Italiani buongustai (e questo si sapeva), ma anche attenti alla sostenibilità del cibo e in particolare agli sprechi. È ciò che emerge dal Food Sustainability Index 2021, che mette l’Italia sul podio mondiale nella lotta allo spreco alimentare.
Il report, presentato lo scorso 25 gennaio, è frutto della collaborazione nata nel 2016 tra la Fondazione Barilla e l’Economist Impact. Giunto alla sua quarta edizione, l’indice è arrivato ad analizzare il nesso cibo-salute-ambiente in ben 78 Paesi, che corrispondono a oltre il 92% della popolazione mondiale e del Pil globale.
Un indice sempre più globale
La sostenibilità delle filiere alimentari (di cui parliamo nel numero 37 di Materia Rinnovabile) è al centro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, così come degli impegni per l’azione climatica, la mitigazione e l’adattamento. “Il Covid-19 – si legge nell’introduzione del report – ha inoltre portato alla luce l’importanza di prevenire le epidemie zoonotiche abbracciando il cosiddetto approccio One Health e rafforzando la resilienza dei sistemi di approvvigionamento alimentare”.
Insomma, avere dei dati e delle indicazioni su come si sta muovendo il mondo per rendere più sostenibili e più resilienti i suoi sistemi alimentari è fondamentale. Perciò questa quarta edizione del Food Sustainability Index allarga la sua analisi a 78 Paesi (era partito da 25 nel 2016) che ospitano più del 92% della popolazione del pianeta, contribuendo per la stessa percentuale al Pil globale.
Italia: prima nella lotta allo spreco alimentare, ma ancora indietro sull’agricoltura sostenibile
Il sistema cibo è analizzato, secondo 38 indicatori, in tre aree principali: le sfide nutrizionali, l’agricoltura sostenibile e la lotta allo spreco alimentare. È su quest’ultima che l’Italia si è particolarmente distinta nel 2021, ottenendo performance seconde solo al Canada e guadagnandosi il podio per quanto riguarda le azioni intraprese nella lotta allo spreco alimentare.
Nel complesso, la filiera produttiva italiana perde “solo” il 2% del cibo (anche grazie a una maggiore attenzione verso l'economia circolare del comparto agrifood). Mentre si stima che lo spreco alimentare pro capite annuo, a livello domestico, sia di circa 67 Kg, che lnella ristorazione ammonti a circa 26 Kg e che nella distribuzione sia di circa 4 Kg pro capite l’anno: il dato più basso registrato tra i 78 Paesi analizzati dall’indice.
“Nella lotta allo spreco alimentare, che a livello globale riguarda un terzo del cibo prodotto, possiamo essere presi come riferimento dal resto del mondo”, ha dichiarato Marta Antonelli, Direttrice della Ricerca della Fondazione Barilla.
Quanto alle altre due aree analizzate, se sui temi nutrizionali l’Italia dà punti a molti nel promuovere una dieta sana e sostenibile, non si può dire lo stesso in ambito di sistemi agricoli, in particolare per quanto riguarda il consumo idrico. Come molti paesi del Mediterraneo, infatti, in Italia la “pressione sulle risorse di acqua di superficie e di falda per la produzione alimentare” è piuttosto alta. Servono politiche per promuovere un’irrigazione sostenibile e in questo settore i margini di miglioramento sono piuttosto ampi.
La sostenibilità alimentare nel resto del mondo
Secondo il più recente report dell’Unep, oggi nel mondo si spreca quasi un miliardo di tonnellate di cibo all’anno. Nonostante la gravità del problema, solo il 28% dei Paesi analizzati dal Food Sustainability Index dimostra di avere una strategia dedicata al tema. Le migliori politiche in atto sono quelle di Francia, Italia, Stati Uniti, Germania e Argentina.
Anche per quanto riguarda la sostenibilità dei sistemi agricoli c’è ancora molto da fare, soprattutto se si guarda al nesso, fin troppo sottovalutato, tra agricoltura e cambiamento climatico: meno del 50% di tutti i Paesi analizzati ha inserito il clima all’interno delle politiche agricole. In questo campo i Paesi migliori sono Finlandia, Estonia, Austria, Tanzania e Svezia.
Infine, quando si parla di nutrizione e attenzione alla dieta e ai suoi effetti sulla salute e la qualità della vita, i migliori sono Giappone, Svezia, Danimarca, Francia e Cina. “Questa – sottolinea il report - è probabilmente l’area che, più di altri, mette in luce le differenze che ancora caratterizzano i Paesi ad alto e basso reddito: infatti, 19 dei 20 Paesi con i migliori risultati sono Paesi ad alto reddito, in cui le diete sane e sostenibili sono economicamente accessibili alla popolazione. Tuttavia, solo 7 di questi 19 paesi includono l’aspetto della sostenibilità della dieta nelle linee guida alimentari nazionali”.
“I risultati dell'Indice di sostenibilità alimentare 2021 evidenziano che i Paesi di tutto il mondo hanno ancora molto da fare per affrontare le sfide chiave dei sistemi alimentari”, sottolinea Martin Koehring, Senior Manager dell’Economist Impact. “La nostra ricerca mostra che gli sforzi per affrontare la sostenibilità alimentare si affiancano agli sforzi per affrontare altri obiettivi chiave, sociali ed economici, come lo sviluppo umano, lo sviluppo sostenibile, l'uguaglianza di genere, la spesa sanitaria e il sostegno all'innovazione”.