La transizione verso un’economia circolare mondiale è sempre più radicata, ma non ancora sufficientemente rapida e capillare. Questa è la sintesi dei primi due giorni del World Circular Economy Forum (WCEF), summit internazionale per l’accelerazione dell’economia circolare, nato in Finlandia per volontà del fondo sovrano Sitra e oggi uno dei principali eventi internazionali sul tema.
Giunto alla sua settima edizione, dopo aver visitato il Giappone e il Rwanda, il WCEF torna in patria con un evento in presenza in pompa magna, tenutosi nelle sale del moderno centro congressi Messukeskus di Helsinki con un ricchissimo pannello di speaker.
Le sale conferenze sono gremite anche se non piene – circa 2000 le persone registrate, quasi il doppio online. Il club degli addetti ai lavori è ben rappresentato, dal World Economic Forum alle agenzie e organizzazioni delle Nazioni Unite, dalle banche di sviluppo multilaterale al mondo delle associazioni internazionali (come Circle Economy). Tantissime – ovviamente – le imprese e associazioni d’impresa finlandesi e nordiche (l’evento è pensato anche per sostenere il ruolo di leadership della Finlandia), meno ricco il parterre delle multinazionali, delle PMI, del mondo universitario, della finanza, più presente sul palco che nel pubblico.
Un grande evento, ma ancora di nicchia
La misura dell’impatto che ha oggi l’economia circolare, rigenerativa e low-carbon su quella lineare petrocapitalista la offre Emma Sairanen, coordinatrice del progetto per le soluzioni di sostenibilità presso Sitra, co-conduttrice della prima giornata di lavori. “La trasformazione non va abbastanza velocemente. Per farlo dobbiamo portare a bordo della transizione circolare una vera massa critica. C'è ancora molta resistenza da parte dei decisori e dei gruppi di interesse conservatori per grandi idee come pagare gli agricoltori per i servizi ecosistemici”. I numeri li presenta invece Andrea Liverani, specialty officer della Banca Mondiale. “Il gap odierno tra economia circolare e lineare è di 90mila miliardi di dollari. Ma ai ritmi di crescita attuali dei due modelli rispettivi di economia il divario rischia di crescere fino a 224mila miliardi”.
Dati che sembrano contrastare l’evidenza della vivacità del club degli entusiasti dell’economia circolare, accorsi in forze ad Helsinki, gruppo forte e nutrito come mai: se 10 anni fa era un numero sparuto di visionari, oggi al WCEF ci sono rappresentanti da quasi 140 Paesi, numerose figure di livello dei vari organi ONU, organizzazioni internazionali, esperti e divulgatori. Eppure questo evento, laboriosamente organizzato da Sitra e dal governo finlandese, riconosciuto dalla rete dei Circular Hotspot, dalle Nazioni Unite, dal mondo della finanza per lo sviluppo, ancora non porta ministri e CEO, banchieri e investitori di alto livello, amministratori ed esperti, a partecipare in massa. Rimane un evento di nicchia in cerca di un vero mainstream. L’assenza di giornalisti e televisioni ne è riprova.
Una svolta circolare troppo lenta
Le ragioni di questa lentezza verso la via circolare emergono qua e là nelle varie ed interessanti sessioni dell’evento. “Rimpiazzare l’economia lineare è complesso, dato che essa è fortemente sussidiata. Parliamo di sussidi che pesano il 2% del PIL mondiale”, commenta Liverani, intervenuto il secondo giorno. “In questo modo non c’è competizione con il modello lineare”. Per Steven Stone, vice direttore economico dell’UNEP, pesa l’assenza della finanza pubblica, dato che mancano risorse e persino “strategie di circular public procurement, che servono a creare fiducia”. Le reti non mancano, ma devono diventare più capillari e forti, continua Stone, mantra ripetuto in più sessioni. Fare squadra, rafforzare la simbiosi industriale, le partnership internazionali, i network, gli hotspot: tutti temi ripetuti più e più volte nelle sale del Messukeskus. Insomma manca un indirizzo politico internazionale condiviso portato avanti da governi e grande industria.
La lista delle soluzioni però è esaustiva: incentivi agli acquisti circolari, sistemi EPR, tassazione sull’intensità materica e non sul lavoro, informazioni per i consumatori, finanza dedicata, accordi commerciali basati sui principi di economia circolare, metriche, sostegno all’innovazione, nuovi modelli di business, piani locali, nazionali, regionali di sviluppo economico. Idee che arrivano dall’Europa, ma anche dal Cile, dal Vietnam, dal Sud Africa, dal Marocco. Assenti gli USA, visto anche che la settimana prossima si tiene Circularity2023 a Seattle.
Tra le mille note prese vale la pena sottolineare come si parli molto di commercio e di tariffe, a partire dai mercati internazionali della materia prima seconda e quello delle componenti per il remanufacturing o la rigenerazione. Secondo Becky Taylor, direttrice al business development di Caterpillar Inc, azienda che commercia globalmente oltre 8000 tipologie di parti derivanti da remanufacturing, è “fondamentale garantire la libera circolazione dei prodotti e dei materiali. In questo modo i Paesi che permettono la circolazione di elementi chiave per la circular economy potranno beneficiarne direttamente”. Per farlo però servono standard chiari e un piano internazionale di revisione degli accordi di commercio per favorire il circular e clean tech, rilancia Gael Grooby del World Customs Organization.
Il peso della finanza
Uno dei momenti più importanti del WCEF2023 è stato il primo incontro dei direttori dei settori “Ambiente” delle principali banche multilaterali di sviluppo (MDB) che hanno discusso per la prima volta tema dell'economia circolare nei loro piani di sviluppo. La Banca africana di sviluppo (AfDB), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), la Banca europea per gli investimenti (BEI), la Banca interamericana di sviluppo (IDB) e la Banca mondiale hanno riconosciuto l'importanza della transizione circolare nella lotta alla triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell'inquinamento. Una svolta importante ma che deve portare al tavolo i fondi privati. “Il mondo della finanza privata è fondamentale, senza non si possono raggiungere i risultati sperati, rendendo il mondo più esposto a rischi”, ha commentato Ambroise Fayolle, vicepresidente della BEI. Varie le priorità esposte: collegare la circolarità ai principali obiettivi ambientali e in particolare agli obiettivi dell'accordo di Parigi; migliorare e allineare i metodi di valutazione dell'impatto per gli investimenti nell'economia circolare; puntare ad aumentare la quota di progetti circolari ad alto impatto nelle pratiche di prestito e investimento; costruire competenze interne (MDB) ed esterne (partner di progetto) per impiegare l'economia circolare come strategia di sviluppo.
I prossimi obiettivi
I lavori si concluderanno venerdì. Sitra ha dato spazio a workshop e tavoli di lavoro organizzati da terze parti in varie sedi della città nei due giorni successivi e che sicuramente forniranno ulteriori informazioni sullo stato della circular economy globale. Intanto, il prossimo anno WCEF2024 si terrà a Bruxelles, avvicinandosi alla stanza dei bottoni. Sono attesi un rafforzamento delle partnership International Resource Panel (piattaforma nata sotto gli auspici dell’UNEP), il think tank Circle Economy (che si presenta oggi come un’alternativa alla EllenMacArthur Foundation) e United Nations Development Programme (UNDP). Buone notizie certo, ma la vera svolta sarà coinvolgere le associazioni internazionali dell’industria. Una sfida per gli ideatori del WCEF e forse una chiamata alle armi per tutti per alzare l’asticella dell’ambizione.
Immagine: Helsinki (Envato Elements)