A dieci anni dal referendum sull’acqua pubblica, ospitiamo una riflessione di Federica Daga, parlamentare del Movimento 5 Stelle da anni attiva sul tema acqua.
Il 12 giugno di 10 anni fa andavamo a votare per il referendum, quello che passerà alla storia come referendum per l’acqua pubblica. La partecipazione fu del 54% degli elettori. Per me quella giornata è stata una tappa cardine di una battaglia iniziata qualche tempo prima e che porto avanti ancora oggi.
Mettere in prospettiva questo decennio è utile e necessario per chiederci a che punto siamo e cosa altro abbiamo ancora da fare sul tema acqua. Nel frattempo gli effetti del cambiamento climatico si sono acuiti e finalmente il tema delle risorse è entrato nell’agenda politica dei Paesi. Siamo all’inizio della transizione ecologica e abbiamo la possibilità di delineare la rotta del futuro per assicurare alle prossime generazioni l’accesso alla risorsa più preziosa.
Cosa è stato fatto in dieci anni per l'acqua pubblica
Il MoVimento 5 Stelle ha dedicato all’acqua la sua prima stella e ha spinto e lavorato affinché questo tema divenisse centrale. In democrazia si governa con una maggioranza e in questi anni di alleanze è cresciuta la consapevolezza, certamente amara, che la nostra visione sull’acqua non è condivisa da nessun altro partito dell’arco parlamentare. Ci siamo ritrovati da soli ma non per questo ci siamo arresi. Posso dire che ogni giorno della mia vita politica è stato speso e tutt’ora si spende affinché, con gli strumenti di cui disponiamo, si faccia qualcosa in più sul tema acqua.
Nella lista delle cose fatte c’è il Piano nazionale per il settore idrico che ha fatto sì che lo Stato ricominciasse a spendere per le infrastrutture. Poi il Fondo di garanzia per sostenere i gestori, specialmente i più piccoli, negli investimenti senza che i costi vadano a gravare in bolletta.
E poi la pandemia ci ha messo di fronte all’emergenza: abbiamo fatto in modo di sospendere ogni distacco per tutelare i più deboli e la salute pubblica. Poi ancora il tema depurazioni; vigiliamo sull’operato del Commissario e ora sulle risorse del Pnrr che dovrebbero finalmente portarci fuori da uno stato di infrazione esoso e non più prorogabile. E ancora, interventi mirati per i territori, l’ultimo sul Dl Semplificazioni affinché non venisse tolta a Comuni in particolare condizioni la possibilità di gestire l’acqua in autonomia.
Il sistema acqua
Lavorare sull’acqua significa lavorare su un sistema: abbiamo a che fare con vasi comunicanti, potremmo dire per restare in tema. L’uso potabile è solo un pezzo: c’è l’agricoltura, l’industria, c’è il grande tema della qualità delle acque che investe la nostra salute (pensiamo al caso Pfas in Veneto o all’arsenico nelle acque del viterbese). Ci sono le depurazioni ma anche il tema del riuso, parliamo tanto di circolarità e sull’acqua ci sono tante possibilità: basta pensare all’acqua che usiamo in casa, a come potremmo riutilizzarla o sprecarne meno.
Il periodo che con fatica ci stiamo lasciando alle spalle ci ha insegnato che tutto è legato, non c’è salute senza un ambiente sano e non c’è sviluppo collettivo se si lascia indietro qualcuno. L’acqua va guardata in un’ottica simile, è la risorsa che ci permette di sopravvivere ed è sempre più minacciata dal cambiamento climatico, dall’inquinamento e da una gestione che a volte ha come unico fine l’utile.
Verso un’Agenzia dell’Acqua
È da tempo che parlo di un’Agenzia dell’Acqua, un soggetto pubblico forte che possa fare da raccordo nella pianificazione dell’uso della risorsa.
Sono tanti i soggetti che si occupano di acqua, non solo tra i ministeri ma anche sui territori. Questa Agenzia a carattere pubblico sarebbe il tassello mancante per coordinare e raccordare le tante voci e competenze sull’idrico e per rendere efficaci e rapidi gli investimenti e concreta la missione del Next generation EU.
Avrebbe un ruolo forte di programmazione e pianificazione e realizzazione degli investimenti, sarebbe un punto di riferimento che resisterebbe a cambi di governo e fine delle legislature per operare una programmazione sul lungo periodo. Si tratta di un’idea condivisa da più parti, dai gestori al mondo dell’ambientalismo. Significa fare politica in modo concreto e pensando a un orizzonte temporale più ampio. Tutto questo lavoro viene dal referendum, dagli incontri e dalle energie che hanno portato a quella partecipata consultazione popolare. Negli anni la battaglia è cambiata, si è evoluta, si è scontrata con la realtà dei fatti e con la necessità di risolvere problematiche concrete, di seguire i territori con le loro esigenze. Abbiamo lavorato sull’acqua con gli strumenti a nostra disposizione, abbiamo ripetuto senza sosta il peso che l’acqua deve avere nell’agenda politica di un Paese, tanto più ora che il cambiamento climatico è in atto. C’è ancora molto da fare per rendere concreto e diffuso l’accesso all’acqua, un diritto imprescindibile, e noi siamo pronti.