*da Dubai
La frase “eliminazione delle fonti fossili” (phase out) è stata cancellata dal nuovo testo del Global Stocktake. Arriva con grande disappunto la seconda, nuova bozza di testo prodotta dalla Presidenza di COP28 all’interno del negoziato ONU sul clima, un testo che gli esperti definiscono pulito, cioè teoricamente pronto per essere adottato, ma terribilmente votato al ribasso, al compromesso con tutti, azzerando l’ambizione promessa dal Presidente di COP28 Ahmed al-Jaber.
Laddove si sperava di leggere “phase out delle fonti fossili”, trova spazio la seguente dicitura: “Ridurre sia il consumo che la produzione di combustibili fossili, in maniera equa e ordinata, in modo da raggiungere emissioni nette zero netto entro, prima o intorno al 2050, secondo quanto inteso dalla scienza”. Una frase lunga e circonvoluta. Come dire phase down – vergognosa e semplice riduzione – senza dirlo, insomma. E non c’è nemmeno alcuna menzione diretta di oil&gas, solo tre sulle “fonti fossili”. Meglio non dirlo troppo forte per non far arrabbiare l’Arabia Saudita.
Persino nel paragrafo sul carbone non si definisce la sua eliminazione ma, con grande felicità dell’India, solamente “riduzione”, limitatamente poi al carbone senza abbattimento delle emissioni a cui si aggiunge una “limitazione dei permessi per nuove centrali termoelettriche che non dispongono di tecnologie di abbattimento".
Nel paragrafo precedente (38) si definiscono le tecnologie con cui sostituire le fossili. Ci sono le rinnovabili, certo, (e poco sopra si conferma che dovranno triplicare entro il 2030), ma compare per la prima volta anche il nucleare, idrogeno verde e blu e si confermano le tecnologie di abbattimento e rimozione, come Carbon Capture Usage e Storage (per fossili e per idrogeno). Praticamente miglior risultato possibile – praticamente un’orgia – per chi produce tecnologie per la cattura e uso della CO₂ e per il settore petrolifero in generale, che spera in un risultato zoppo. Nei quartieri generali delle major e a Doha, in Qatar, dove si è data appuntamento l’OPEC, si respira e si spera.
Le reazioni a caldo
Appena pubblicato il nuovo testo i giornalisti sono piombati fuori dall’area media per intercettare John Silk, Ministro delle risorse naturali e del commercio della Repubblica delle Isole Marshall e membro del gruppo delle piccole isole (AOSIS). Caustico il suo commento: "Noi Isole Marshall non siamo venuti qui per firmare la nostra condanna a morte. Siamo venuti qui per lottare per l’1,5°C e per l’unico modo di realizzarlo: l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Ciò che abbiamo visto oggi è inaccettabile. Non torneremo in silenzio verso le nostre tombe sott'acqua. Non accetteremo un risultato che porterà alla devastazione per il nostro Paese e per milioni se non miliardi di persone e comunità più vulnerabili”. Le sue parole sono condivise da tantissimi: nessuno dei Paesi vulnerabili, dell’Europa e dei Paesi latino-americani accetterà questa bozza.
Francesco Corvaro, inviato speciale per il clima dell’Italia, raggiunto da Materia Rinnovabile, ha commentato così: "Questa bozza per come messa potrebbe alla fine scontentare tutti. Bene sicuramente la parte su triplicare le rinnovabili ed efficienza energetica. Per quanto riguarda phase out e phase down, abbattimento delle emissioni, l’impressione è che si crei molta confusione con obiettivi poco chiari".
Luca Bergamaschi del think tank ECCO ha dichiarato che "il paragrafo sull'energia è una lista di Natale confusa che non aiuta nessuno e fa pienamente il gioco dei Paesi produttori di petrolio e gas, lasciando i più vulnerabili a mani vuote. La credibilità del buon testo sulle energie rinnovabili, sull'efficienza e sulla riduzione del consumo e della produzione di combustibili fossili è messa a repentaglio dalla protezione dello status quo e dal sostegno a scelte forti. Di fatto, questo testo inietta grossi rischi di mercato nel sistema”.
In tanti invocano subito un nuovo testo da definire dopo l’incontro ministeriale che si terrà alle 20:00 (ora degli EAU), visto che quello attuale rischia di scontentare persino gli Stati Uniti, con un’assenza di un target quantitativo chiaro sulle emissioni fuggitive di metano al 2030 (tema fondamentale, visto il potenziale di riscaldamento del metano).
Cosa salvare?
Di quel poco di positivo che c’è nel testo va menzionata la necessità di sottoporre i nuovi obiettivi nazionali di riduzione (NDC) 9-12 mesi prima di COP30 e si terranno degli incontri per rafforzare i futuri impegni dei Paesi. Si parla poi di eliminazione graduale (ma il prima possibile) dei sussidi ai combustibili fossili inefficienti, che incoraggiano lo spreco e non affrontano la povertà energetica o la transizione. Ci sono menzioni ai carburanti a basse e zero emissioni (biofuels, e-fuel, idrogeno), c’è un importantissimo riferimento all’Accordo sulla Biodiversità di Montreal-Kunming, con un paragrafo complesso e completo che per la prima volta lega la difesa della natura alla lotta climatica.
In sordina è arrivato anche il testo sul Global Goal on Adaptation che invece è stato accolto più positivamente, vista l’introduzione di un framework temporale per il raddoppiamento della finanza climatica con una baseline, numerosi riferimenti al gap da colmare entro il 2025 per le risorse economiche e la necessità di un loro aumento sostanziale per il futuro.
Ma non è questo tipo di contropartita che la società civile, i Paesi più vulnerabili, le comunità indigene e persino una parte del mondo del business, quello circolare e sostenibile, possono accettare in cambio della sopravvivenza sine die del mondo del petrolio e del gas. Vediamo quale sarà la contropartita in nottata. Quel che è certo è che domani al tramonto i negoziati qua a Dubai saranno tutto tranne che terminati.