La prima è che si può progettare una forma del dentro, mentre tradizionalmente si è sempre disegnato un fuori, perché se modello una struttura esteriore, poi come faccio a entravi dentro? Si potrebbe incollare dei pezzi, scelta orrenda in gioielleria. E poi con la stampante 3D si possono creare degli interni spettacolari, complicatissimi, e ciò dipende dal fatto che si procede a strati. Un esempio: una copia esatta del nostro pianeta, con dentro tutto, le montagne, i saraghi, i forni a microonde, sarebbe un’impresa del tutto impossibile, ma ad averci una bella stampantona grande, invece si potrebbe fare.
Sorge un problema: non sfuggirà di mano l’utilizzo delle stampanti? Perché con le grandi innovazioni, anche molto belle e utili, c’è poi sempre una direzione nella quale si scivola giù. Rifletto per esempio sulla possibilità – sono già stati fatti i primi esperimenti – di creare dei nidi per le api con tubi di celle avvolti su sé stessi. Ho visto delle realizzazioni. Spettacolari. Rispetto ai nidi normali la superfice interna è decuplicata, però, e diversificabile in mille modi, con la possibilità di creare una specie di gigantesco centro commerciale per api. Poiché la forma spesso crea la sostanza, non possiamo escludere che finiscano per vendercelo, il miele. Le api sono gente che sa organizzarsi e che in più occasioni ha già mostrato una sopravvenuta irritazione per questa attività di volare da fior in fiore.
Naturalmente qui prevedo:
1) che le api imparino a usare le stampanti 3D, ma questo è uno scenario evolutivo per il quale sono pronte da tempo;
2) l’entrata in campo di quei personaggi tipo i fuorilegge del west americano che presero a vendere i fucili winchester agli indiani, attività allora perseguita ma che, sul piano storico morale non è certo condannabile. In un prossimo futuro costoro procureranno alveari super frattali alle api, alle quali, del resto, quanto miele abbiamo prelevato noi, per secoli e secoli, senza dare niente in cambio?
Ci sono poi le talpe. La loro predisposizione all’uso delle stampanti 3D è culturalmente fisiologica. Solo che in questo caso può emergere una declinazione molto pericolosa delle stampanti. Le talpe, infatti, costruiscono gallerie sotterranee. Una porzione di queste gallerie si colloca a 20 o 30 centimetri al di sotto della superficie, ma è una porzione minima, mentre l’80% dei tunnel scende anche fino a 10 metri nel sottosuolo, come risultato di un lavoro faticosissimo perché dobbiamo ricordarci che tutta la terra scavata va rimossa. L’uso delle stampanti – che, va tenuto presente, in edilizia sta già producendo risultati interessanti – genera un rovesciamento costruttivo molto efficace. Le talpe potrebbero limitarsi a scavare terra, creando un vuoto nel quale mettere all’opera la stampante che, alimentata appunto dalla terra scavata, costruirebbe l’intera struttura cunicolare. Il problema è che le talpe non ci vedono e quindi, non avendo percezione della configurazione escheriana generata dalla stampante, perderebbero controllo sull’esecuzione del progetto. Nel sottosuolo, a questo punto, ci troveremmo con gigantesche strutture forate, molto fragili. Tenendo presente che la talpa è uno degli animali fra i più lontani dal pericolo di estinzione, lo scenario è quello di un pianeta che imploderebbe riducendo il suo raggio anche di un terzo e con una inevitabile espulsione di terriccio nello spazio. La massa del pianeta cambierebbe, non sarebbe più in grado di esercitare una attrazione gravitazionale sulla Luna e anche l’orbita intorno al Sole potrebbe subire una alterazione tale da mandarci a sbattere contro Marte. L’uso delle stampanti 3D, quindi, non può essere concesso a chiunque.