Il sistema rifiuti italiano ha retto all’onda d’urto della pandemia. È un bilancio tutto sommato positivo quello che risulta dall’inchiesta della Commissione Ecomafie sull’“Emergenza epidemiologica Covid-19 e il ciclo dei rifiuti”. La relazione finale, dopo un giro di audizioni durate quasi due mesi, è stata presentata alle Camere dal presidente della Commissione Stefano Vignaroli lo scorso 8 luglio.
Quadro normativo e provvedimenti straordinari, andamento della produzione dei rifiuti urbani e di quelli sanitari, uso (e abuso) di dispositivi di protezione come guanti e mascherine, e poi ancora gli impatti ambientali della pratica della sanificazione, il trattamento delle acque reflue e la possibile correlazione tra Covid-19 e inquinamento atmosferico sono stati i maggiori temi approfonditi dall’inchiesta.
Quanti rifiuti in lockdown?
I dati confermano ciò che era intuitivo: il lockdown ha portato a una diminuzione della produzione di rifiuti in generale. Con variazioni, però, a seconda della tipologia. Se la produzione di rifiuti speciali di origine industriale ha subito, come ci si aspettava, una decisa contrazione, sono invece aumentati i rifiuti domestici e soprattutto la frazione organica. Nel complesso, tuttavia, sono diminuiti i rifiuti urbani: secondo i dati forniti da Ispra, nel bimestre marzo-aprile 2020 c’è stata una riduzione del 10% (meno 500mila tonnellate) dovuta allo stop delle attività commerciali. Basandosi sulle previsioni di riduzione del PIL, Ispra stima inoltre che entro la fine dell’anno la produzione di rifiuti urbani potrebbe arrivare a circa 28,7 milioni di tonnellate, riportandoci ai livelli di vent’anni fa.
C’è poi la questione spinosa dei rifiuti sanitari, in particolare quelli a rischio infettivo, la cui produzione ha ovviamente subito un’impennata. “Una precisa quantificazione – dicono dalla Commissione Ecomafie – è ancora difficile”. Ma per quanto riguarda la capacità di assorbimento da parte del sistema, pare si possa stare relativamente tranquilli: “i dati – si legge nella relazione - mostrano una capacità degli impianti pari nel complesso a circa 340mila tonnellate, a fronte delle 144mila circa trattate nel 2018”.
Per quanto riguarda, invece, l’utilizzo di dispositivi di protezione come guanti e mascherine, Ispra ha stimato all’inizio di maggio scorso una produzione complessiva di rifiuti a fine 2020 compresa tra 160mila e 440mila tonnellate. Volumi che, dice la Commissione, “sono gestibili dal sistema impiantistico italiano senza squilibri”, ma che sarebbe molto meglio ridurre, così come le stoviglie usa-e-getta erroneamente ritenute più sicure. “Adesso che la fase più acuta dell’emergenza è alle spalle, è necessario usare in maniera più razionale questi prodotti, puntando anche sulla sensibilizzazione di cittadini e imprese. - commenta Vignaroli - Nella vita quotidiana, infatti, l’uso dei guanti non garantisce maggiore sicurezza e le mascherine di comunità riutilizzabili consentono una protezione adeguata. Nei locali pubblici, le stoviglie usa e getta non garantiscono più sicurezza e sono quindi da evitare in favore di quelle riutilizzabili”.
Ciclo dei rifiuti, deroghe e rischio illegalità
Nonostante l’aumento di alcuni specifici flussi di rifiuti, il sistema impiantistico italiano non ha incontrato particolari criticità nella gestione durante l’emergenza. Se c’è stata ad un certo punto preoccupazione per la diffusione del virus tra gli addetti alla raccolta, i dati mostrano tuttavia che non ci sono stati picchi di contagi in questa categoria di lavoratori.
I problemi semmai li ha avuti il settore del recupero e riciclo di materia, che si è trovato a far fronte a una forte riduzione, quando non addirittura cessazione, degli acquisti di materiale riciclato da parte delle aziende, chiuse per il lockdown. Il fenomeno ha interessato soprattutto le plastiche da RAEE, i pneumatici fuori uso e il polverino da essi derivante.
È stato questo uno dei motivi della richiesta, da parte degli operatori, di deroghe per il deposito e lo stoccaggio dei materiali raccolti. “Con l’art. 113-bis, - precisa la Commissione Ecomafie - senza limitazioni temporali per l’emergenza, è divenuto possibile depositare nel luogo di produzione, senza richiedere alcuna autorizzazione, rifiuti fino a 60 metri cubi e fino a 18 mesi, purché ciò avvenga senza commistioni e per categorie omogenee; e, quanto ai rifiuti pericolosi, rispettando solo le norme tecniche per etichettatura, deposito ed imballaggi”. In molti casi, inoltre, Regioni e Province autonome sono intervenute con ordinanze disponendo un incremento della capacità di stoccaggio degli impianti e della durata del deposito dei rifiuti urbani presso i centri di raccolta.
Misure, queste, che “non sono state sempre giustificate da reali esigenze operative e gestionali, considerando che l’emergenza epidemiologica ha comportato in generale una riduzione della produzione di rifiuti”, fa notare la Commissione.
“Sul fronte dell’illegalità ambientale, - conclude il presidente Stefano Vignaroli - sono preoccupato per le molte aziende in situazione di difficoltà e per questo più permeabili a interessi illeciti. Proprio per non alimentare rischi di gestioni dei rifiuti illegali o irregolari, la Commissione raccomanda fortemente di superare i numerosi provvedimenti derogatori messi in campo a livello statale e regionale: c’è già un percorso avviato in questo senso a livello parlamentare. Il nostro lavoro su ciclo dei rifiuti ed effetti dell’emergenza Covid-19 va avanti. La Commissione continuerà a monitorare le criticità del settore dei rifiuti e i rischi di illegalità e di infiltrazioni illecite in aziende in difficoltà”.