Un’opera meritoria, quella portata avanti da Climalteranti. Perché la battaglia per limitare il riscaldamento globale è tutt’altro che vinta – anzi – ed è fondamentale che tutte le energie siano mobilitate per conquistare per le generazioni a venire un cambiamento climatico “limitato” e “mitigato”. Un’opera meritoria, a maggior ragione, in una stagione come questa che viviamo, caratterizzata dall’apparentemente inarrestabile avanzata delle bufale, delle fake news, dei “fatti alternativi” ribaditi con faccia di bronzo. Insomma, è una guerra di liberazione dalle panzane. Una guerra che va condotta con determinazione, e senza temere di farsi nemici importanti. Ovvero i grandi giornali, i telegiornali e le firme “autorevoli” che quando serve vengono spernacchiate e sberleffate come meritano.

Ma questo non è l’unico core business di Climalteranti, che a buon diritto può essere considerata una delle più autorevoli iniziative interdisciplinari dei climatologi italiani, e utilizza un sistema di peer-review per la pubblicazione degli interventi: un metodo basato sulla lettura da parte del suo comitato scientifico delle proposte di pubblicazione, che vengono valutate e modificate affinché siano accurate e leggibili. E si apre poi al dibattito con la possibilità di commenti da parte della Rete. Nella maggior parte dei post del sito Caserini & C. analizzano i dati sull’andamento della temperatura globale o dei ghiacciai o studiano i risultati delle conferenze sul clima. Ma spesso scoprono sui mezzi d’informazione piccole/grandi bufale e le distruggono. Come detto, ideatore e fondatore del sito è Stefano Caserini, ingegnere ambientale, titolare del corso di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, che da anni si occupa di ricerche nel campo dell’inquinamento dell’aria, degli inventari delle emissioni e della riduzione delle emissioni in atmosfera. E anche grazie alle tante assurdità smascherate, ha pubblicato diversi libri sul tema della comunicazione del problema dei cambiamenti climatici. Partendo dalla constatazione che nell’informazione sui cambiamenti climatici si assiste a una pericolosa biforcazione: da un lato, la quasi totalità degli scienziati concorda nell’individuare le attività umane quali principali responsabili dell’aumento di CO2; dall’altro sui media trovano spazio argomentazioni poco scientifiche che negano qualunque valore all’imponente mole di evidenze che si va accumulando.

Il meccanismo con cui i mistificatori cercano di difendere la legittimità di certe teorie senza valore è simile a quello esaminato in questi mesi parlando di bufale e fake news. Ci sono i complottisti che con maggiore o minore maniacalità asseriscono che “tutto quello che sapete è falso”. Ma di questi se ne troveranno pochi sui giornali. Sui media trovano spazio soprattutto tre categorie di negazionisti climatici: quelli che “ormai è troppo tardi”, secondo cui “che vuoi che sia qualche grado in più di temperatura, e comunque qualche soluzione la troveremo”; quelli che “comunque è troppo costoso”, i quali spiegano che non vale la pena di penalizzare certi comparti economici, col rischio di perdere posti di lavoro e pagare più tasse. Infine, e sono i più comuni, quelli che “bisogna essere imparziali”. Ovvero, coloro che in nome di una presunta par condicio mettono a confronto la tesi del riscaldamento globale di origine umana – su cui concorda il 99,7% della comunità scientifica – con tesi “alternative” senza alcun valore scientifico.

E succede di frequente. In passato ci è caduta qualche volta anche La Stampa, il mio giornale. Ancora troppo spesso ci cade il Corriere della Sera, che il 26 febbraio scorso ha pubblicato due pagine titolate “Credetemi, il clima non è surriscaldato”, citando dati sbagliati e argomentazioni folli. Se si fosse parlato con analoga surreale “imparzialità” di vaccini, o peggio ancora di olocausto, in redazione sarebbero successo un’iradiddio.

 

 

Climalteranti, www.climalteranti.it

Stefano Caserini ha pubblicato con Edizioni Ambiente: Il clima è (già) cambiato (2016), Guida alle leggende sul clima che cambia (2009) e A qualcuno piace caldo (2008).