Nessuno lo aveva mai fatto prima. Alla vigilia del G20 di Roma, la Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici ha voluto consegnare uno strumento scientificamente solido ai capi di stato e di governo che di lì a poco si sarebbero riuniti. Si tratta del G20 Climate Risk Atlas. Impacts, policy, economics, un’analisi che sintetizza le conoscenze scientifiche sugli impatti dei cambiamenti climatici attesi nei prossimi decenni nei paesi più industrializzati del mondo. Nato per sostenere il processo decisionale verso un’azione climatica efficace e informata, il rapporto riscontra che nei paesi del G20, se non si ridurranno le attuali emissioni climalteranti, le perdite di PIL causate dai cambiamenti climatici potrebbero raggiungere il 4% all’anno entro il 2050, valore che si prevede possa raddoppiare entro la fine del secolo. E sì, l’Italia non è esclusa.
Come James Bond
“Oggi noi leader mondiali siamo come James Bond che deve affrontare la fine del mondo”. Nel suo discorso di apertura dei lavori della COP26, Boris Johnson ha citato “il figlio più famoso di Glasgow”, città scozzese che ospita l’evento. Come in questo caso, a volte il fascino della retorica nasconde una traccia di verità. Per essere efficaci e “disinnescare la bomba”, le diplomazie dovranno infatti agire sulla base di informazioni verificate sul campo: i dati scientifici, come quelli contenuti nel rapporto della Fondazione CMMC. Attraverso un linguaggio accessibile, la ricerca valuta per ogni singolo Paese del G20 gli impatti, i rischi e le interazioni con i cambiamenti climatici previsti per la metà e la fine del secolo, considerando diversi scenari di riscaldamento e diversi modelli di sviluppo. “Con questo progetto abbiamo voluto creare un servizio di comunicazione della scienza perché pensiamo che tutte le decisioni debbano essere well informed. - racconta a Materia Rinnovabile Donatella Spano, membro del consiglio strategico del CMCC e coordinatrice del rapporto - Con l'occasione del G20 non potevamo mancare questo obiettivo”.
Il G20 Climate Risks Atlas, realizzato con il supporto di European Climate Foundation e con il contributo scientifico di Enel Foundation, contiene 20 Schede Paese con mappe e infografiche che restituiscono un’analisi approfondita di 11 settori chiave delle economie del Gruppo dei 20, forum che rappresenta oltre l’80% del PIL mondiale.
Dalla Russia (al Brasile) con amore: da Glasgow stop alla deforestazione
Dal Clima alla Salute, dagli Oceani alle Città, dall’Acqua agli Impatti economici: non è un caso che tra i vari settori analizzati ve ne sia uno denominato Foreste e Incendi. La Dichiarazione finale del G20 di Roma si è chiusa con un generico impegno a piantare un miliardo di alberi entro il 2030. Il 2 novembre a Glasgow, i leader mondiali hanno invece raggiunto l’intesa per fermare la deforestazione entro il 2030 con stanziamenti da oltre 19 miliardi di dollari. All’accordo hanno aderito Paesi come Russia, Congo, Brasile e Indonesia. Leggendo il report di CMCC se ne capiscono le ragioni: entro il 2050 le ondate di calore potrebbero durare almeno dieci volte più a lungo in tutti i paesi analizzati, e oltre 60 volte più a lungo proprio nel caso di Argentina, Brasile e Indonesia. “Siglare un patto sulla protezione, evitando quindi la deforestazione, è importante e naturalmente bisogna vigilare affinché queste misure vengano messe in atto” continua Spano. “Le foreste rappresentano ancora la tecnica più efficace per l'assorbimento della CO2 e quindi per la diminuzione della concentrazione dei gas serra. È chiaro che questo non basta. Ci vogliono anche altre misure, ma ciò che è successo a Glasgow è un primo passo. C’è stata unità”.
Cosa rischia l’Italia
La tutela della biodiversità e l’assorbimento di anidride carbonica sono aspetti che si legano anche all’ambiente marino, mare Nostrum incluso. “Il bacino del mar Mediterraneo può essere considerato un hot spot in tutti i settori che abbiamo analizzato” prosegue la coordinatrice del rapporto. “Ci sono dati molto chiari sugli indicatori di temperatura e di pH. Sono indicatori importantissimi non solo per i servizi ecosistemici del mare, ma anche per quanto riguarda la parte pesca”. Sebbene non ci siano ancora dati disponibili per quando riguarda le zone economiche esclusive (EEZ) italiane, il rapporto prevede nel 2050 una diminuzione tra lo 0 e il 5% di catture potenziali per il Mar Mediterraneo in uno scenario ad alte emissioni. I cambiamenti climatici impatteranno anche sulla nostra agricoltura, riducendo la produttività di svariate colture. Per alcune di queste, come grano e orzo, bisogna però ricordare che il dato sul potere fertilizzante causato dall’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera – che all’opposto suggerirebbe un aumento dei volumi prodotti – non tiene conto di malattie, fertilità del suolo, eventi meteorologici estremi e aumento della domanda di acqua, che si prevede in media tra il 17 e il 20%.
Le pratiche di adattamento non serviranno soltanto a garantire al nostro Paese sicurezza alimentare. I futuri scenari climatici suggeriscono temperature medie e massime estive in aumento su tutto il territorio italiano. La frequenza, l'intensità e la durata delle ondate di calore saranno significativamente maggiori con impatti sulle aree urbane e sull’aumento del rischio di incendi.
Non solo. In Europa, in uno scenario ad alte emissioni, i decessi legati a eventi di calore estremo potrebbero aumentare da 2.700 all’anno fino a 90.000 all’anno entro il 2100. Senza considerare gli impatti dell’inquinamento e della diffusione di malattie che oggi in Italia non sono considerate endemiche: entro il 2050 e considerando uno scenario ad emissioni medie, l'86,2% della popolazione sarà a rischio di trasmissione per la Dengue e il 79,3 % per il virus Zika.
Questi sono solo alcuni degli aspetti analizzati. Queste informazioni non vogliono spaventare, ma descrivere il futuro, mettendo in chiaro i risultati della ricerca scientifica. I dati raccolti nel G20 Global Risk Atlas servono a leader e istituzioni per acquisire consapevolezza e agire per “disinnescare la bomba”, proprio come farebbe James Bond. Abusando ulteriormente di riferimenti cinematografici, si potrebbe dire che l’ultimo report del CMCC è “tutto quello che avreste voluto sapere sul clima* (*ma che le nazioni non hanno mai osato chiedere)”.