Dal 6 al 18 novembre 2022 si svolge la 27esima Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici o COP27. Il negoziato ONU ha l’obiettivo di attuare l’Accordo di Parigi, un insieme di regole per ridurre emissioni di gas serra, sostenere l’adattamento agli effetti del clima e offrire meccanismi per accelerare l’azione globale.
Location importante, quanto critica, quella di COP27: Sharm-el-Sheikh, Egitto. Rinominata la COP africana per la centralità che avranno i temi più rilevanti per i paesi in via di sviluppo (non solo africani), questa conferenza dovrebbe dare, tra i tanti elementi sul tavolo, ampio spazio alle voci della società civile, della scienza e delle imprese del continente. Ma per ora gran parte dell’attenzione è stata concentrata sugli abusi del regime di Abdel Fattah el-Sisi sugli attivisti egiziani, con importanti defezioni del mondo della società civile, da Greta Thunberg a Naomi Klein, quest’ultima autrice di una lunga denuncia contro questo negoziato.

L’agenda di Sharm-el-Sheikh

La COP27, che si tiene in uno spazio extra-territoriale gestito dalle Nazioni Unite (che garantisce la sicurezza interna nel convention center Tonino Lamborghini), mira a una rinnovata cooperazione internazionale, per realizzare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e implementare nuovi meccanismi di riduzione delle emissioni, adattamento e gestione dei danni e delle perdite legate ai fenomeni più estremi legati al cambiamento climatico.
Sarà un negoziato diverso dai precedenti, che dovevano completare gli articoli principali di Parigi e concentrarsi su due aspetti cruciali per l’implementazione di questo grande accordo multilaterale approvato faticosamente nel 2015 e ad oggi ancora insoddisfacente nella sua attuazione. Avranno un ruolo chiave la responsabilità nel mantenere gli impegni (ed aumentare l’ambizione) per contenere le temperature almeno entro i 2°C entro la fine del secolo (attualmente andiamo verso +2,8°C) e la solidarietà verso i paesi meno sviluppati, che soffrono più di tutti gli effetti del climate change, e meno di tutti hanno contribuito al cumulato delle emissioni di gas serra nell’atmosfera.

Chi partecipa alla COP27. La prima uscita globale di Giorgia Meloni

Nel polo vacanziero egiziano sul Mar Rosso sono attesi 35mila delegati in rappresentanza di 197 nazioni, oltre a scienziati, giornalisti e rappresentati di Ong. Il 7 e l'8 novembre si tiene l'inaugurazione dei lavori di COP27 alla presenza di 100 capi di Stato e di governo, tra i quali Joe Biden (che parlerà a seggi aperti per il Midterm), il britannico Rishi Sunak e Giorgia Meloni (che parla oggi, lunedì 7 alle 18), accompagnata dal nuovo ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin. Assente la Russia, mentre c’è attesa per il discorso di Lula sull’Amazzonia.

Negoziati sul clima, il tema Responsabilità

A COP26 abbiamo visto un numero impressionante di nuovi impegni sia all'interno che all'esterno dei negoziati formali delle Nazioni Unite, inclusi quelli proposti dal mondo delle aziende e della finanza. COP27 è il momento per iniziare a trasformare tali impegni in progresso, specie in vista del Global Stocktake nel 2023, una componente fondamentale dell'Accordo di Parigi che viene utilizzata per monitorare l'attuazione dei contributi di riduzione delle emissioni determinati a livello nazionale (NDC) e valutare i progressi collettivi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi concordati.
A COP26 si era richiesta una revisione degli obiettivi climatici nazionali (NDC) al 2030. A fine settembre però solo 24 nazioni avevano presentato nuovi piani di riduzione delle emissioni. La speranza è che durante COP27 ne vengano annunciati di nuovi.
Il momento cruciale saranno le dichiarazioni del segmento di alto livello, con le dichiarazioni dei capi di stato, che daranno la misura degli impegni intrapresi e della volontà politica di perseguirli. Attenzione ovviamente ad ogni parola che sarà pronunciata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, così come le indicazioni che verranno dagli Usa (a cavallo dei risultati del Midterm), Cina, Brasile, Indonesia (che settimana successiva ospita il G20), India, Europa, Giappone (che all’ultima COP ha fatto numerosi passi indietro). Nuovi impegni potrebbero arrivare anche dagli Emirati Arabi Uniti, che ospiteranno COP28 il prossimo anno, mentre la Russia continuerà a tergiversare.

Dal metano alle foreste, un aggiornamento sugli impegni per il clima

Ci sarà poi da vedere come procedono i vari piani annunciati in gran fanfara a COP26. Come la Dichiarazione dei leader di Glasgow sulle foreste e l'uso del suolo, in cui 145 paesi si sono impegnati a fermare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030.
Oppure The Cities Race to Zero, in cui più di 1000 città hanno dichiarato che avrebbero ridotto le proprie emissioni a zero entro il 2040 o prima. Ci sono anche impegni da parte del settore privato, come la Glasgow Financial Alliance for Net Zero, dove oltre 500 società finanziarie che controllano più di 130 trilioni di dollari si sono impegnate a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 e che dovrebbero far vedere un rafforzamento del loro ruolo, anche proponendo soluzioni finanziarie innovative.
Di particolare interesse è infine il Global Methane Pledge, in cui più di 100 nazioni si sono impegnate a ridurre collettivamente le emissioni di metano, un potente gas serra, del 30% entro il 2030. Sebbene il tema gas al momento sia esplosivo, si dovrebbe procedere ad accelerare per rendere l’obiettivo chiaramente definito all’interno del quadro Onu. A fare pressione per una risoluzione ci sono gli USA, uno dei principali emettitori di CH4 derivato da allevamenti e da fughe di metano (specie derivate dall’estrazione di gas non convenzionale), mentre rifiutano categoricamente l’adesione i russi, primo paese per emissioni fuggitive derivate dall’estrazione.

Finanza per il clima: obiettivo 100 miliardi di dollari

Fondamentale per l’attuazione dei piani di adattamento e mitigazione è la finanza climatica: serve raggiungere l’obiettivo annuale globale di finanziamento, fissato a 100 miliardi di dollari l’anno per il clima. Inizialmente si sarebbe dovuto raggiungere questo obiettivo entro la COP precedente a quella di Glasgow. Adesso sembra che forse ci si riuscirà solo a COP28. Attualmente la cifra sborsata annualmente dai paesi più ricchi si assesta intorno agli 80 miliardi.
L’Italia annuncerà un aumento della quota”, ha dichiarato in conferenza stampa Alessandro Modiano, Inviato Speciale per il Cambiamento Climatico per l’Italia. Attualmente l’Italia ha istituito un Fondo italiano per il clima (gestito da Cassa depositi e prestiti) che viene ufficialmente presentato il 7 novembre e reso operativo appena arriverà la luce verde della Conte dei Conti. Il fondo italiano per il clima prevede di erogare 840 milioni l’anno dal 2022 al 2026 per finanziare interventi, anche a fondo perduto, a favore di soggetti privati e pubblici per contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti negli accordi internazionali in materia di clima e tutela ambientale ai quali l’Italia ha aderito. In primis, però, dovrà destinare le operazioni ai Paesi individuati dal Comitato di aiuto allo sviluppo Ocse-Dac (Development assistance committee). Maggiori dettagli saranno rivelati durante l’evento in Egitto.
Per l’adattamento si può considerare un successo il raggiungimento di una quota minima del 50% dei finanziamenti per il clima dedicata al tema. L’obiettivo è passare da 20 miliardi l’anno a 40 miliardi entro il 2025, impiegando un sistema di accounting trasparente per rendere concreti i pledge delle nazioni donatrici. Sono risorse importanti poiché l’implementazione delle politiche di adattamento funge da meccanismo di contenimento delle perdite e danni, e quindi maggiore l’esborso per l’adattamento, minore la necessità del meccanismo di Loss&Damage.

Loss&Damage, la sfida chiave di COP27

Loss&Damage è il meccanismo sui danni e le perdite a cui tutti i paesi più vulnerabili guardano con speranza. Stati insulari, Least Developed Countries, paesi della fascia subsahariana e corno d’Africa, paesi costieri del sud-est asiatico aspettano da anni uno strumento che li compensi dei disastri portati dal climate change, causato principalmente dai grandi paesi industrializzati. Per attuare questo servirebbe creare una facility finalizzata a compensare i Paesi più vulnerabili dei danni e le perdite subite a causa del clima – come il Pakistan colpito in settembre da inondazioni fuori scala – con il sostegno dei paesi industrializzati.
Il Loss&Damage venne proposto per la prima volta nel lontano 1991, dall’Aosis, il gruppo dei piccoli stati insulari, con l’obiettivo di creare un pool assicurativo internazionale per “risarcire le piccole isole più vulnerabili e i Paesi in via di sviluppo costieri bassi per le perdite e i danni derivanti dall’innalzamento del livello del mare”. Nella proposta iniziale, il contributo di ciascun Paese a questo pool sarebbe determinato dalla propria quota di emissioni globali proporzionata al prodotto nazionale lordo globale, una formula modellata sulla “Convenzione supplementare di Bruxelles del 1963 legata responsabilità civile in settore dell’energia nucleare”.
Dopo molti anni di melina, a COP27, la prima conferenza Onu sul clima in Africa da 12 anni, si torna infine discutere seriamente di questo meccanismo. Ma molti paesi ricchi lo vedono come potenzialmente esplosivo. Per l’inviato per il clima USA John Kerry, significherebbe “sborsare migliaia di miliardi di dollari”, in un momento storico in cui molti Stati sono alle prese con gli effetti della guerra, con l’inflazione e un nuovo stallo economico. Eppure, sostiene Laurence Toubiana, CEO della European Climate Foundation e architetta dell’Accordo di Parigi, almeno in Europa ci sono stati avanzamenti nella discussione e il tema è sul tavolo degli incontri di COP27.
“Non è una questione facile – spiega l’inviato per il clima Modiano – perché per quanto riguarda i Paesi donatori, bisogna capire come affiancare strumenti come la Cooperazione allo Sviluppo, le risposte a eventi catastrofici, a un eventuale strumento per le perdite e i danni causati dal cambiamento climatico”.

Immagine: Shutterstock