CONOU, il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, rappresenta oggi un esempio di economia circolare “compiuta”. Il settore dell’olio usato, proveniente dal consumo delle autovetture e dal comparto industriale, è però in continua evoluzione e il Consorzio non si adagia sugli allori, impegnandosi in nuovi obiettivi di qualità, educazione e informazione. Materia Rinnovabile ne ha parlato con il Presidente Riccardo Piunti, in carica da maggio 2021, incontrato a Rimini in occasione di Ecomondo.
CONOU ha recentemente pubblicato il report di sostenibilità: quali sono i vostri obiettivi più importanti?
Nel nostro Rapporto di Sostenibilità c'è un'analisi LCA che verifica qual è l'inquinamento alternativo che si sarebbe avuto qualora il Consorzio non avesse recuperato dalla miniera del rifiuto l'olio minerale usato per trasformarlo in nuovi oli lubrificanti. Se non avessimo fatto questo, l'alternativa sarebbe stata ovviamente andare in Arabia Saudita a comprare il petrolio e portarlo in Italia a raffinare per poi produrre gli stessi lubrificanti.
La vostra attività consente dunque di raggiungere anche importanti risultati sulla decarbonizzazione.
Certo. Abbiamo ottenuto un risparmio di 80mila tonnellate di CO2, oltre alla riduzione di una serie di altri inquinanti che sarebbero stati prodotti dal processo industriale che invece abbiamo evitato. Avremmo consumato 35 milioni di metri cubi di acqua nelle varie fasi della lavorazione alternativa che non si è fatta, avremmo causato fenomeni di eutrofizzazione delle acque e depauperato il terreno di quantità importanti di carbonio. Quindi il recupero degli oli dalla miniera rifiuto ha un impatto su tante voci che poi finiscono tutte per concorrere al contenimento del cambiamento climatico.
CONOU ha raggiunto risultati sempre più importanti nella raccolta degli oli usati, siete prossimi a un recupero quasi totale. Qual è l'ultima goccia rimasta da raccogliere?
Proprio perché siamo arrivati alla fine di questo percorso, si potrebbe pensare che la strada sia finita a questo punto. E invece no. Il sistema continua a muoversi e ad evolversi e ci sono altri aspetti da considerare e gestire con attenzione, come il tema della qualità degli oli usati. Via via che si allarga il mercato, aumenta la quantità di oli di provenienza industriale e si riduce quella proveniente dall’autotrazione. Gli oli di qualità che provengono dalle industrie normalmente contengono degli inquinanti in più e quindi bisogna segregarli e gestirli in maniera attenta in modo da non doverli poi bruciare o sprecare.
Anche le tipologie di oli stanno cambiando, c’è un’evoluzione dei motori…
Sì, ci sono i bio-lubrificanti che sono un’ottima cosa, ma siamo ancora all'inizio. Sono molto promettenti perché ad esempio hanno un fattore di infiammabilità molto alto, cioè non prendono fuoco e quindi possono essere molto utili come oli da trasformatori nelle città, soprattutto ora che dovremmo fare le colonnine elettriche. Tuttavia sono chimicamente molto diversi e quindi non vanno mescolati con i nostri oli usati, ma vanno gestiti separatamente. Quindi ancora una volta torna il tema della separazione e della differenziazione: anche noi abbiamo l’esigenza di fare una raccolta differenziata all’interno del settore oli usati.
In Europa l'Italia è spesso vista come un modello di economia circolare. Per quanto concerne gli oli, qual è la situazione europea e come l'Europa guarda all'Italia?
Noi siamo i leader assoluti, perché abbiamo dei numeri non raggiunti finora da nessuno. Siamo in questo periodo contattati da agenzie di paesi europei che vogliono capire come abbiamo fatto. Il motivo per cui si sono attivati è che l'Europa entro il 2025 intende imporre un limite minimo alla rigenerazione degli oli dell'85%: cioè gli oli usati, che oggi in Europa sono rigenerati solo per il 60%, dovranno raggiungere l'85%. Per l’Europa il problema non è la tecnologia degli impianti: gli impianti ci sono. Il tema semmai è l'organizzazione: quello che ci chiedono è come abbiamo fatto a organizzare una filiera in cui abbiamo il controllo dei flussi. CONOU non fa nulla direttamente: la raccolta e la rigenerazione le fanno materialmente le nostre aziende affiliate. Noi fungiamo da equilibratori e controlliamo i flussi e in questo modo siamo certi che l'olio raccolto vada prioritariamente, come previsto dalle norme europee, indirizzato alla rigenerazione. È questo il meccanismo che gli altri paesi europei faticano a implementare. Non hanno un sistema altrettanto organizzato e quindi succede che, ad esempio, la fabbrica A cede il suo olio usato al Signor B che ha un forno dove lo brucia e così i flussi non vengono indirizzati verso la rigenerazione.
Al di là dell’Europa, che possibilità ci sono in questo settore per i Paesi che oggi stanno avviandosi verso l’industrializzazione?
Innanzitutto va detto che per il processo di rigenerazione degli oli occorrono impianti sofisticati e non è semplice costruirli. Tuttavia il primo elemento per cominciare è l’organizzare di una raccolta che indirizzi correttamente i flussi. Poi, un domani gli oli potrebbero anche essere esportati. Ad esempio in Italia le nostre raffinerie lavorano anche degli oli di provenienza francese. Insomma, l'olio usato può anche muoversi se serve. Ma prima deve esserci un sistema di raccolta ben organizzato e ben gestito.
CONOU è da sempre anche un grande sperimentatore di modelli comunicazione innovativa. Il cittadino ha bisogno di sapere come svolgere il suo ruolo all’interno dell'economia circolare e come gestire un prodotto, ad esempio l'olio. Quali sono dunque le vostre più recenti iniziative nel campo della comunicazione?
Il cittadino è convinto che qualunque forma di economia circolare termini nel momento in cui consegna il rifiuto. Ma non è colpa sua: è che l'informazione su tutto il mondo che c'è a valle della raccolta è sconosciuto, è come se ci fosse una grande nebbia che non consente di vedere oltre. In realtà è un mondo vasto di tecnologie, di imprese e di attività. La mamma fiera del figlio ingegnere che lavora in una fabbrica di automobili, sarebbe altrettanto fiera del figlio ingegnere che lavora nei rifiuti? Non c'è un corso universitario, per esempio di ingegneria, che sia indirizzato specificatamente al mondo della gestione dei rifiuti. Come CONOU stiamo conducendo dei master, partecipiamo a vari progetti universitari sia a Roma che a Bologna e anche in altre località italiane per contribuire con il nostro know how.
CONOU si è comunque da sempre rivolto ai cittadini e adesso stiamo cercando di farlo con mezzi più moderni. A Ecomondo ad esempio abbiamo portato una serie di filmati in realtà aumentata leggibili attraverso il proprio smartphone. Questo è un po’ il futuro della comunicazione. Abbiamo anche dei videogiochi sulla raccolta dell'olio e sul rispetto dell'ambiente che girano su smartphone e che stiamo promuovendo nelle scuole. Il Ministero dell'Istruzione sta sollecitando il mondo dei Consorzi proprio in questo senso: i cittadini di domani che sono i bambini di oggi devono essere informati. E spero ci sia qualche ragazzino che pensa: “Da grande voglio fare l'ingegnere per lavorare nel mondo dei rifiuti”.