La Cina intensifica gli sforzi per la protezione del suolo nero, il terreno fertile destinato a soddisfare una quota importante della sua domanda di cibo. “I legislatori cinesi stanno valutando una bozza di legge per la conservazione del suolo che prevede finanziamenti statali costanti e misure di protezione mirate”, ha scritto in giugno l’agenzia di stampa governativa Xinhua. I dettagli del piano non sono ancora noti. Ma la logica dietro al provvedimento è facilmente intuibile.
Il
black soil cinese, più o meno l’equivalente del celebre chernozem ucraino, è un terreno particolarmente fertile che si trova in larga parte nelle province nordorientali del Paese. Anni di sfruttamento hanno garantito rese agricole invidiabili ma, ammette il governo, “hanno anche consumato le sostanze nutritive“. Inoltre “lo strato di suolo nero si sta assottigliando, mettendo a rischio la sicurezza ecologica e lo sviluppo agricolo sostenibile del Paese”. Una storia nota.

Dallo sviluppo all’erosione

Tutto inizia in pieno periodo maoista quando il governo puntò sulla deforestazione dell’area per aprire nuovi spazi alle coltivazioni. L’operazione rappresentava la risposta alla tragica carestia che aveva devastato il Paese tra la fine degli Anni ‘50 e l’inizio dei ’60 a seguito della fallimentare politica del Grande Balzo. Un disastro che provocò verosimilmente decine di milioni di morti (ma il numero ufficiale non è mai stato reso noto da Pechino).
La campagna di espansione dei terreni coltivabili, per contro, “fu un successo”, ricorda oggi
Bloomberg: “La regione delle terre nere divenne cruciale per l’alimentazione di una popolazione in crescita e, nei decenni successivi, crebbe anche la domanda di terreni coltivabili”.
Tuttavia, “l’espansione dei terreni agricoli è avvenuta a spese di milioni di ettari di foreste, pascoli e zone umide”. Mentre “la crescente esposizione al vento e alla pioggia ha generato
erosione”. In alcune aree, la materia organica del suolo è diminuita del 75% rispetto ai livelli degli anni Cinquanta.

Terra nera: un suolo strategico per la sicurezza alimentare

Oltre che in Ucraina, dove ricopre circa i due terzi dei campi arabili, la terra nera, secondo le stime della FAO, è presente sull’1,8% della superficie emersa del Pianeta. Le concentrazioni maggiori si rilevano in Europa orientale, nelle praterie nordamericane, in Argentina e nelle steppe asiatiche.
In Cina questo tipo di terreno si colloca soprattutto nelle province di Heilongjiang, Jilin e Liaoning che, ricorda Bloomberg hanno sperimentato una crescita delle coltivazioni pari a 2 milioni di ettari nell’ultimo decennio del secolo scorso. E che oggi, da sole, contribuiscono alla produzione del 50% del riso, del 41% della soia e del 34% del mais del Paese.
La conservazione del suolo nell’area, insomma, è assolutamente decisiva per la sicurezza alimentare cinese. “I ricercatori della locale Accademia delle Scienze”, rileva Bloomberg, “stimano che, indipendentemente dalla quantità di fertilizzanti utilizzati, la produzione di soia diminuirebbe del 40-60% e che il mais crescerebbe a malapena se, nello scenario più estremo, tutto il suolo nero dovesse scomparire dalla regione”.

Il fattore climatico dall’Ucraina alla Cina

Sempre secondo l’agenzia di stampa USA, Pechino punta a tutelare la salute dei terreni promuovendo la restituzione di materia organica. La presenza di quest’ultima nel suolo nero, secondo i piani del governo, dovrebbe crescere del 10% entro il 2025. Nonostante questo, il livello di fertilità raggiungibile risulterebbe comunque inferiore a quello rilevato negli anni Cinquanta. A complicare il tutto è poi il cambiamento climatico che favorisce quegli eventi estremi che hanno a loro volta un impatto negativo sul terreno.
In questo quadro il governo cinese dovrebbe guardare con preoccupazione alle stime che arrivano dall’
Ucraina, dove l’effetto clima rappresenta una grave minaccia per la produttività del suolo. Lo scorso anno il Ministero dell’Ambiente di Kiev ha stimato che le tempeste di sabbia – fenomeno diffuso anche in Cina, peraltro – colpiscano oggi 20 milioni di ettari di terreno nel Paese. Tredici milioni sono invece gli ettari colpiti dal dissesto idrogeologico; oltre 6 milioni quelli danneggiati dal vento.

Immagine: Natalia Chernenko (Unsplash)

Questo articolo è stato pubblicato su resoilfoundation.org