Un business su cui la criminalità organizzata ha già da tempo puntato gli occhi è il traffico e la gestione illecita di rifiuti e materiali radioattivi. A denunciarlo è il report di Legambiente “Rifiuti radioattivi ieri, oggi e domani: un problema collettivo”. Lanciato in vista del decimo anniversario dal disastro di Fukushima (11 marzo), il documento offre una panoramica della situazione a livello nazionale ed europeo. L’Italia, oltre a dover gestire l’eredità lasciata dalle centrali e dai depositi nucleari collocati in siti inidonei, pericolosi e a volte a rischio di esondazione, si trova a dover fare i conti con il grande problema del traffico illecito di rifiuti radioattivi, causato anche dall’elevato costo di smaltimento.
La radioattività in nero e come fermarla
In Italia dal 2015 al 2019, il lavoro svolto dall’Arma dei carabinieri ha portato ha portato alla denuncia di 29 persone, con 5 ordinanze di custodia cautelare, 38 sanzioni penali comminate e 15 sequestri effettuati a seguito dei 130 controlli effettuati. Tra le inchieste, l’ultima in ordine di tempo è quella portata avanti dalla Direzione antimafia di Milano che è riuscita a smantellare un’associazione a delinquere, con forti connessioni con la ‘ndrangheta, attiva nel traffico illecito di rifiuti. “Per fermare la rincorsa alla “radioattività in nero” – si legge nel report - oltre alla realizzazione del Deposito Nazionale per rifiuti a media e bassa attività e alla piena applicazione della legge 68/2015 che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale, è indispensabile anche la rapida entrata a regime del Sistema informatico di tracciabilità di tutta la filiera legata all’uso di materiali e/o sorgenti radioattivi. “Tracciabilità e lotta ai traffici illegali devono essere al centro delle nuove politiche di gestione dei rifiuti radioattivi a media e bassa radioattività di origine sanitaria e industriale”, ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
Quanti sono i rifiuti radioattivi in Italia
Nel report Legambiente ricorda che in Italia, secondo gli ultimi dati disponibili (dicembre 2019), ci sono 31mila metri cubi di rifiuti radioattivi collocati in 24 impianti distribuiti su 16 siti in 8 Regioni. A questi numeri, andranno poi aggiunti nei prossimi anni i rifiuti radioattivi ad alta attività che torneranno nella Penisola dopo il ritrattamento all’estero e quelli di media attività che si verranno a generare dalle attività di smantellamento degli impianti dismessi. Legambiente ricorda anche che l’Italia è in ritardo sulla realizzazione del deposito unico nazionale per i rifiuti a media e bassa attività. La pubblicazione della CNAPI, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee per la costruzione del deposito, rappresenta un primo passo verso una gestione dei rifiuti più trasparente.
In Europa è previsto un aumento di rifiuti a bassa radioattività
Secondo i dati della Commissione Europea sono 126 le centrali nucleari attive distribuite in 14 Paesi che detengono, insieme ai due Stati che hanno intrapreso la strada del decommissioning di tutti gli impianti (Italia e Lituania), circa il 99,7% del volume totale dei rifiuti radioattivi stoccati nel continente. Le stime prevedono entro il 2030 un raddoppio dei rifiuti a bassa attività, mentre per le altre classi l’incremento sarà tra il 20% e il 50% e molti Stati si stanno preparando ad aumentare il numero di depositi idonei. “A livello comunitario occorre subito trovare accordi internazionali per gestire e stoccare i nostri piccoli quantitativi di rifiuti pericolosi - spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente - A livello nazionale invece il tema della gestione dei rifiuti nucleari a media e bassa attività deve essere accompagnato, da parte delle istituzioni, da una comunicazione e informazione chiara e trasparente nei confronti dei cittadini”.