Anche la Turchia si è stancata di accogliere i rifiuti di plastica provenienti dall’Europa. Con un emendamento pubblicato il 18 maggio in Gazzetta Ufficiale, il Ministero del Commercio turco ha bandito l’importazione di scarti in polietilene, una delle plastiche più comuni, utilizzata soprattutto nell’industria alimentare e degli imballaggi. Il divieto, che entrerà in vigore dopo 45 giorni dalla pubblicazione, arriva in seguito a un’indagine condotta da Greenpeace UK, che ha letteralmente smascherato le importazioni di rifiuti in Turchia da parte di paesi europei, soprattutto Regno Unito e Germania.
La Turchia non vuole più essere la discarica dell’Europa
Il report pubblicato da Greenpeace il 17 maggio ha decisamente fatto il botto. Lo scorso marzo alcuni attivisti dell’associazione hanno visitato una decina di siti attorno alla città di Adana, nel sud della Turchia. Le foto scattate mostrano impressionanti accumuli di rifiuti plastici di cui, grazie ai marchi bene impressi sugli imballaggi, è stato piuttosto facile individuare la provenienza. Montagne illegali di buste, bicchieri da asporto e confezioni per alimenti provenienti da alcune delle catene di supermarket più diffuse nel Regno Unito (Lidl, M&S, Sainsbury’s and Tesco) e in Germania (Lidl, Aldi, Edeka, Rewe), ma anche in altre parti d’Europa.
Fino a soli cinque anni fa, come si legge sul report di Greenpeace, la Turchia era solo un attore minore sul mercato globale dei rifiuti. Ma dopo l’epocale divieto di import di rifiuti da parte di Pechino, entrato in vigore nel 2018, per i paesi europei la Turchia è diventata la nuova Cina. Solo per il Regno Unito, gli scarti di plastica esportati su territorio turco sono passati da 12mila tonnellate nel 2016 a 210mila tonnellate nel 2020, ovvero il 40% di tutto l’export di rifiuti plastici targato UK. E a peggiorare la situazione, per circa la metà si tratta di materia plastica mista, ovvero estremamente difficile da riciclare.
Anche il resto d’Europa comunque non fa mancare il suo contributo: in tutto, circa 241 camion di plastica vengono scaricati in Turchia ogni giorno, venti volte di più rispetto al 2016.
Una pratica che, oltretutto, secondo la Convenzione di Basilea firmata dai paesi membri dell’UE e secondo le leggi britanniche sarebbe illegale, visto che i rifiuti vengono inviati su un territorio in cui non ci sono le condizioni per il loro riciclo (il tasso di riciclo della Turchia è solo del 12%).
A ognuno la sua plastica
“Come dimostrano queste nuove prove, i rifiuti plastici che dall’Europa arrivano in Turchia non sono affatto un’opportunità economica, ma una minaccia ambientale - commenta Nihan Temiz Ataş di Greenpeace Mediterranean – L’importazione incontrollata di plastica non fa altro che peggiorare i problemi già esistenti nel sistema di riciclo turco. Da ciò che emerge sia dai dati che dal lavoro sul campo, la Turchia continua da essere la più grande discarica di plastica d’Europa”.
Con il bando del polietilene, di cui è fatto oltre il 90% dei rifiuti provenienti dall’Europa, il governo turco spera così di arginare il problema. E, una volta di più, la responsabilità viene rimandata al mittente, su cui preme l’urgenza di adottare politiche efficaci per la riduzione e il riciclo dei rifiuti.
“È spaventoso vedere la nostra plastica che brucia sui bordi delle strade in Turchia – racconta Manfred Santen di Greenpeace Germany – Dobbiamo smetterla di scaricare i nostri rifiuti in altri paesi. Il cuore del problema è la sovraproduzione. Tutti i governi dovrebbero prendere il controllo della questione plastica all’interno dei propri confini, bandire l’export di rifiuti plastici e ridurre il monouso. La spazzatura tedesca dovrebbe essere trattata in Germania”.
“L’attuale approccio del Regno Unito alle esportazioni di rifiuti fa parte di una lunga storia di razzismo ambientale portata avanti attraverso scarichi di sostanze inquinanti tossiche e pericolose. - spiega Sam Chetan-Welsh di Greenpeace UK – Gli impatti dell’export di rifiuti plastici sulla salute e sull’ambiente sono avvertiti in maniera sproporzionata dalle comunità di colore. Queste popolazioni hanno pochi mezzi politici, economici e legali per opporsi agli scarichi tossici, così le aziende possono agire impunemente. Fino a quando il Regno Unito non gestirà in maniera adeguata i propri rifiuti, sosterrà questa diseguaglianza strutturale. Il governo inglese – conclude Chetan-Welsh – non permetterebbe mai ad altri paesi di scaricare rifiuti sul suo territorio, quindi perché dovrebbe essere accettabile rendere i nostri rifiuti un problema per un altra nazione?”.
Immagini tratte dal report "Trashed" di Greenpeace: un'attivista nel villaggio di Karahan Kuyumcular, nella provincia di Adana, Turchia.