I geologi lo chiamano scudo ucraino. Quella terra di mezzo che parte dal confine nord con la Bielorussia fino a toccare le sponde del mar Azov, nel sud del Donbass. Secondo gli studi del servizio geologico ucraino, nelle antichissime rocce di questo scudo si nascondono giacimenti di litio dal grandissimo potenziale. Ritrovamenti che sono stati individuati soprattutto attorno alla zona di Mariupol, la città portuale del Donbass dilaniata dai bombardamenti russi.
I giacimenti di litio in Ucraina
“Forse non è questo il motivo principale dell'invasione, ma indubbiamente la ricchezza mineraria dell'Ucraina è uno dei motivi per cui questo Paese è così importante per la Russia”, ha dichiarato Rod Schoonover, ex direttore della sezione “Ambiente e Risorse naturali” del National Intelligence Council americano.
Una ricchezza confermata dal fatto che il litio ucraino aveva iniziato ad attirare l'attenzione globale già dallo scorso anno, prima che l’invasione russa bloccasse le esplorazioni. Lo scorso novembre infatti, la società australiana European Lithium aveva dichiarato di essere vicina ad assicurarsi i diritti su due promettenti giacimenti di litio nella regione di Donetsk (Ucraina orientale) e a Kirovograd, nel centro del Paese. Lo stesso mese anche la società cinese Chengxin Lithium ha chiesto i diritti su alcuni giacimenti, una mossa che avrebbe permesso alla Cina di aggiudicarsi il primo giacimento in territorio Europa.
“Dal momento che non ci sono giacimenti sviluppati, dubito fortemente che le risorse di litio siano la motivazione per gli attacchi nel sud-est – dice Schoonover a Materia Rinnovabile -. Ma se questa regione cade sotto il controllo russo, le riserve di litio sarebbero certamente un co-beneficio per il Cremlino. Certamente il resto del mondo avrebbe voce in capitolo. Non importerebbe il litio da uno Stato paria (nazione che non è riconosciuta dai governi di altri Paesi a causa di violazioni dei diritti umani), specialmente quando ci sono alternative migliori in Paesi geopoliticamente più favorevoli”.
Delle rocce pegmatitiche non si butta via niente
Uno dei pochi geologi ad aver visto queste rocce antichissime è Andrea Dini, ricercatore dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, che ha partecipato a tre campagne nella miniera di Khoroshiv-Volodarsk, in Ucraina del nord. “La miniera che ho visto non ha mai prodotto litio, perché le sue rocce contengono minerali di litio (zinnwaldite, trilithionite e polylithionite) che contengono fluoro – dice Dini a Materia Rinnovabile - e sono un problema per i processi metallurgici di estrazione del metallo. Dal 1991 gli ucraini qui estraggono soprattutto pietre preziose”.
Negli ultimi vent’anni però il servizio geologico ucraino ha condotto ricerche scientifiche e strategiche, individuando numerose aree con minerali di litio come lo spodumene ad altissimo potenziale. “Le rocce antichissime che interessano ai produttori di litio sono le pegmatiti contenti spodumene (silicato di litio e alluminio), il minerale preferito dall’industria. – spiega Dini - Queste rocce non hanno metalli inquinanti come piombo, zinco e cadmio, ma contengono silicati (quarzo, feldspato) che come materiale di scarto si possono vendere all’industria della ceramica”. Insomma delle pegmatiti non si butta via niente. Secondo il ricercatore, l’Ucraina e la Serbia hanno probabilmente il maggiore potenziale per estrarre litio di tutta Europa.
Le altre risorse minerarie dell’Ucraina
L’Ucraina ha il 10% delle riserve mondiali di ferro, il 6% di titanio e il 20% di grafite. “In geologia questa regione estremamente piatta viene chiamata “penepiano” – fa notare Andrea Dini - perché è così antica che è stata spianata dall’erosione. Molte delle rocce hanno miliardi di anni e non le vedi in superficie perché sono coperte da strati di sedimenti”.
In Ucraina non ci sono solo minerali però. A nord est, vicino al confine con la Russia, c’è un bacino sedimentario di 400 milioni di anni pieno di materiale organico e di rocce black shale. “Sono ardesie nere con grandi quantità di carbone e metano. Per esempio parte dell’indipendenza energetica statunitense è dovuta all’estrazione di metano (Shale Gas) da queste rocce su suolo americano”.
C’è anche un altro settore che ha uno stretto legame con le risorse dell’Ucraina: quello della ceramica italiana. Il distretto industriale della ceramica di Sassuolo è una dei più importanti al mondo e la qualità delle sue piastrelle dipendeva anche dall’importazione dall’Ucraina di argille e caolino, un minerale che viene estratto dalle cave del Donbass. Nel settore della ceramica italiano, il 25% delle materie prime - tra cui argille considerate pregiate - arrivava dall’Ucraina. Dopo l’invasione russa, le aziende del distretto dovranno trovare alternative compatibili e competitive. Secondo gli addetti ai lavori, serve innanzitutto trovare un’altra ricetta, cioè una nuova miscela di argille, caolini e feldspati con materiale importato da altri Paesi.
Immagine: Matthew De Livera (Unsplash)