L’idrogeno è forse una delle più promettenti fonti di energia pulita. Tuttavia è ancora scarsamente impiegato, nonostante sforzi siano stati fatti per creare soluzioni concrete, soprattutto in quei settori in cui viene poco o per nulla usato. Ad oggi, non esistono politiche e strategie che delineino nitidamente ed esplicitamente il ruolo che le tecnologie basate sull’idrogeno ricopriranno sul lungo termine. La conseguente incertezza di mercato induce le aziende a non rischiare ingenti investimenti e, pertanto, la diffusione e il progresso di nuove tecnologie per l’idrogeno risultano rallentati.
Un ruolo promettente nella decarbonizzazione
Le tecnologie dell’idrogeno – riferite a produzione, conservazione, distribuzione e uso – potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel processo di decarbonizzazione, grazie alla versatilità sia delle fonti che dei metodi di produzione. Difatti, sono proprio le diverse potenziali fonti primarie e processi di produzione che rendono l’idrogeno un’interessante fonte di energia alternativa. Inoltre, la versatilità legata all’idrogeno si traduce ulteriormente in un numero crescente di applicazioni, tra cui figurano i trasporti, il riscaldamento ed altri processi industriali.
Sembrerebbe, quindi, essere la soluzione perfetta, malgrado le potenzialità come vettore energetico siano ad oggi poco sfruttate: non esistono ancora convincenti processi a basso impatto di carbonio che generino idrogeno. Il report IEA sull’idrogeno sottolinea che “sono necessari più sforzi per ridurre i costi, per rimpiazzare l’idrogeno ottenuto con metodi ad alte emissioni con quello low-carbon e per espanderne l’uso a nuove applicazioni”.
Produzione e utilizzi dell’idrogeno
L’idrogeno, pur essendo uno degli elementi più abbondanti sulla superficie delle Terra (si trova nell’acqua e nei composti organici), si incontra difficilmente nella sua forma pura, H2. Pertanto, deve essere estratto dai composti di cui è parte integrante con l’utilizzo di processi energia-dipendenti.
Attualmente la domanda mondiale di puro idrogeno continua ad aumentare ed ha raggiunto le 70 Mt all’anno, triplicando i valori rispetto al 1975. Oggigiorno, l’idrogeno viene prevalentemente utilizzato nella raffinazione dell’olio e nella produzione di sostanze chimiche e viene principalmente prodotto attraverso la riformazione del gas naturale e dalla gassificazione del carbonio. L’ottenimento dell’idrogeno mediante questi metodi comporta l’emissione sostanziosa di CO2. Se si considera che, a livello mondiale, il 6% del gas naturale e il 2% di carbone vengono investiti in tali processi, le emissioni di CO2 ad essi imputabili raggiungono le 830 Mt all’anno – equivalenti alle emissioni di CO2 del Regno Unito e dell’Indonesia insieme, come segnalato nel report IEA “The future of hydrogen”.
Come si produce l’idrogeno a basse emissioni di carbonio
Per rendere l’idrogeno una fonte energetica competitiva nella transizione energetica, è necessario rimpiazzare i processi ad alto impatto di carbonio utilizzati per la sua produzione con processi a basso impatto di carbonio. Bisogna poi implementare l’uso della nuova fonte energetica in settori nuovi, come nei trasporti o nel riscaldamento.
Ad oggi, l’idrogeno a basse emissioni di carbonio viene prodotto attraverso le tecnologie convenzionali accoppiate a tecnologie CCUS – Carbon Capture Use and Storage – o attraverso l’ossidazione dell’acqua via elettrolisi. Chiaramente, quest’ultima alternativa prevede l’uso di energia derivata da fonti rinnovabili, come l’eolico o il solare.
La produzione di idrogeno a basso impatto di carbone mediante il primo approccio rimante tutt’oggi la principale via di produzione. Ne vengono, infatti, prodotte 0,4 Mt all’anno, che, secondo quanto indicato dal report IEA “CCUS in Clean Energy Transition”, risultano essere tre volte superiori alla quantità di idrogeno prodotto per via elettrolitica. Di conseguenza, sapendo che la produzione mondiale di idrogeno è di 70 Mt, è possibile calcolare che il contributo dell’elettrolisi dell’acqua nella produzione totale è di circa 0,2%.
Dalla Corea del Sud una soluzione innovativa
Recentemente, un gruppo di ricercatori dell’UNIST – Ulsan National Institute of Science and Technology in South Korea – ha messo a punto un nuovo approccio per la produzione di idrogeno a basso impatto di carbonio che prevede lo sfruttamento della biomassa – in particolare, della lignina – come donatore di elettroni. Lo studio ha come scopo la ricerca di nuove soluzioni per la produzione di idrogeno green che possano, al contempo, superare i limiti insiti nell’elettrolisi dell’acqua e sfruttare fonti ecologiche, come le biomasse. Il sistema prevede uno step iniziale di depolimerizzazione ossidativa della lignina, promossa dal PMA – acido fosfomolibdico, che ricopre il ruolo sia di donatore di elettroni che di catalizzatore. Scendendo nei dettagli, lignina e PMA vengono messi in una soluzione acquosa: la lignina è ossidata dal PMA, a sua volta ridotto dalla lignina. In altre parole, essendo il PMA un acido forte, è facilmente in grado di estrarre gli elettroni dalla lignina. A questo punto, il PMA – ridotto con due elettroni in più – passa suddetti elettroni ad un anodo, che, virtualmente può essere qualsiasi sostanza sulla quale la reazione di ossidazione ha luogo – in questo caso specifico, i ricercatori hanno usato una carta di nanotubi al carbonio per la sua reattività. Gli elettroni fluiscono dall’anodo al catodo generando corrente. Lo step finale del sistema è la riduzione degli ioni H+, presenti liberi nella soluzione acida, in idrogeno molecolare.
I potenziali vantaggi dell’innovazione coreana possono essere elencati in cinque punti. Innanzitutto, i PMA evitano l’utilizzo come catalizzatori di metalli nobili, che, al contrario, vengono utilizzati nell’elettrolisi dell’acqua e ne rappresentano una delle principali limitazioni. Inoltre, i PMA si auto rigenerano – potendo essere ripetutamente usati – ed il potenziale di riduzione richiesto è minore rispetto a qualsivoglia potenziale necessario nei migliori modelli di elettrolisi. Infine, il processo coreano produce co-prodotti dal valore aggiunto, come la vanillina, che possono essere sfruttati in un’ottica industriale, e apre una soluzione alternativa per quelle aree in cui l’acqua scarseggia.
Prospettive future
Il panorama mondiale, probabilmente a causa della versatilità stessa dell’idrogeno, è piuttosto complesso e rende difficoltoso analizzare e legiferare su ogni possibile opzione. Nonostante l’oggettiva difficoltà, rimane evidente che la decarbonizzazione completa del processo di produzione dell’idrogeno rimane lungi dall’essere portata a termine. Gli obbiettivi futuri dovranno essere: la promozione della transizione verso soluzioni a basso impatto di carbonio nei settori che già utilizzano l’idrogeno e la promozioni dell’idrogeno come fonte di energia in quei settori in cui ancora non viene sfruttato.
Ogni comunità, dopo aver analizzato le proprie risorse e i propri bisogni, dovrebbe essere in grado di scegliere la soluzione che meglio si adatta alle esigenze del territorio e dell’economia locali tra le potenziali fonti e processi per la produzione di idrogeno. Di conseguenza, si dovrebbe puntare a creare politiche e strategie locali che mirino a promuovere cooperazioni internazionali e intersettoriali e in grado di incentivare un mercato per l’idrogeno come vettore di energia. I governi asiatici hanno parzialmente avviato questo processo: in Cina, Giappone e Corea del Sud il mercato delle auto elettriche è quasi duplicato, anche se i veicoli a idrogeno sono solo lo 0,5% delle vendite. In conclusione, è imprescindibile la necessità di ulteriori passi da compiere.