Il caffè è forse il più internazionale fra tutti i prodotti. Lo sa bene il Gruppo Lavazza, Pure Coffee Company presente in oltre 140 paesi e impegnata in una transizione ecologica capace di rispondere agli impatti dei cambiamenti climatici e agli scenari globali.

Non importa se liscio o macchiato, ristretto o in tazza grande. Ogni giorno milioni di persone affidano a un buon caffè la riuscita di un lento risveglio o il piacere di una pausa. Per questo per il Gruppo Lavazza produrre ogni anno 33 miliardi di tazzine di caffè significa una cosa sola: responsabilità. Una parola che però non implica solo assicurare ai propri consumatori la qualità e la ritualità di un gusto uniforme.
Nel terzo millennio essere un protagonista indipendente del mercato del caffè richiede una
visione globale, sostenibile e quindi capace di proteggere ogni singolo chicco, presente o futuro che sia. Cambiamenti climatici, tutela della biodiversità, riduzione dell’impronta carbonica dei propri prodotti sono solo alcune delle sfide accettate dal Gruppo. Vediamo insieme come. Ovviamente, in tre sorsi, come vuole la regola di degustazione dell’espresso gourmet.

Cambiamenti climatici e diversificazione significano solidarietà globale

Per tutte le materie prime nel 2021 sono iniziate le turbolenze. Tra le commodities agricole, il caffè è quella che ha subito il rialzo dei prezzi più significativo. Parliamo di aumenti di circa l’80% sia per la qualità Arabica sia per la Robusta. Tali rincari dipendono principalmente dalle difficoltà logistiche lungo la supply chain globale e dai danni causati da eventi meteo legati ai cambiamenti climatici. Si capisce così perché per un gruppo come Lavazza, Premium Coffee Company presente in oltre 140 paesi del mondo, la solidarietà globale sia una priorità. Gli impatti della siccità che ha colpito il Brasile o le pesanti piogge in Colombia bastano infatti a dimostrare quanto la coltivazione del caffè – e con essa il sostentamento di milioni di piccole aziende agricole a conduzione familiare – sia vulnerabile. “Da sempre diversifichiamo l’acquisto del caffè, che oggi avviene in circa 30 paesi diversi”, racconta a Materia Rinnovabile Mario Cerutti, Chief Institutional Relations & Sustainability Officer del Gruppo Lavazza. “La nostra è una scelta avvalorata dai rischi che corrono le coltivazioni a causa del climate change: basti pensare alla roja o “ruggine del caffè”, pericolosa malattia della pianta causata dai cambiamenti climatici, che alcuni anni fa ha messo in ginocchio la produzione in Centro America.
Attraverso la nostra Fondazione – che oggi ha all’attivo 32 progetti a beneficio di 136.000 persone nel mondo – e in collaborazione con la Ong Oxfam, abbiamo contrastato questa epidemia distribuendo oltre 10 milioni di piante resistenti alla roja, aiutando oltre 4.000 piccoli caficultores in Repubblica Dominicana, Haiti e Cuba”.

Roadmap to Zero

Le soluzioni di adattamento del Gruppo Lavazza passano anche attraverso iniziative come Coffee&Climate (C&C), di cui il Gruppo è membro fondatore. Si tratta di una partnership precompetitiva di più aziende dell’industria del caffè, che prevede un coinvolgimento attivo di agronomi, formatori e piccoli produttori per studiare come i cambiamenti climatici influenzano produttività e qualità. Le soluzioni di climate smart agriculture testate e diffuse sono di varia natura: dalle tecniche di irrigazione efficienti, alle colture di copertura per mantenere la giusta temperatura del terreno, ai consigli su come meglio diversificare la produzione agricola nella propria area. Del resto, se si parla di sostenibilità, quello del Gruppo Lavazza è un vero e proprio approccio integrato, dal chicco alla tazzina. “Abbiamo definito i nostri standard di acquisto attraverso l’identificazione dei differenti tipi di caffè verde, che sono stati standardizzati in funzione di specifiche caratteristiche al fine di garantire l’uniformità delle nostre forniture e assicurare ai consumatori sempre lo stesso gusto, quello che noi chiamiamo “profilo di tazza”, continua Cerutti. Per una filiera che deve affrontare il rischio dei cambiamenti climatici, garanzia della qualità del prodotto finale significa anche investire in mitigazione, riducendo gli impatti della produzione. “Nel 2020 il Gruppo Lavazza ha raggiunto un importante traguardo della sua Roadmap to Zero, con l’azzeramento delle emissioni di CO2 generate dalle attività sotto il proprio controllo diretto e provenienti da fonti presenti all’interno dei confini organizzativi. A partire dal 2020, infatti, tutte le attività degli stabilimenti produttivi, uffici, flagship store e dei veicoli aziendali hanno raggiunto la neutralità di carbonio. Si è fatto inoltre un grande passo avanti nel percorso verso la carbon neutrality attraverso l’ottenimento della neutralità di carbonio di 5 gamme di prodotto, come le capsule Lavazza A Modo Mio” conclude Cerutti.

Packaging ed economia circolare

In un approccio multi-stakeholder ora il Gruppo mira a compensare le emissioni indirette lungo tutta la catena di approvvigionamento, a monte e a valle delle proprie operazioni. Non parliamo solo di caffè verde, logistica o smaltimento. Anche misurare e ridurre gli impatti delle confezioni ha un ruolo fondamentale per la transizione ecologica di Lavazza, che nella sua Roadmap del packaging sostenibile si è data l’obiettivo di rendere l’intero portfolio packaging del Gruppo riciclabile, riutilizzabile o compostabile entro il 2025. E si vedono i primi importanti risultati: è già riciclabile il 71% del packaging prodotto nei tre principali stabilimenti del Gruppo nei quali si concentra il 91% della produzione totale (Settimo e Gattinara in Italia e Lavérune in Francia). Ciò significa che il 65% del packaging del portfolio prodotti di tutto il Gruppo è già riciclabile, con punte del 95% nel caso del packaging flessibile. Meno materia, estensione del ciclo vita, ottimizzazione e recupero. L’approccio sustainable by design di Lavazza, seguendo i principi dell’eco-progettazione, mira sempre di più anche a promuovere l’economia circolare e garantire che i materiali siano utilizzati nel modo più responsabile ed efficiente possibile.
In modo che in futuro sulla scelta del caffè noi consumatori saremo finalmente d’accordo. Fine ai litigi: “Per me un caffè sostenibile, per favore”.

Immagine: Nathan Dumlao (Unsplash)

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