Sono leader europei da 50 anni nella produzione di basi lubrificanti rigenerate di qualità attraverso un processo di ri-raffinazione, sviluppato in proprio e brevettato. Grazie alle tecnologie adottate, quali l’idrogenazione catalitica, gli impianti di rigenerazione sono in grado di trattare gli oli lubrificanti usati per produrre basi rigenerate performanti e sostenibili, utilizzate dalle più importanti industrie di lubrificazione al mondo. Stiamo parlando di Itelyum, società nata dall’integrazione tra Viscolube, azienda lodigiana prima in Europa nel riciclo dei lubrificanti, e Bitolea, società pavese leader nella purificazione dei solventi. Azionista principale di Itelyum è il fondo londinese Stirling Square, che ha continuato in questi anni ad effettuare aggregazioni attorno alla sua piattaforma. Secondo il Sole24Ore, Itelyum avrebbe una valutazione vicina al miliardo (sulla base di un Ebitda di 75 milioni), segnale di una grande realtà italiana dell’economia circolare in costante crescita. In occasione del lancio dell’ultimo report di sostenibilità, Materia Rinnovabile ha incontrato l’amministratore delegato di Itelyum, Marco Codognola.

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Sfogliando il vostro report di sostenibilità si può notare che, nell’ultimo anno, avete portato a casa ottimi risultati. Quali sono state le tre cifre più importanti di questo report?

È stato un anno in cui abbiamo sempre cercato di migliorare sul piano della sostenibilità e abbiamo così raggiunto buoni risultati, nonostante il 2020 sia stato un anno oggettivamente difficile a causa della crisi pandemica.
Per quanto riguarda le cifre sono stati molto significativi gli investimenti, in quanto abbiamo investito 16 milioni di euro, di cui 5 nel campo ambiente, salute e sicurezza, qualità e ricerca all’interno degli impianti. Altra cifra importante è stata il risparmio di CO2, dato che siamo riusciti ad evitare le emissioni di quasi 500 mila tonnellate di gas. Inoltre un valore che sarà sempre più rilevante per il nostro modello di sviluppo è l’ammontare del recupero di materia, cioè il fatto che si eviti di ricorrere alle sole materie prime per la produzione di minerali e solventi. Io penso che prendendo come esempio gli ottimi risultati derivanti dal nostro utilizzo delle materie prime seconde per la produzione dei suddetti minerali ed emulsioni, la logica del recupero e rigenerazione potrebbe essere applicato in molte altre filiere.

Dal punto di vista degli investimenti, su cosa avete puntato?
Oltre che su ambiente e sicurezza, Itelyum ha fatto investimenti significativi sugli impianti, così da permetterci di migliorare le performance delle singole unità produttive, come ad esempio quella adibita alla rigenerazione di oli e solventi. Altri investimenti sono stati tesi ad aumentare la presenza di impianti sul territorio nazionale, consentendo al nostro modello industriale di servire tutto il paese. E ancora, abbiamo investito nel campo della digitalizzazione e dell’innovazione dei processi: caso esemplare è stato l’avvio di alcuni progetti volti a incrementare tutte le potenzialità del cloud. Questi progetti sono partiti da uno studio sull’architettura degli impianti presenti nella raffineria di Pieve Fissiraga (LO) e sulla possibilità di implementare un sistema di sensoristica molto efficiente al suo interno. Questa raffineria è destinata ad essere il primo esempio all’interno del nostro gruppo della cosiddetta twin digital, cioè la capacità di replicare e simulare un impianto complesso da un punto di vista digitale. Per arrivare a questo risultato è necessario da un lato conoscere e saper applicare le potenzialità del cloud, dall’altro dotare tutti i nostri sistemi e parti di processo di una sensoristica che consenta l’acquisizione di dati e la conseguente creazione di un modello digitale che, tramite l’analisi e l’interpretazione stessa dei dati, è in grado di prevedere i comportamenti di determinati processi. Una volta completato e perfezionato questo modello nell’impianto di Pieve Fissiraga, verrà poi replicato all’interno delle altre unità produttive.

Quanto avete investito nella formazione del personale per creare nuove competenze nella gestione dei progetti e nuovo know-how?
All’interno di impianti classificati come a rischio d’incidente elevato il personale segue regolarmente corsi di aggiornamento su specifiche tematiche. Nel 2020 però abbiamo aggiunto un’attività di corporate identity, ovvero un processo di condivisione di valori e dei principi di sostenibilità, per permettere ai dipendenti e ai collaboratori di avere delle chiavi di lettura adeguate a svolgere al meglio il proprio lavoro. Questo tipo di formazione è fondamentale essendo Itelyum un gruppo che cresce attraverso nuove acquisizioni e attraverso l’integrazione di realtà sempre diversificate, ognuna delle quali ha una propria storia e un proprio know-how.

Lei ha parlato di nuove acquisizioni: qual è lo scopo e la visione di questo progetto?
L’ambizione di Itelyum è di creare un player italiano dei rifiuti industriali, capace di portare soluzioni di riciclo e trasformazione del rifiuto in risorsa su tutto il territorio nazionale. Lo scorso anno abbiamo capito che era arrivato il momento di guardare ad altre aree del nostro paese in cui portare gli impianti, aree che hanno una presenza di comparti industriali significativi e che necessitano di una gestione responsabile e sostenibile dei rifiuti. In centro Italia siamo già presenti in Umbria e in Lazio. Al Sud – da sempre stata un’area più complessa da affrontare – volevamo partire con l’acquisizione di un’azienda che avesse dimensioni e reputazione adeguate: abbiamo così incontrato Natale Castiglia un imprenditore pugliese che negli ultimi vent’anni ha sviluppato una società (Castiglia, nda) che ha raggiunto risultati di eccellenza nel comparto della gestione responsabile dei fanghi da depurazione e dei servizi al mondo industriale e acquedottistico. L’acquisizione di Castiglia come partner è stata significativa e strategica, in quanto la Puglia presenta comparti industriali diffusi su tutto il territorio, che ad oggi richiedono una gestione necessariamente sostenibile. D’aiuto, in tale senso, è stato anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che destinerà al sud del paese una percentuale più rilevante di risorse, proprio perché c’è un gap maggiore da colmare.

Avete intenzione di espandere il vostro business in nuove aree e di fare nuove acquisizioni?
Sicuramente l’estero è una delle frontiere a cui stiamo guardando, perché il modello che abbiamo sviluppato in questi anni in Italia è risultato vincente. La nostra presenza commerciale a scala europea, che vede relazioni con paesi quali Francia, Spagna, Germania, Svizzera e Austria, ci permette di conoscere questi mercati e di poter di conseguenza provare ad operare delle acquisizioni che vadano oltre confine. Nonostante ciò riteniamo che anche il nostro percorso in Italia possa offrire ancora molte possibilità di crescita.