Scarsi segnali di una transizione dell’UE verso un’economia circolare e impatti modesti di investimenti e politiche pubbliche, in particolare sulla progettazione circolare dei prodotti e processi produttivi. Sono queste le principali conclusioni della relazione pubblicata il 3 luglio dalla Corte dei conti europea.
Attraverso l’audit, la Corte ha inteso valutare se l’azione della Commissione fosse stata efficace nell’influenzare le attività di economia circolare negli Stati membri. La Corte si è quindi concentrata sulle azioni relative alla progettazione e alla produzione intraprese dalla Commissione a partire dal primo Piano d’azione del 2015.

Il contesto, i progressi e gli obiettivi (difficilmente realizzabili)

Per contribuire all’economia circolare, la Commissione europea ha preparato due piani d’azione: il primo, del 2014, conteneva 54 azioni specifiche, il secondo, del 2020, ha aggiunto 35 nuove azioni e fissato obiettivi che raddoppiano il tasso di circolarità, ossia la quota di materiale riciclato e reintrodotto nell’economia, per il 2030. Tali piani non erano vincolanti, ma miravano ad aiutare gli Stati membri ad aumentare le attività di economia circolare negli ultimi anni. Fino a giugno 2022, sottolineano gli auditor, quasi tutti i paesi dell’UE disponevano o stavano elaborando una strategia nazionale per l’economia circolare.

Complessivamente, l’UE ha compiuto progressi molto modesti nella transizione verso un’economia circolare. Tra il 2015 e il 2021, il tasso medio di circolarità per tutti gli Stati dell’UE-27 è aumentato soltanto di 0,4 punti percentuali. Sette di essi – Lituania, Svezia, Romania, Danimarca, Lussemburgo, Finlandia e Polonia – hanno addirittura fatto passi indietro. Gli auditor della Corte concludono pertanto che l’ambizione dell’UE di raddoppiare la percentuale di materiali riciclati e reintrodotti nell’economia entro il 2030 appare decisamente difficile da realizzare al punto che  “sarà come realizzare la quadratura del cerchio”.

Transizione circolare? L’importanza del monitoraggio

Secondo la Corte, il quadro della Commissione per monitorare la transizione dell’UE verso un'economia circolare non rilevava tutti gli aspetti essenziali. Mancava di indicatori specifici sulla progettazione circolare dei prodotti, la fase che determina la maggior parte dell’impatto ambientale. 
“Nel corso del nostro audit abbiamo notato e concordato con l'opinione di diversi stakeholder che il quadro di monitoraggio della Commissione manca di indicatori specifici sulla progettazione circolare dei prodotti, come spiegato nel paragrafo 31 della nostra relazione”, ha spiegato a Materia Rinnovabile Annemie Turtelboom, membro della Corte dei conti europea e responsabile della relazione di audit.

“Gli indicatori mancanti dovrebbero riguardare la transizione degli Stati membri europei per quanto riguarda la progettazione circolare dei prodotti. Per cogliere appieno i progressi e informare i decisori, il quadro di monitoraggio dovrebbe coprire tutte le fasi dell'economia circolare. Gli indicatori relativi alla progettazione circolare dei prodotti dovrebbero fornire informazioni sulla transizione dell'UE per quanto riguarda il mantenimento del valore dei prodotti per un periodo più lungo, ad esempio perché sono più durevoli, più facili da riparare, da rifabbricare o da riutilizzare e più facili da riciclare, producendo quindi più riciclo di alta qualità”.

Come migliorare la circolarità?

Tra il 2016 e il 2020 l’UE ha messo a disposizione ingenti finanziamenti, stanziando oltre 10 miliardi di euro per investire nell’innovazione verde ed aiutare le imprese ad essere all’avanguardia nella transizione verso l’economia circolare. Gli auditor della Corte hanno trovato scarse prove dell’efficacia di tali misure, il cui impatto si è rivelato solo modesto nell’aiutare le imprese a fabbricare prodotti più sicuri o ad accedere a tecnologie innovative che rendessero i processi produttivi più sostenibili. Gli auditor evidenziano anche il problema dell’obsolescenza programmata, la pratica di limitare artificialmente la vita utile di un prodotto per renderne necessaria la sostituzione. La Commissione europea ha concluso che non era fattibile rilevare l’obsolescenza programmata, ma che è chiaramente essenziale eliminarla per disporre di prodotti più sostenibili. Come migliorare, allora, la circolarità?

“Il tasso di utilizzo circolare dei materiali misura la quota di materiali recuperati e reimmessi nell'economia rispetto all'utilizzo complessivo dei materiali. Questo tasso è definito come il rapporto tra l'uso circolare dei materiali e l'uso complessivo – continua Turtelboom - L'aumento del tasso può essere ottenuto migliorando vari aspetti, ad esempio aumentando il tasso di riciclo o consentendo un maggiore utilizzo di quanto riciclato. Nel contesto del nostro audit, il primo potrebbe essere realizzato investendo nella progettazione di prodotti più circolari, più facili da riciclare, generando così più materie prime secondarie, senza impatto sulla loro qualità. Il secondo aspetto, cioè il maggiore utilizzo del riciclo, potrebbe essere raggiunto attraverso investimenti nella progettazione di prodotti più circolari che permettano la loro produzione utilizzando un maggior contenuto di materie prime secondarie. Ciò potrebbe inoltre richiedere investimenti nello sviluppo di processi produttivi avanzati che consentano un maggiore utilizzo di materie prime secondarie senza aumentare il tasso di scarti durante la produzione. Altrimenti (e questo al di fuori dell'ambito del nostro audit) l'aumento del tasso di circolarità nelle economie europee potrebbe essere ottenuto investendo nelle infrastrutture di riciclaggio e nelle relative tecnologie”.

Immagine: Envato Elements