È già sfumato il “vantaggio” guadagnato nel 2020 con la pandemia. L’Earth Overshoot Day 2021, il giorno del sovrasfruttamemto della Terra, torna a cadere il 29 luglio, allineandosi con la data del 2019. Praticamente da ora fino alla fine dell’anno, l’umanità opererà in debito ecologico, utilizzando più risorse di quelle che il pianeta può rinnovare. I vari lockdown e lo stop di molte attività produttive che lo scorso anno avevano ritardato l’Overshoot Day, non sono bastati a mantenere il livello raggiunto e con la ripresa si è tornati, pur con alcune variazioni, ai consumi e alle emissioni pre-Covid.
Una Terra e mezza
L’Earth Overshoot Day è il giorno in cui “l’umanità ha consumato tutte le risorse biologiche che gli ecosistemi naturali possono rinnovare nel corso dell’intero anno”. Calcolato sin dal 1970 (quando cadeva il 29 dicembre), arriva ogni anno con più anticipo. Attualmente l’umanità utilizza il 74% in più di quello che gli ecosistemi del pianeta possono rigenerare: in pratica avremmo bisogno di 1,7 pianeti, più di una Terra e mezza, per soddisfare i nostri consumi.
“Se abbiamo bisogno di ricordare che siamo nella morsa di un’emergenza climatica ed ecologica, l’Earth Overshoot Day ci aiuta a farlo”, ha commentato, a nome di Global Footprint Network, Susan Aitken, leader del consiglio comunale di Glasgow, dove a novembre si terrà la COP26.
L’impronta ecologica e il vantaggio perduto
La data dell’Earth Overshoot Day era stata momentaneamente spinta in avanti, fino al 22 agosto, nel 2020, per effetto delle restrizioni e degli stop alle attività economiche imposti dalla pandemia. Nonostante la fine della crisi pandemica sembri ancora lontana, il 2021 è tuttavia tornato lentamente al business as usual, almeno per quanto riguarda consumi di risorse ed emissioni, riportando così la data ai livelli del 2019.
I principali fattori che hanno determinato l’impronta ecologica di questa prima metà dell’anno, spiega il comunicato dell Global Footprint Network, “sono stati l’aumento del 6,6% delle emissioni di anidride carbonica rispetto all’anno scorso, così come la diminuzione dello 0,5% della biocapacità forestale mondiale dovuta in gran parte al picco della deforestazione in Amazzonia. Solo in Brasile, 1,1 milioni di ettari sono andati persi nel 2020 e le stime per il 2021 indicano fino ad un 43% di aumento della deforestazione rispetto all’anno precedente”.
L’impatto del settore dei trasporti rimane invece inferiore rispetto ai livelli pre-pandemici. “Le emissioni di CO2 dei viaggi aerei nazionali e del trasporto stradale sono destinate a rimanere al di sotto del 5% rispetto ai livelli del 2019, mentre l’aviazione internazionale dovrebbe registrare un calo del 33% secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). Le emissioni globali di CO2 legate ai consumi energetici, d’altra parte, dovrebbero rimbalzare e crescere del 4,8% rispetto allo scorso anno, poiché la ripresa economica fomenta la domanda di combustibili fossili. In particolare, nel 2021 è previsto un picco nell’uso globale del carbone, il quale si stima quest’anno contribuirà per un 40% all’impronta dovuta alle emissioni di anidride carbonica”.
“Mentre le Nazioni Unite lanciano il Decennio per il Ripristino degli Ecosistemi, - conclude Laurel Hanscom, CEO del Global Footprint Network - questi dati rendono palese che i piani di ripresa post-Covid19 potranno avere successo nel lungo periodo solo se andranno a considerare aspetti chiave quali la rigenerazione e l’efficienza nell’uso delle risorse ecologiche”.