La bioeconomia italiana riparte dal Sud. È stato lanciato a Napoli il nuovo acceleratore per startup Terra Next, che diventerà un polo di innovazione per tutto il settore. Promosso da Intesa Sanpaolo Innovation Center e gestito operativamente da Cariplo Factory, è il primo acceleratore in Italia e anche in Europa interamente focalizzato su progetti di bioeconomia. Nell’arco di tre anni si occuperà di selezionare e far crescere una trentina di startup e piccole imprese innovative, con l’obiettivo di nutrire e rafforzare quello che, ad oggi, è uno dei settori più promettenti non solo per l’economia del Mezzogiorno ma per tutta l’Italia.
Per accedere al bando di selezione per il primo anno c’è tempo fino al 30 marzo.
Una cordata di partner per trenta startup della bioeconomia
Terra Next è frutto dell’iniziativa di CDP Venture Capital ed è parte della Rete Nazionale Acceleratori CDP, un network presente in tutta Italia con l’obiettivo di aiutare la crescita di startup specializzate nei settori considerati a maggior potenziale. La bioeconomia è appunto uno di questi.
Il progetto coinvolge un gruppo notevole di partner istituzionali e scientifici, alcuni con un deciso radicamento nel territorio campano, come l’Università Federico II di Napoli e il campus di San Giovanni a Teduccio, scelto come sede dell’acceleratore, la Fondazione con il Sud, il Campania Digital Innovation Hub, S.R.M.-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno e il pastificio Garofalo, ma anche partner corporate come Gruppo Getra e Gruppo Nestlé, Novamont, Aristea e Selepack che offriranno le loro competenze nei programmi di accompagnamento per le startup.
A guidare la nutrita cordata ci sono, come detto, Intesa Sanpaolo Innovation Center, in qualità di ideatore e promotore, e Cariplo Factory come gestore operativo.
“Il primo compito di Cariplo Factory è la promozione della call, aperta fino al 30 marzo, per scegliere le dieci startup innovative da inserire nel programma del primo anno di Terra Next”, spiega a Materia Rinnovabile il Chief operating officer Riccardo Porro. Con una dotazione iniziale di 3,8 milioni di euro stanziati dal Fondo Acceleratori di CDP Venture Capital oltre a 1,3 milioni stanziati da Intesa Sanpaolo Innovation Center e dai partner, Terra Next è progettato su un asse temporale di 3 anni, nell’arco dei quali potranno essere selezionate fino a 30 startup o piccole imprese.
“Le startup scelte – continua Porro – parteciperanno a un percorso di accelerazione di 12 settimane in cui sostanzialmente avranno modo di valutare il proprio business model e di validare, anche tecnicamente, il prodotto o il servizio che intendono mettere sul mercato, il tutto attraverso laboratori, mentorship e incontri frontali con i partner del programma”.
Creare simbiosi e costruire filiere
L’obiettivo di Terra Next, oltreché formativo è pratico: gli incontri serviranno infatti anche a creare dei network e a dare la possibilità ai partecipanti di trovare investitori interessati. “Il nostro ruolo – spiega Porro - sarà dunque quello di seguire le startup dopo il percorso di accelerazione, di aiutarle a crescere favorendo collaborazioni con altre Pmi e integrandole con i tessuti produttivi dei territori in cui operano. Un processo che, a dire il vero, non va solo a beneficio delle nuove imprese, ma anche di quelle già esistenti, che spesso hanno un’impronta un po’ old school e non si distinguono particolarmente per la capacità di fare innovazione. Attraverso queste collaborazioni, le startup possono quindi ottenere delle leve per accedere al mercato, mentre le aziende già avviate possono rafforzare la propria competitività”.
Creare simbiosi, attivare nuove filiere e costruire ponti tra filiere che oggi non si parlano saranno, nella visione di Cariplo Factory, alcuni dei positivi “effetti collaterali” generati dalla contaminazione del settore con la spinta innovativa di queste giovani startup. E siccome si parla di bioeconomia, aggiunge Porro, “le simbiosi generate ruoteranno attorno al concetto cardine della bioraffineria integrata, che consente la chiusura dei loop tra i vari settori, dall’agricoltura alla chimica verde, passando per i biomateriali, la biocosmetica e la nutraceutica”.
“Il focus dell’acceleratore è comunque molto ampio per intercettare le tante aree di applicazione e le diverse opportunità della bioeconomia – continua – Ci sono settori un po’ di nicchia come i novel food o le proteine alternative (vegetable meat), e altri molto grandi come quello legato alle soluzioni biobased con applicazioni industriali. E anche l’agricoltura rigenerativa per la tutela dei suoli e tutte le filiere che valorizzano la biodiversità territoriale rientrano nel nostro campo di interesse”.
Da Napoli al mondo: una spinta per tutta la bioeconomia italiana
Terra Next parte da Napoli, ma ha ambizioni nazionali e anche internazionali.
“Abbiamo fatto la precisa scelta di collocare l'acceleratore a Napoli, nel Campus di San Giovanni a Teduccio, perché è il centro di un ecosistema estremamente dinamico in un territorio che ha grandi potenzialità per le filiere della bioeconomia. - spiega Riccardo Porro – E questo vale non solo per la Campania, ma in generale per tutto il Mezzogiorno”. Se, infatti, la bioeconomia si può già considerare un’eccellenza del Made in Italy, con un valore della produzione di 317 miliardi di euro nel 2020, questo vale ancora di più per le regioni del Sud, dove il settore rappresenta quasi un quarto del relativo dato nazionale e il 6,7% dell’economia totale dell’area. Inoltre, la percentuale di occupazione garantita dalle filiere della bioeconomia nel Mezzogiorno è del 10,7% a fronte di un 7,9% nazionale.
“Ma se è vero che l’acceleratore ha un forte posizionamento nel territorio campano – precisa Porro – noi tuttavia vogliamo ragionare in ottica nazionale: l’obiettivo è attirare startup interessanti da tutta Italia e creare relazioni con altri territori. Naturalmente siamo aperti anche a progetti che arrivino dall’estero, ma in questo caso, va detto, il grande spauracchio è il fisco italiano, che allontana molte delle realtà più interessanti a livello europeo”.
Immagine: Jean Wimmerlin (Unsplash)