Come possiamo implementare una vera economia circolare senza che le città siano attrezzate per rispondere con resilienza a stress e shock? Questo è un tema fondamentale di riflessione quando si discute del futuro delle città e in particolare di “città circolari”. Per saperne di più al riguardo siamo volati a Londra per visitare gli uffici del Progetto 100 Resilient Cities.
100 Resilient Cities (100RC) è stato creato nel 2013 dalla Rockefeller Foundation, nel centenario della fondazione. Nel dicembre dello stesso anno ha iniziato a lavorare con un primo gruppo di 32 città. Nel 2014 ha ricevuto più di 330 richieste da 94 paesi per il secondo turno e a dicembre ha annunciato i nomi delle 35 città scelte. Ora si stanno avvicinando a 100 città selezionate.
Per saperne di più incontriamo Lina Liakou, Regional Director dell’Ue, che supervisiona il lavoro di 100 Resilient Cities con città europee e mediorientali, in un luminoso ufficio non lontano dalla St. Pancras Station. Prima di entrare a far parte di 100RC, Lina è stata vicesindaco e funzionario capo per la resilienza della città di Salonicco, in Grecia. Da questa posizione istituzionale ha guidato lo sviluppo della Strategia di resilienza della città.
Le città associate
Seguendo procedure molto selettive (più di 1.000 adesioni), 100RC ha selezionato un primo gruppo di città nel dicembre del 2013, ha annunciato il secondo nel dicembre 2014 e il terzo a maggio del 2016
Come è partito il progetto 100RC?
“Nel 2013 la Rockefeller Foundation voleva festeggiare i 100 anni dalla sua fondazione facendo qualcosa che mettesse insieme le lezioni apprese da altri progetti. Il presidente della Rockefeller Foundation, Judith Rodin, ha proposto di dar vita a un’organizzazione che selezionasse 100 città in tutto il mondo e le aiutasse a sviluppare la loro resilienza. Questo avrebbe portato a un progresso nella pratica e nella discussione sulla resilienza. Inoltre, queste città sarebbero state un esempio per migliaia di città in tutto il mondo.”
Qual è la missione di 100 Resilient Cities?
“Il contributo fondamentale del progetto consiste nell’aiutare le città selezionate a nominare un funzionario capo per la resilienza (Chief Resilience Officer, Cro) all’interno del loro consiglio comunale: il suo ruolo è mettere in ordine le diverse priorità e rendere le città resilienti a shock e stress. Per prima cosa i Cro devono definire le priorità delle loro città e stabilire una strategia per la resilienza. Questa viene poi implementata grazie al contributo di soggetti provenienti da organizzazioni private e non-profit che aiutano le città a progredire. È importante non solo avere il sostegno pubblico, ma anche un ruolo per il settore privato che può sviluppare strumenti e servizi per la resilienza urbana. Questo permette una più rapida diffusione di questi strumenti.”
Come possiamo definire una città davvero resiliente, concetto considerato cruciale nella disposizione mentale necessaria per un’economia sostenibile e circolare?
“Noi definiamo la resilienza urbana in una maniera molto più ampia di come viene considerata di solito. Una città resiliente non è solo una città che sopravvive agli shock, ma è in realtà una città che si adatta e si sviluppa addirittura meglio, nonostante gli shock e gli stress. Per riuscirci è essenziale comprendere come gli stress sono collegati agli shock e viceversa: si tratta di un approccio davvero integrato. In passato ci concentravamo solo sul rischio di disastri o sulla resilienza. Abbiamo invece bisogno di una visione più ampia che colleghi il clima, le risorse naturali, il tessuto sociale e l’economia, e al tempo stesso dobbiamo avere pronti dei piani di azione efficaci contro gli shock.”
Cosa deve fare un Cro?
“Le città hanno bisogno di qualcuno con un mandato riguardante la resilienza. I Cro pensano in maniera integrata e orizzontale, e sono in grado di identificare chi, dall’interno o dall’esterno della città, li può aiutare a raggiungere i loro obiettivi. Applichiamo una metodologia che ci permette di comparare diverse città e diverse strategie. In questo modo possiamo imparare reciprocamente, unire i bisogni, raccogliere le lezioni apprese e passarle a tutti i Cro. La fondazione crea molte opportunità e spazi per l’apprendimento peer-to-peer a loro dedicati. La prima schiera di ‘eroi’ è riuscita a insegnare alla seconda e a ispirarla, e le lezioni apprese dalla seconda sono passate alla successiva. Abbiamo comunità di apprendimento, discussioni online o offline e eventi chiave per la divulgazione.”
Lei è stata Cro a Salonicco, in Grecia. Qual era il suo lavoro?
“Per prima cosa ho delineato una strategia per la resilienza come una narrativa olistica, definendo dove la città vuole andare nei prossimi 50 anni. Salonicco non aveva una strategia a lungo termine. Così l’ufficio del Cro ha creato un’unità che lavorava orizzontalmente collegando gli uffici della Pubblica Amministrazione con il settore non-profit, le comunità, il settore privato e l’università. Li abbiamo portati a discutere di come sarebbe dovuta apparire la città. Attraverso questo processo sono emersi molti nuovi temi e collegamenti a vari progetti. Abbiamo migliorato la fiducia nei mezzi pubblici e nelle metropolitane; abbiamo creato il progetto Strade sicure per le scuole; lavorato sullo sviluppo economico della baia in relazione alle previsioni meteorologiche per il Golfo Termaico. Quest’ultimo progetto è stato molto sistematico e siamo riusciti a ottenere risorse dalla European Investment Bank e dalla Banca mondiale. Ci hanno dato assistenza tecnica per progredire con le priorità contemplate dalla strategia. Abbiamo anche presentato, insieme ai soggetti coinvolti, il primo programma Horizon sulla resilienza.”
Come fa un Cro a stabilire una strategia per la resilienza?
“Ogni città ha le sue priorità. La resilienza per Milano può essere maggiormente collegata a come il clima si connette alla pianificazione urbana. A Parigi bisogna collegare i problemi sociali e l’integrazione con i progetti di adattamento al clima. Davvero, dipende.”
Quanto è importante rimodellare i budget cittadini per diventare resilienti?
“Parte del lavoro di un Cro consiste nel capire il budget e cercare di rendere resiliente il modo in cui la città pianifica le spese. Inoltre il Cro deve attirare finanziamenti dall’esterno: per esempio ci sono vari fondi dell’Ue che possono essere utilizzati per la resilienza urbana. Come ultima cosa, ma non meno importante, abbiamo creato un team specifico che lavorerà per la resilienza dei finanziamenti. Il team istruirà i Cro su come lavorare con le banche multilaterali e gli investitori generici per supportare la città nei suoi bisogni. Spesso i funzionari hanno i fondi, ma manca loro una serie di progetti oppure hanno progetti che non vengono finanziati. Dobbiamo colmare questi vuoti e aiutare le città a reperire risorse. Allo stesso modo dobbiamo aiutare gli investitori a comprendere il valore della resilienza e della pianificazione a lungo termine.”
Perché lavorare al livello delle città e non implementare semplicemente strategie nazionali?
“Bisogna lavorare sulle città. Il 21° secolo è il secolo delle città. Stress, shock, vulnerabilità e rischi sono in aumento nelle aree urbane.”
Quali macro-tendenze stanno emergendo nelle strategie per la resilienza?
“Specialmente in Europa l’economia circolare rappresenta una tendenza importante e in rapida espansione. È importantissimo cercare di reinventare il settore economico a causa della crisi finanziaria generalizzata che l’Europa sta attraversando e per l’impatto prodotto dall’economia industriale lineare sull’ambiente e sulla salute. L’economia circolare si collega alla resilienza in termini di importanza della gestione dei rifiuti e dell’acqua.
Globalmente, altre tendenze comprendono: 1) l’acqua sia in relazione alle inondazioni, sia al suo consumo, scarsità e qualità; 2) flussi di popolazione e cambi di popolazione nelle città (è fondamentale adattarsi ai diversi cambiamenti della popolazione sia in termini di bisogni che di numeri, adeguando le infrastrutture); 3) giovani e invecchiamento della popolazione: i primi come centro dello sviluppo economico e sociale, il secondo tema in termini di adattamento delle nostre città a una popolazione crescente di cittadini anziani.
Tutte le macro-tendenze devono essere collegate. Per esempio, abbiamo visto molti progetti che sono correlati al riutilizzo di spazi pubblici, progetti che collegano l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’aumento delle migrazioni, creando nello stesso tempo un ambiente sicuro per i bambini. Questo problema può essere affrontato con un approccio integrato. Che rappresenta il più importante tipo di pensiero che un Cro deve adottare.”
100 Resilient Cities, www.100resilientcities.org