Cresce la quantità gestita, aumenta il giro d’affari, si ampliano le collaborazioni e le sinergie, e volano gli investimenti. Nonostante la crisi pandemica, il settore della gestione rifiuti in Italia è più che mai dinamico e resiliente. È quello che emerge dal rapporto annuale sul “Waste Management” redatto dalla società di consulenza Althesys.
Il 2020, l’anno della pandemia, ha visto un aumento del valore della produzione del 3,4%, che ha raggiunto i 12,1miliardi di euro solo per i rifiuti urbani, con investimenti che hanno superato il mezzo miliardo, in crescita di ben 8,2 punti percentuale rispetto al 2019.
“È in atto nel settore della gestione rifiuti un cambiamento che ne sta ridisegnando i confini”, ha commentato Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e coordinatore del think tank Waste Strategy, presentando il report lo scorso 30 novembre a Roma.
Un settore in trasformazione
Il comparto della gestione rifiuti non si è fermato neanche con la crisi. Il trend di crescita e sviluppo è proseguito e lo dimostrano gli investimenti del 2020: 538 milioni di euro che segnano un incremento dell’8,2% rispetto al 2019.
Cresce anche l’interesse verso i rifiuti speciali, cioè quelli di origine industriale che, nonostante le battute d’arresto di vari settori dell’industria, sono aumentati per quantità (+3,1%).
La cosa più rilevante è però il dinamismo all’interno del settore. Sono numerose le nuove alleanze e acquisizioni che hanno coinvolto player provenienti anche da comparti diversi. Mentre le utility che fino ad oggi avevano trattato solo la raccolta dei rifiuti urbani allargano la propria attività al campo del riciclo oppure cominciano ad occuparsi anche di rifiuti speciali.
“Aumenta l’integrazione orizzontale, cioè le collaborazioni tra diverse aziende – spiega Marangoni – Ma quel che è più interessante, sta aumentando anche l’integrazione verticale, ovvero è la stessa azienda che amplia la propria attività occupandosi di materiali diversi o fasi diverse del processo di recupero e riciclo”.
Raccolta, trattamento, valorizzazione: i numeri dei rifiuti urbani
Per il WAS Report 2021, Althesys ha analizzato i dati delle prime 240 imprese attive nella gestione dei rifiuti urbani. Dei 12,1 miliardi di euro stimati come valore di produzione, 9,6 miliardi (+1,9% rispetto al 2019) riguardano le fasi di raccolta e trattamento, mentre 2,5 miliardi (+5%) sono per la selezione e valorizzazione dei rifiuti.
Gli investimenti in crescita in questo segmento del comparto rifiuti sono anche dovuti alla spinta delle multiutility, responsabili nel 2020 del 65,3% degli investimenti e protagoniste di alcune importanti acquisizioni, soprattutto di imprese attive nel riciclo dei materiali.
Convergenza e simbiosi industriale
Se uno dei principi cardine dell’economia circolare è la collaborazione intersettoriale, il comparto della gestione rifiuti italiano pare aver acquisito la lezione. Il report di Althesys rileva, infatti, una “progressiva convergenza tra business diversi nell’ambito delle utility, con una crescente connessione tra energia, rifiuti e idrico, nonché tra rifiuti speciali e urbani”.
“Le alleanze che si formano – spiega Marangoni – sono il più delle volte finalizzate alla realizzazione di progetti innovativi. Ed è questa innovazione che sta rivoluzionando il settore”.
La ricerca e sperimentazione di tecnologie disruptive per gestire e riciclare anche i rifiuti più difficili aprono le porte ad attori provenienti da settori industriali diversi e attirano l’interesse dei mercati. È quella che i ricercatori di Althesys chiamano “integrazione a valle”: ovvero nell’ultima fase, quella del riciclo dei materiali e della loro valorizzazione. È il caso ad esempio del recupero della frazione organica o della plastica non riciclabile da parte di player del settore energia, in ottica di waste to energy o waste to fuel, o ancora, del loro utilizzo da parte dell’industria chimica, con soluzioni che vanno sotto il cappello waste to chemicals. Interessante, in questo ambito, il caso studio I-blu del Gruppo Iren, che parte da una selezione del plasmix (residui plastici non riciclabili) per produrre una materia prima seconda per le acciaierie, in sostituzione (a volte totale) del carbon coke siderurgico: “una soluzione operativa per gestire il plasmix che allo stesso tempo contribuisce alla decarbonizzazione dell’industria dell’acciaio”, ha commentato l’ad di I-Blu Roberto Conte, intervenuto alla conferenza.
Occhio ai rifiuti speciali
Da tenere d’occhio, suggerisce il rapporto Althesys, è il segmento dei rifiuti speciali, ovvero quelli provenienti dalle industrie, che cresce di anno in anno avvicinandosi a quello degli urbani. Se questi ultimi, nel 2020, sono diminuite per volumi dell’1,6%, i rifiuti speciali sono invece aumentati del 3,1% e questo nonostante molte aziende abbiano rilevato un calo dovuto ai lockdown.
La quantità crescente e la redditività stanno spingendo varie utility che si occupavano tradizionalmente di rifiuti urbani ad allargarsi in questo segmento: nella Top 124 stilata da Althesys, un quarto delle aziende gestisce ora anche rifiuti speciali. Inoltre, molte utility, pure di altri settori, hanno acquistato piccole imprese specializzate nel trattamento di scarti industriali.
PNRR: cosa c’è e cosa manca per spingere il comparto rifiuti
Immancabile, naturalmente, il capitolo PNRR. Se, come è stato rimarcato, manca di considerare l’economia circolare come un vero sistema, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano destina tuttavia fondi consistenti al ciclo dei rifiuti: 1,5 miliardi di euro per gli impianti e 600 milioni per i cosiddetti “progetti faro”. “Fra i vari Piani europei, il nostro PNRR è quello che assegna più risorse al settore rifiuti”, commenta Marangoni.
Per contestualizzare la cifra, Althesys la confronta con gli investimenti annui effettuati dalle maggiori aziende dei rifiuti urbani analizzate dal WAS negli ultimi anni, che oscillano tra i 380 milioni di euro del 2017 e i 540 milioni del 2020.
Se, dunque, si può essere moderatamente soddisfatti per i fondi, non mancano però le criticità e le “dimenticanze”. “Nel PNRR si sono dimenticati della gestione dei rifiuti organici – fa notare ad esempio Massimo Cemtemero del Consorzio Italiano Compostatori – E dire che il nostro è un vero e proprio settore manifatturiero, non di semplice smaltimento”. Non si parla neanche di recupero energetico, a differenza di quanto avviene in Spagna o Francia. E non si accenna nemmeno al waste to chemicals: “Sparito dal documento – commenta Pierroberto Folgiero di Nextchem – E dire che la Spagna, a Saragozza, sta costruendo, con un fondo europeo di 105 milioni di euro, un enorme impianto di riciclo chimico per produrre metanolo, carburante con cui intendono decarbonizzare il settore nautico”.
“Il PNRR non può comunque risolvere tutto – conclude Alessandro Marangoni – L’Italia deve recuperare dei ritardi, è vero, ma il WAS Report 2021 mostra un settore in rapido cambiamento, con importanti investimenti, convergenze fra industrie e innovazione tecnologica che promettono di rivoluzionare la gestione dei rifiuti nel nostro Paese”.