Ogni volta che portiamo la forchetta alla bocca, lo facciamo con cieca fiducia nei confronti dei prodotti che troviamo nel piatto. L’igiene delle filiere alimentari è sempre più garantita da protocolli stringenti, da un’attenta gestione della catena del freddo, da regolamenti e leggi che normano date di scadenza dei prodotti (spesso quando sono ancora edibili, ma il principio di precauzione esige cautela), oltre che da insegnamenti diffusi su una corretta gestione degli alimenti. Esigiamo questa cura dai produttori e dai ristoratori, così come cerchiamo di metterla in pratica noi stessi a casa, lavando meticolosamente le verdure e la frutta, facendo attenzione alla permanenza in frigo dei prodotti di origine animale o scegliendo negozi, produttori o marchi di fiducia.
Meno sovente, però, pensiamo a quello che mangiamo in maniera sistemica e integrata. Provenienza, impronta carbonica, stagionalità, impatto comparato con altri prodotti, effetto sociale di una coltura, danno causato alla biodiversità del territorio di origine, gestione della logistica, packaging, valore nutrizionale, impatto psicofisico dell’assunzione del prodotto... Processo non facile, e che in alcuni casi richiederebbe al consumatore una, se non due, lauree addizionali, specie se si considera il numero impressionante di “fattoidi” e fake news intorno al tema alimentare (dai superfood alle diete, dalle stime esagerate dei vegani più radicali al greenwashing di tantissimi marchi presenti sui banchi della Gdo).

Una visione integrata per il futuro dei sistemi alimentari

Eppure, ripensare i sistemi alimentari in un’ottica integrata, di One Health, che lega fenomeni biologici (perdita del suolo e della biodiversità), geografici (deforestazione, cambiamento climatico), sociali (salute, sfruttamento della manodopera, consumi “low cost” ben peggiori del semplice fast food), economici (accaparramento di risorse naturali, come il water grabbing) e anche culturali (food porn, mode salutiste ecc.), è oggi fondamentale per sanare un sistema particolarmente distorto. Dove, nonostante si produca cibo sufficiente a sfamare l’intera popolazione mondiale, si vedono ancora quasi 800 milioni di persone che non hanno cibo a sufficienza e ben 9 milioni di persone l’anno che muoiono di fame, mentre 1,9 miliardi sono sovrappeso o obese.
Dove, per sfamare l’umanità, si contribuisce a distruggere quella biodiversità fondamentale per infiniti servizi, dall’acqua pulita alle molecole usate in medicina, dalla fertilità dei suoli alla capacità di assorbimento della CO2. Oppure dove, per seguire mode gourmet o incantati dalla vorace grande industria delle carni, si destabilizza il clima in modi che prima di tutto impattano proprio sulla tenuta dei sistemi agro-alimentari. L’elenco delle storture potrebbe andare avanti per pagine e pagine, come quelle dei tanti libri che raccontano con minuziosa attenzione questi problemi.
Ma un’economia sostenibile può essere solo un’economia della conoscenza. Parlarne è necessario per ripensare le ipotesi della società contemporanea e tradurle in un linguaggio condiviso.

Il nuovo numero di Materia Rinnovabile sulle filiere alimentari

Materia rinnovabile fa questo, non presenta solo problemi, affronta la questione in maniera transdisciplinare, offrendo riflessioni scientifiche e soluzioni pratiche, nuove prospettive per affrontare la miriade di questioni sulla piena circolarità dei sistemi alimentari. Esattamente lo stesso scopo che si prefigge il Food System Summit che si terrà a settembre a New York, e che ha visto importanti lavori preliminari a Roma: il primo evento delle Nazioni Unite che affronterà la questione alimentare in maniera sistemica. A problemi complessi servono soluzioni concrete, spiega Agnes Kalibata, l’inviata speciale Onu per il Food System, intervistata in esclusiva per Materia rinnovabile.
Per presentare un numero che possa lasciare un segno circolare e sistemico sul tema Food System, Materia rinnovabile e l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo hanno nuovamente unito le forze per individuare riflessioni e innovazioni concrete da offrire ai tanti attori della filiera agroalimentare. In questo numero affronteremo con prospettive nuove la questione della rigenerazione del suolo con un grande ospite, il giornalista Koen van Seijen, autore del podcast Investing in Regenerative Agriculture and Food, che ci offre davvero una visione a 360° sul tema. Charles Mann, autore del libro The Wizard and the Prophet, approfondisce un tema chiave, approccio tecnocratico vs approccio sistemico, offrendo una serie di spunti di riflessione imperdibili. Riflessione che sarebbe stata d’uopo nella scrittura dei Recovery and Resilience Plan europei, finanziati con l’importante Next Generation EU, troppo sbilanciati verso un approccio tecnologico e infrastrutturale e poco propensi a una azione più circolare, come ci racconta Cinzia Scaffidi. Per capire quali sono le alternative dei sistemi alimentari bisogna leggere l’inchiesta di Antonella Totaro sulle filiere del vino, del formaggio e dell’olio, che si stanno lentamente ripensando (o, almeno, è quello che sta facendo una nutrita schiera di innovatori), oppure l’interessantissimo pezzo di Giorgia Marino sul mondo dei funghi, alimento, neomateriale, forma di vita supersenziente.
Abbiamo dato spazio anche alle visioni più radicali, dal ripensamento della cucina in ottica circolare alle innovazioni culturali hi-tech (che, nel bene o nel male, vanno tenute d’occhio), fino alle nuove narrative della sostenibilità nel food, con un’intervista alla giovane influencer Giorgia Pagliuca.
Un numero che speriamo possa esservi di aiuto per la prossima volta che alzerete la forchetta: che, oltre all’acquolina, si accenda anche una riflessione più profonda, perché mangiare è un atto politico.

Scarica e leggi il numero 37 di Materia Rinnovabile sui sistemi alimentari.