Naturalmente essendo uno dei principali strumenti di potere le carte erano accuratamente custodite, si rischiava la pena di morte a trafugare mappe che, oltre a essere preziose, spesso erano anche segreto di stato. Nel XXI secolo le mappe sono diventate completamente pubbliche e aperte, basti pensare a OpenStreetMap, che opera sullo stesso concetto di Wikipedia, con l’obiettivo di condividere un sapere cui tutti contribuiscono e che tutti riguarda. 

I saperi sui sistemi collettivi devono procedere sulla stessa linea, e così tutte le buone pratiche dell’economia circolare dovrebbero essere open-source e condivise. C’è una forma perversa di spreco nel reinventare ciò che è già stato progettato, messo a punto e testato, dimostrando la propria efficacia. La condivisione di saperi ed esperienze, la proposta quindi di modelli, può permettere oggi di ispirare gli Stati Uniti o il Sud-Est Asiatico, la Cina, l’Africa, tuttora ancorati a sistemi locali interamente privati, centrati unicamente sulla raccolta rifiuti (spesso nemmeno differenziata). L’Italia è in grado di offrire grandi esempi di sistemi integrati, basati sulla prevenzione, sul recupero e sul riciclo, come ben rappresentato da Conai e dai sei consorzi dedicati ognuno ai principali materiali impiegati per gli imballaggi: acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro.

Il recente bando della Cina all’importazione di rifiuti in plastica da riciclare ha riaperto a livello globale la riflessione su come definire un quadro adeguato per la raccolta differenziata e implementare l’economia circolare. In stati come i civilissimi Oregon e Massachusetts tonnellate di materiali perfettamente riciclabili sono portati in discarica, poiché non esiste un sistema collettivo a livello federale, come esiste invece in Italia. La stessa Cina fatica a trovare un sistema per aumentare le quote di raccolta differenziata in ambito domestico, cercando di impiegare sistemi di premialità (buoni per l’acquisto di beni di prima necessità per chi fa la differenziata). In Europa il Pacchetto Economia Circolare fissa al 65% la quota di packaging riciclato al 2025, e al 70% entro il 2030 (solo il 55% per la plastica). Per alcuni stati membri sarà una passeggiata. Per altri, i sistemi collettivi consortili potrebbero essere un modello da imitare, lavorando parallelamente all’eco-design dei materiali e alla riduzione dei rifiuti prodotti. 

Per una rivista come Materia Rinnovabile diffondere il nuovo report di sostenibilità del sistema Conai assume questo significato. I sistemi collettivi e consortili italiani sono la risposta delle imprese a problemi di interesse collettivo, come sono quelli di carattere ambientale e sanitario, nel rispetto di indirizzi e obiettivi fissati da una politica presente e competente. Certo, sempre migliorabile. Ma intanto questi esempi forniscono quella carta geografica da copiare di cui c’è estremo bisogno per guidare imprese e cittadini verso un diverso rapporto con le risorse e l’ambiente.