Gli investimenti nei settori ambientali appaiono ad oggi la frontiera con maggiori ritorni economici e opportunità lavorative per cittadini e imprese, che diverrebbero essi stessi protagonisti e beneficiari dell’auspicata e necessaria transizione energetica. Nell’attuale contesto italiano, in cui il sistema produttivo sta scontando un crescente gap negativo rispetto gli altri paesi membri dell’UE in termini di capacità di innovazione tecnologica e di aumento della ricchezza, gli investimenti diretti alla prioritaria transizione energetica comporterebbero sia un aumento della ricchezza e dell’occupazione, sia la produzione di beni a maggiore valore aggiunto.
A sottolineare l’opportunità di
investire nella decarbonizzazione, attraverso ricerca e sviluppo ad alto contenuto tecnologico, è stato lo studio “Il Green Deal conviene. Benefici per economia e lavoro in Italia al 2030”, coordinato da Italian Climate Network e condotto dall’associazione Està (Economia e sostenibilità). Il rapporto ha analizzato i settori in cui occorre prioritariamente allocare capitali al fine di raggiungere la neutralità climatica dell’Italia al 2050 e ha rilevato le opportunità per economia e occupazione e gli aumenti di ricchezza che si produrrebbero in conseguenza a tali investimenti.

Investimenti green per lo sviluppo economico

L’analisi della realtà produttiva italiana tra il 1990 e il 2020, mostra che i freni alla transizione energetica sono principalmente posti da una scarsa capacità di evoluzione del sistema del trasporto privato, dalle inefficienti e obsolete prestazioni energetiche degli edifici e da quei settori industriali in cui si investe poco in innovazione tecnologica.
Se, da un lato, l’Italia negli ultimi decenni ha
ridotto le emissioni di CO2 derivanti dalle industrie del 40% (fatto conseguente anche alla delocalizzazione del settore secondario fuori dai confini nazionali), dall’altro le famiglie italiane hanno aumentato le loro emissioni sia nel settore dei trasporti, che valgono il 24,5% sul totale nazionale delle emissioni di gas climalteranti, sia nel settore degli edifici. Proprio questi sono gli ambiti individuati dal PNIEC - il Piano Nazionale Energia e Clima approvato nel 2019 - sui quali concentrare gli investimenti nei prossimi dieci anni, al fine di ottenere sia maggiori incrementi del valore aggiunto e dell’occupazione nazionale, sia effetti concreti in direzione del raggiungimento della neutralità climatica. Ma, sulla base delle ricerche presentate nello studio redatto da ICN, per raggiungere gli obiettivi climatici di riduzione delle emissioni al 2050 di -55% rispetto al 1990, l’Italia, nei prossimi dieci anni, deve quasi raddoppiare gli investimenti previsti dal PNIEC nei settori strategici sopra indicati (energia, trasporti ed edifici): dai 1000 miliardi previsti ai 1780 miliardi necessari per affrontare la transizione. In particolare si stima che 7 miliardi annui di investimenti aggiuntivi in tecnologia green avanzata, rispetto agli stessi 7 miliardi investiti in tecnologia a basso contenuto innovativo, produrrebbero al 2030 circa 700 milioni di ore lavorate e circa 70 miliardi di PIL in più. Si tratta certamente di uno sforzo addizionale negli investimenti pubblici, ma “investire quote importanti degli strumenti pubblici disponibili, dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, al budget 2021-2027 della UE, passando per l’emissione di green bond e la legge di bilancio, potrà creare centinaia di migliaia posti di lavoro e far avanzare finalmente il Paese nella direzione di uno sviluppo prospero e sostenibile”, spiega Serena Giacomin, presidente di Italian Climate Network.

Decarbonizzare edilizia e trasporti

La maggiore domanda finale di consumi elettrici derivante dalla decarbonizzazione del settore residenziale e di quello dei trasporti potrebbe essere potenzialmente soddisfatta con l’installazione di pannelli fotovoltaici su circa il 4% del parco residenziale esistente. Alla base dell’analisi vi è la necessità di sostituire l’attuale produzione di energia, in gran parte basata sull’uso di fonti fossili, con una produzione che nel 2050 dovrà essere basata solo su energie rinnovabili, soprattutto fotovoltaico. Nel settore residenziale e terziario sarebbe necessaria un’estensione degli investimenti di efficientamento e di elettrificazione del fabbisogno energetico, impiegando un capitale pari a 51,3 md contro i 20,7 md del PNIEC. Tali investimenti sarebbero volti alla sostituzione e all’ammodernamento dell’involucro degli edifici (isolamento a cappotto, sostituzione dei serramenti, ecc.), e degli impianti termici (pompe di calore, caldaie a gas, impianti a condensazione, multisplit, ecc.) e all’installazione di pannelli fotovoltaici per la generazione autonoma di energia elettrica. Le priorità nel settore dei trasporti, invece, si concentrano sulla massiccia elettrificazione del parco veicolare privato e sul progressivo trasferimento su rotaia del trasporto commerciale a lunga percorrenza.

Transizione energetica per far crescere l’occupazione

Tutti questi sforzi si tradurrebbero in una crescita dell’occupazione stabile nell’ordine del 2,5% - 3% (un incremento netto di unità di lavoro compreso tra 530.000 e 700.000) e in un maggior aumento annuo del PIL dell’ordine dello 0,5% - 0,6%. Infatti, per capirne il peso in termini di apporto economico e occupazionale occorre considerare che ogni filiera produttiva è composta da una serie di fasi: per esempio un pannello fotovoltaico va ideato, progettato, realizzato, venduto, impiantato, mantenuto e alla fine dismesso. Ad ogni passaggio di questa filiera corrisponde una produzione di valore aggiunto e di occupazione.
Concretamente ciò si tradurrebbe in
impatti “temporanei” e “permanenti” sul numero medio di occupati in un anno. L’aumento temporaneo di unità lavorative si riferisce all’insieme delle attività di progettazione, sviluppo, installazione e realizzazione degli investimenti e possono essere considerati effetti d’impatto (diretti e indiretti) di breve periodo destinati ad esaurirsi con la realizzazione e messa in opera degli investimenti stessi. Mentre gli effetti “permanenti” (diretti ed indiretti) sono quelli che derivano dalla manutenzione dei beni realizzati per l’intero arco del loro ciclo di vita.

Coraggio e visione per la conversione ecologica

L’impatto degli investimenti revisionato dal report redatto da ICN è quindi proporzionalmente molto più ampio rispetto a quello previsto dal PNIEC: il valore aggiunto si rivelerebbe tra i 47,8 md ed i 50,4 md medi annui (contro i 7-8 md aggiuntivi del PNIEC) e l’aumento dell’occupazione tra le 592.999 e le 769.000 unità (contro i 79-126 mila del PNIEC). Anche se non è possibile, con le metodologie adottate, analizzare la distribuzione nel tempo di questi effetti, è ragionevole presumere che essi possano tradursi in una maggiore crescita annua del PIL dello ordine dello 0,5%-0,6% e in un aumento di occupazione del 2,5%-3% all’anno. Tale piano di investimenti revisionato, necessario per raggiungere entro il 2030 una riduzione di emissioni del -55% rispetto al 1990, ha cioè una portanza e impatti economici da sei a otto volte maggiori di quelli originariamente previsti dal PNIEC.
Si rendono quindi necessarie decisione politiche ambiziose che superino l’inerzia legata all’attuale modello di sviluppo e che incoraggino la indispensabile transizione energetica in modo propositivo e non conservativo. Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera, ha infatti sostenuto quanto segue: “Affrontare la crisi climatica è necessario ed è anche l'occasione per rispondere allo stesso tempo alle crisi ambientale, economica e sociale puntando su un’economia innovativa, circolare, equa, sostenibile e proprio per questo più competitiva. Lo dicono i numeri. Il rapporto ‘I benefici della neutralità climatica al 2050 per l’Italia. Coordinate economiche per un paradigma green’ di Està e Italian Climate Newtork stima, ad esempio, che un investimento forte in settori strategici quali ricerca, rinnovabili, efficienza, mobilità a zero emissioni e agricoltura sostenibile, può portare a un aumento importante di Pil e occupazione. Fatto soprattutto da nuove competenze e lavoro di qualità. Un report prezioso per la politica, che ora deve dimostrare di credere davvero nello sviluppo sostenibile e sfruttare al meglio l’occasione del Recovery Plan per investire sulla conversione ecologica. Con competenza, coraggio e visione.”