#FoodNotFuel, basta barattare cibo con carburante. È questa la richiesta delle 14 Ong - tra cui Legambiente, Oxfam, Deutsche Umwelthilfe e Transport & Environment – che il 6 settembre scorso si sono riunite davanti al Parlamento Europeo per dire basta agli stock agricoli destinati alla produzione di biocombustibili.
Ogni giorno l’Europa brucia infatti l'equivalente di 15 milioni di pagnotte e 19 milioni di bottiglie di olio di girasole e di colza per rifornire auto e camion. Una pratica che le ONG vorrebbero fosse esclusa dalla nuova Direttiva sulle energie rinnovabili, testo che i legislatori UE approveranno il prossimo 13 settembre. Togliere gli incentivi a questo tipo di colture, affermano le organizzazioni, è anche una questione di solidarietà internazionale. Ridurre l'uso del grano nei biocarburanti marchiati UE potrebbe infatti aiutare a compensare le esportazioni di grano dell'Ucraina e sostenere la sicurezza alimentare dei Paesi che ne dipendono.
Food Not Fuel: stop ai biocarburanti da colture alimentari
In Europa la stragrande maggioranza dei biocarburanti deriva da colture alimentari e non da scarti o rifiuti. Secondo i dati forniti da Transport & Environment – una delle Ong scese in piazza a Bruxelles per manifestare – gli oli derivati da colza, palma, soia e girasole costituirebbero il 78% delle materie prime totali del biodiesel. Percentuale che aumenta al 96% per il bioetanolo europeo: colture come grano, mais, orzo e barbabietola da zucchero sono infatti la base per la sua produzione. “L’UE continua a promuovere la combustione di cibo per alimentare le automobili. Quest'anno abbiamo assistito a un'impennata della crisi alimentare e milioni di persone sono state spinte sull'orlo della fame – dichiara Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente – Gli eurodeputati hanno l'opportunità di porre fine a questa follia votando per eliminare il sostegno a questi tipi di carburanti ricavati dalle colture".
Tuttavia, è probabile che la manifestazione delle Ong in Place Luxembourg non sarà la sola forza esterna a influire sulla decisione dei Parlamentari. Nei giorni scorsi Gazprom ha chiuso a tempo indeterminato il Nord Stream 1, gasdotto che costituisce la principale fonte di approvvigionamento di gas russo in Europa Occidentale. La scelta, che pare essere dovuta al malfunzionamento di alcune turbine, arriva però negli stessi giorni in cui il presidente Vladimir Putin, facendo riferimento ad una famosa favola russa, ha avvisato che “l’Europa sarà congelata come la coda di un lupo” se introdurrà un tetto comunitario al prezzo del gas.
Deforestazione e sicurezza alimentare a rischio
Secondo le Ong, ipotecare stock agricoli per la produzione di biocarburanti ha impatti devastanti sugli ecosistemi.
Per soddisfare il suo fabbisogno Bruxelles importa infatti grandi quantità di soia e olio di palma. Così facendo, sempre secondo Transport & Environment, negli ultimi 10 anni l’attuale strategia europea sui carburanti verdi avrebbe contribuito a spazzare via foreste per una superficie pari a quella dei Paesi Bassi. Non ci sarebbero poi buone notizie dal punto di vista delle emissioni di CO2 lungo la filiera, che sarebbero di più di quelle del diesel fossile sostituito.
Ma il danno ambientale non è il solo aspetto che ha conseguenze negative fuori dai confini UE.
L’incertezza dovuta alla guerra in Ucraina, sommata alla siccità che ha colpito paesi produttori come il Canada, ha fatto impennare i prezzi globali di cereali e olio vegetale, destando preoccupazioni per la sicurezza alimentare in tutto il mondo, specialmente in paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e India. Secondo le 14 Ong, ridurre a zero l'uso del grano nei biocarburanti dell'UE compenserebbe oltre il 20% delle esportazioni cerealicole di Kiev e sosterrebbe la sicurezza alimentare degli stati che maggiormente dipendono da quelle forniture.
Chissà se questo tipo di diplomazia aiuterà a mettere dei fiori nei cannoni e a togliere le pannocchie dai tubi di scappamento.
Immagine: Luca (Unsplash)