La decarbonizzazione dell’economia globale ha un costo preciso: 275mila miliardi di dollari da qui al 2050, ovvero 9200 miliardi all’anno. Lo hanno calcolato i tecnici di McKinsey, una delle più importanti società di consulenza del mondo, che a fine gennaio ha rilasciato il report “The net-zero transition: What it would cost, what it could bring".
“Raggiungere l’obiettivo net-zero – scrivono gli autori del report - richiederà una trasformazione radicale dell’economia globale”. Ma i costi, sebbene sembrino alti, diventerebbero inaccettabili se non si facesse nulla per mitigare il cambiamento climatico.
Il costo della decarbonizzazione secondo McKinsey
Ora che decarbonizzare l’economia non è più considerata un’opzione ma una necessità, è utile fare i conti su quali saranno le effettive ricadute sul mondo dell’industria, del commercio, del lavoro e della finanza.
È appunto ciò che ha provato a fare il report di McKinsey, analizzando i settori economici che generano l’85% delle emissioni globali in 69 Paesi. L’analisi, precisano gli autori, “non è una proiezione né una previsione, e quindi non pretende di essere esaustiva”. Si tratta di una simulazione basata sullo scenario Net Zero 2050 elaborato dal Network for Greening the Financial System.
In sostanza, si ipotizza un percorso piuttosto ordinato messo in atto da tutte le nazioni del mondo per contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C, che corrisponde all’ipotesi più ottimistica che abbiamo al momento.
Per arrivarci sono necessari dei cambiamenti significativi in quelli che il report individua come i sette sistemi di utilizzo delle risorse energetiche e territoriali che producono la maggior parte delle emissioni: produzione energetica, industria, mobilità, edilizia, agricoltura, foreste e altri utilizzi del territorio, gestione dei rifiuti.
Per prima cosa ci saranno dei capitali da spendere per la transizione, da ora fino al 2050. McKinsey ha stimato che occorreranno in totale 275mila miliardi di dollari, che significa una media di 9200 miliardi all’anno, cioè 3500 miliardi in più di quelli che già stiamo spendendo globalmente. Per fare un paragone, 3500 miliardi sono pari alla metà degli utili aziendali globali nel 2020, a un quarto del gettito fiscale mondiale e al 7% della spesa delle famiglie.
La spesa sarà più consistente all’inizio, passando da una media del 6,8% del Pil all’8,8% tra il 2026 e il 2030, per poi decrescere gradualmente.
Gli effetti della transizione verso un’economia a zero emissioni nette
Insomma, si tratta di un’enorme sforzo richiesto a tutte le economie del pianeta e a tutti i settori. Ma bisogna considerare che i costi del non agire sarebbero molto più alti. Inoltre, una volta a regime, si attiveranno delle economie di scala: “l'innovazione tecnologica – osservano gli autori - potrebbe ridurre i costi di investimento per le tecnologie net-zero più velocemente del previsto”.
E se ci saranno delle perdite nei posti di lavoro, saranno però compensate da nuove opportunità occupazionali create dalla transizione. Anche qui ci sono delle stime: se la perdita dei posti di lavoro, diretti e indiretti, sarebbe di 185 milioni di unità entro il 2050, se ne guadagnerebbero però 200 milioni, con un netto positivo di 15 milioni di posti di lavoro. Sicuramente ci sarà bisogno di formazione e nuove competenze, ma le dimensioni di questa riallocazione globale di forza lavoro sarebbero comunque inferiori rispetto a quella causata da altri fenomeni che al momento sembrano inevitabili, come ad esempio l’automazione.
Per quanto riguarda gli effetti della decarbonizzazione sui vari comparti, non c’è dubbio che ci sarà chi ne soffrirà di più. La produzione di carbone vedrà la sua fine entro il 2050, mentre la produzione di petrolio e di gas dovrebbe decrescere rispettivamente del 55% e del 70%, a vantaggio però della domanda di elettricità, che raddoppierebbe rispetto ad oggi.
Quello che più preoccupa sono tuttavia gli effetti sulle economie più povere e su quelle principalmente fondate sulla produzione di combustibili fossili. Per regioni come l’Africa subsahariana e l’India – avverte il report – potrebbe essere necessario spendere una percentuale maggiore del proprio Pil (1,5 volte più alta rispetto alle economie più sviluppate) in infrastrutture per supportare la transizione.
In conclusione, è bene per tutti che i governi e il mondo economico collaborino e si mettano al lavoro subito. Anche perché, come fanno notare i tecnici di McKinsey, quello delineato dal report è uno scenario ottimale, che presenta una transizione ordinata e programmata: se già così i costi paiono alti, potrebbero diventare inaffrontabili, soprattutto in termini umani, aspettando ancora per agire.
Immagine: Nicholas Doherty (Unsplash)