian University of Science and Technology (Bristøl, 2012) la quantità di terre rare contenuta in questo materiale è molto scarsa. Complessivamente i quattro ossidi di terre rare (ossido di neodimio, di ittrio, di lantanio e di olmio) raggiungono in media lo 0,311% della quantità dei magneti del campione esaminato. Un dato che indica con chiarezza che il loro recupero non è oggi economicamente conveniente. Se in futuro, magari grazie a maggiore disponibilità di Raee e a un miglioramento della tecnica di riciclo e separazione dei magneti, la convenienza a recuperare terre rare potrebbe diventare più elevata, oggi la situazione è opposta.
Lo scarso sviluppo delle tecniche di riciclo dipende dalle basse rese, dagli elevati costi e dalle scarse quantità disponibili di Raee. Fino a quando non si individueranno strade alternative, questi fattori costituiranno il maggior ostacolo a un riciclo economicamente conveniente.
Chi sta lavorando sulle terre rare
Nonostante da anni siano attivi molti progetti di ricerca per l’estrazione delle terre rare da rifiuti elettronici ancora non è stato ancora identificato un protocollo economicamente conveniente. A questo obiettivo stanno lavorando ricercatori italiani ed europei il cui obiettivo è identificare processi efficienti di separazione delle terre rare dai rifiuti.
Per esempio grandi aziende come Osramag (Germania), Solvay Group (Francia), e la partnership fra Aerc Recycling Solutions e Global Tungsten & Powders (Usa) stanno portando avanti progetti per il recupero da lampade fluorescenti.
Molti sforzi sono anche dedicati alla ricerca di processi per il recupero di neodimio e disprosio dai magneti permanenti. Il largo uso di magneti in applicazioni come memorie per computer, compressori, altoparlanti, motori ibridi ed elettrici, e pale eoliche rende, infatti, strategico questo settore di ricerca. Allo stato attuale, progetti di questo tipo sono in corso presso Ames Laboratory (Usa), Dowa Metals & Mining (Usa), Mitsubishi (Giappone) e Hitachi (Giappone).
I progetti di ricerca sperimentali in corso in Europa sono descritti nel documento “Recovery of Rare Earths from Electronic Wastes: An Opportunity for High-Tech SMEs”.
“Recovery of Rare Earths from Electronic Wastes: An Opportunity for High-Tech SMEs”, tinyurl.com/oqc7qad
I giacimenti di terre rare
Uno studio condotto nel 2015 per valutare la distribuzione di terre rare per tipologia di impiego, ha evidenziato la loro presenza principalmente nel settore specializzato dei catalizzatori (60%). A seguire (10%) i settori connessi ad applicazioni metallurgiche e leghe; quindi ai magneti permanenti e alla lucidatura del vetro (10%). Tutti gli altri ambiti si spartiscono il residuo 10%.
I magneti con terre rare (neodimio-ferro-boro e samario-cobalto) sono i più forti e i più diffusi: sono impiegati nei dischi fissi dei personal computer, per altoparlanti, fari, turbine eoliche e motori elettrici ibridi. Nei generatori associati alle pale eoliche, i magneti contengono elevate quantità di terre rare, mentre negli hard-disk di personal computer e tablet è presente neodimio.
I Raee contengono rame, ferro, acciaio, alluminio, vetro, piombo, mercurio e metalli speciali e preziosi, inclusi oro, argento, platino, palladio, rodio, rutenio, rame e cobalto.
Secondo U.S. Epa, riciclando un milione di telefoni cellulari si potrebbero recuperare 22,65 chili di oro, 249,15 chili di argento, 9,06 chili di palladio e 9.060 chili di rame.
I rifiuti tecnologici con il contenuto più interessante di terre rare sono batterie e schede elettroniche. Da queste ultime, per esempio, si può ricavare oro, argento, rame, platino e tantalio. Nei display a cristalli liquidi dei computer, smartphone e televisioni si trovano cerio ed europio. Nei magneti ad alta permanenza in lega con neodimio-ferro e boro installati nei computer e altoparlanti sono presenti il praseodimio, neodimio, samario con ferro, terbio e disprosio con ferro. Inoltre, nella polvere di magneti ci sono anche ittrio, lantanio e olmio.
L’andamento del mercato negli ultimi 15 anni
Per assicurarsi le forniture di terre rare le imprese dei settori tecnologici sono disponibili ad acquistare a un maggior prezzo, rispetto a quelli correnti: perciò il mercato è estremamente dinamico. E, a causa della scarsità globale e dell’offerta largamente controllata dalla Cina, i prezzi delle terre rare sono soggetti a una continua evoluzione.
La posizione privilegiata della Cina nel mercato delle terre rare è frutto di una politica precisa. Non a caso nel 1992, il leader cinese Deng Xiaoping, già membro di rilievo nell’apparato politico della Repubblica Popolare Cinese e pioniere della riforma economica, dichiarò: “Il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare”. Sin da allora la politica cinese ha mirato a stabilizzare i prezzi, fissando un tetto alla produzione; a sostenere il settore nazionale riducendo le esportazioni e ostacolando l’ingresso di imprese straniere; a conservare le risorse naturali imponendo regole di produzione sostenibili; a sviluppare il settore anche grazie a joint-venture con imprese straniere.
Tra il 2001 e il 2009, a causa della crescente domanda da parte delle imprese, i prezzi – secondo le fonti di informazione Argus Rare Earths, London Metal Exchange e InvestmentMine, riorganizzate da Mineral Prices (mineralprices.com/default.aspx#rar accesso del 25 gennaio 2016) – restano sostanzialmente stabili. Nel triennio successivo le condizioni monopolistiche del mercato causano, invece, un aumento più significativo dei prezzi mondiali e una parallela diminuzione dei prezzi in Cina. L’incremento dei prezzi al di fuori della Cina stimola la nascita di nuovi progetti di sfruttamento di risorse alternative alle terre rare da parte di aziende straniere determinando così un aumento dell’offerta e un nuovo crollo dei prezzi.
Tra il 2005 e il 2012 la quantità media di ossidi di terre rare offerta ogni anno ammonta a circa 120.000 tonnellate. Nel 2012 si registra l’aumento dell’offerta da parte del Resto-del-Mondo (Row), che contribuisce all’aumento della quantità totale di terre rare. In questo periodo, la domanda, largamente manifestata dalla Cina, mostra una costante tendenza all’aumento (figura 1).
Per consolidare il settore nazionale e applicare le norme di tutela ambientale, la Cina fissa le quote di esportazione.
Questa decisione crea due mercati di terre rare: il primo interno alla Cina e il secondo per il Row. L’esportazione cinese definisce la maggioranza dell’offerta Row. Lo dimostra il picco di prezzi che si verifica nel 2011 ed è speculare alla diminuzione delle esportazioni (figura 2). Questo fenomeno è stato accentuato anche da eventi contingenti. Per esempio secondo alcuni esperti, nel 2010 la riduzione delle esportazioni fu condizionata anche dalla collisione tra un peschereccio cinese e due motovedette della guardia costiera giapponese avvenuta in prossimità delle isole Senkaku, in uno specchio d’acqua conteso dai due paesi. Il capitano dell’imbarcazione cinese fu arrestato dalle autorità giapponesi perché avrebbe “invaso” le loro acque territoriali. Questo fatto scatenò in Cina un’ondata di nazionalismo e il conseguente blocco dell’esportazione di terre rare verso il Giappone.
A partire dalla prima metà del 2011 si è osservata una tendenza al ribasso del 50-70%, fino ad arrivare al 90%. Lo shock sul mercato è stato tale da innescare una ristrutturazione dell’industria globale delle terre rare. Nel 2012 la Molycorp (Colorado) vende concentrati di terre rare a un prezzo medio di 36 dollari per chilo, rispetto agli 82 dollari del 2011.
Nel 2014, i prezzi della maggior parte dei composti delle terre rare diminuiscono per un eccesso di offerta. Il consumo di terre rare nell’industria di materiale fluorescente cala a causa dell’incremento di uso dell’illuminazione Led.La quantità di metalli presente nei Raee dipende dal tipo e dal periodo di costruzione e il valore monetario è legato all’andamento dei prezzi dei singoli metalli (tabella 1 e 2). Tra maggio a dicembre 2015, a causa della riduzione dei prezzi degli ossidi delle terre rare, l’importo totale del valore stimato degli elementi delle terre rare ricavabili da un notebook rifiuto Raee del peso stimato di 3 kg è diminuito del 52,9% passando da 1,02 a 0,48 euro (tabella 3).
Fonte: AA. VV. Remedia 2012 E-waste Lab, Report finale, Politecnico di Milano.
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Fonti dei prezzi:
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Fonti dei prezzi:
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European Pathway to Zero Waste – EPOW Report marzo 2011, tinyurl.com/hz4hyoa
Bibliografia
- Bristøl L. M. L. 2012, Characterization and recovery of rare earth elements from electronic scrap, Norwegian University of Science and Technology, Department of Materials Science and Engineering
- Panneflek E. 2013, Why Investing In Rare Earth Elements?, www.pgm-blog.com/why-investing-in-rare-earth-elements/
- Ungaro A. R. 2013 “Il mercato delle terre rare: aspetti politici e finanziari”, Documenti IAI Istituto Affari Internazionali, 13/4 luglio 2013; www.files.ethz.ch/isn/178533/iai1304.pdf
Vettoriale gemme: Stephanie Wauters - the Noun Project