Finanziare l’economia circolare non è semplice. Finanziare una start-up nell’economia circolare è complicato. Finanziare una start-up che ha un modello di business circolare (product as a service) diventa quasi proibitivo. Eppure l’olandese Bundles sta sfruttando con successo la leva del crowdfunding nell’attesa di investitori dall’alto. Lavaggio dopo lavaggio, l’era del “prodotto come servizio” entra nelle case e si afferma nel mondo degli elettrodomestici.

“Wij houden van de toekomst”. “Amiamo il futuro”. È con questa frase e con una serie di magliette e tutine bianche stese ad asciugare al sole che si presenta Bundles, l’azienda olandese che offre abbonamenti per elettrodomestici di alta qualità. Tutto inizia nel 2003 in partnership con la Mìele, azienda di elettrodomestici tedesca, e con un prodotto di alta gamma che è offerto e consegnato direttamente a casa a fronte della sottoscrizione di un abbonamento mensile. In un minimo di tre e un massimo di cinque giorni la lavatrice, l’asciugatrice o la lavastoviglie richiesta è consegnata e installata nella casa dell’utente, pur rimanendo di proprietà di Bundles. Il cliente, che usufruisce di un servizio, ma non possiede l’elettrodomestico, paga in base al numero dei cicli di lavaggio e al pacchetto scelto al momento della sottoscrizione. 

Mantenere il possesso dell’elettrodomestico significa che Bundles si occupa della sua consegna, della sua installazione e anche della sua manutenzione fino a offrire servizi aggiuntivi come il rifornimento automatico di detersivi. Lasciare a Bundles la proprietà e la responsabilità degli elettrodomestici che entrano nelle case implica che i prodotti che vengono forniti devono essere di alta qualità e innovativi per offrire una migliore esperienza possibile agli utenti, ma anche usare meno energia, acqua e detersivi.

Oggi Bundles in Olanda ha raccolto 1.100 abbonamenti di cui circa 800 per le lavatrici, 250 per le asciugatrici e 50 per le lavastoviglie. I clienti attivi sono 870. Esiste, dunque, un effetto rete per i clienti: dopo aver provato un tipo di elettrodomestico come servizio, ne scelgono un secondo e magari un terzo.

Nella sola Olanda, annualmente oltre un milione di lavatrici, asciugatrici e lavastoviglie sono buttati via. Puntare su un’“economia della performance” e sull’efficienza significa che soltanto i migliori elettrodomestici sono utilizzati e riutilizzati. 

Sulla carta è un sistema che conviene. Non si paga il costo di un elettrodomestico che di solito smette di funzionare dopo qualche anno per obsolescenza programmata, si paga soltanto mensilmente per un prodotto, che seppur non si possiede, offre alte prestazioni e poche preoccupazioni visto che, grazie al software installato connesso all’elettrodomestico, Bundles sa quando l’apparecchio non funziona e invia l’assistenza a casa per le riparazioni. 

Naturalmente, a questo modello di “prodotto come servizio” sono associate alcune criticità riguardanti il possesso e la responsabilità degli elettrodomestici (a oggi entrambi in capo a Bundles) e il rischio di credito in un business model circolare che è ripagato mese dopo mese dai suoi utenti e non immediatamente a fronte come avviene negli acquisti tradizionali. 

Il finanziamento è sicuramente uno degli elementi cruciali per Bundles e per tutte le aziende impegnate in modelli di business circolari. Così, in attesa di raggiungere nuovi investitori e scalare, negli scorsi anni Bundles, nata nel 2003, si è finanziata dal basso. Al di là dei capitali investiti dal suo fondatore Marcel Peters, ex innovation manager per un’azienda di servizi energetici, e dal co-fondatore Wouter Buijze, Bundles ha portato avanti tre campagne di crowdfunding, tutte di successo, per un totale di 500.000 euro raccolti. Le campagne di marzo, giugno e settembre 2017 sono state ospitate sulla piattaforma olandese One Planet Crowd, dove i privati cittadini possono prestare capitali a partire da 250 euro all’azienda e/o alla campagna che ritengono di supportare. 

Il modello di crowdfunding ha, ovviamente, i suoi limiti nel finanziare il product as a service perché, invece, di pensare a nuovi investimenti, tutte le entrate sono usate per acquistare nuovi elettrodomestici e ripagare i prestiti. Al contrario i 600.000 euro raccolti da Bundles dagli investitori che hanno partecipato al primo equity round, chiuso dall’azienda agli inizi di dicembre, serviranno a espandere i servizi di Bundles a nuove applicazioni IoT, a sviluppare nuovi servizi e una migliore piattaforma software per gestire gli abbonamenti. 

 

 

Bundles, www.bundles.nl/en

One Planet Crowd, www.oneplanetcrowd.com

 


  

Intervista a Marcel Peters, fondatore e amministratore delegato di Bundles

di A. I. T.

 

Abbonarsi alla qualità 

 

Perché avete scelto il crowdfunding per finanziare il modello di prodotto come servizio?

“Perché è più semplice. Il ritorno su un investimento in crowdfunding è chiaro. Nelle campagne su One Planet Crowd gli investitori ricevono un ritorno garantito del 6% nei successivi 10 anni. Le partecipazioni azionarie (equity capital) nel caso di Bundles sono molto più complicate perché non si sa quale sarà il ritorno. Dipende altamente dalla redditività di Bundles nel futuro. Abbiamo scelto il crowdfunding anche perché così possiamo dimostrare di poter essere ancora più redditizi. Vogliamo ripagare il 6% di debiti e dimostrare che possiamo aumentare il ritorno sugli investimenti di questi abbonamenti. Il crowdfunding serve anche a dimostrare che il nostro modello di business è solido e a mostrare ai futuri azionisti che Bundles gioca e giocherà un ruolo significativo nella performance economy e che le quote di Bundles avranno valore in futuro.”

 

 

Qual è l’ostacolo principale per chi vuole investire in aziende circolari come Bundles?

“È cruciale l’incertezza di quanto valore può essere raccolto da Bundles in questo modello di ‘prodotto come servizio’. Chi investe in un modello di product as a service oggi non è tanto interessato a quanto sarà grande l’impatto del suo investimento. È più interessato ad avere un impatto positivo nel passaggio all’economia circolare, essendo attivo nel settore e rendendo la sua attività visibile ai clienti. Lo vede quasi come un investimento non commerciale. Se si chiede agli investitori commerciali, la velocità con cui un modello circolare scala l’investimento, comparata alla velocità con cui consuma soldi per far funzionare il modello, è semplicemente non abbastanza corretta. La transizione verso l’economia circolare ha bisogno di tempo. Fino a quando la transizione non cambierà davvero il passo sarà difficile stimare il valore potenziale che le aziende come Bundles possono creare per il futuro.” 

 

Qual è il rischio principale per Bundles in futuro?

“Il rischio è che grandi aziende come Electrolux o Miele decidano di fare tutto da sole, dopo aver imparato come funziona, e taglino Bundles fuori. Potenzialmente tutte le aziende che hanno capacità finanziarie, informatiche o di marketing, possono pensare di entrare nell’economia degli abbonamenti facendo a meno di Bundles. Dobbiamo dimostrare, in questi anni, che la combinazione di capacità in nostro possesso e l’effetto “rete” nell’offrire differenti abbonamenti e prodotti attraverso un unico canale crea una differente e migliore esperienza per i clienti. Il fatto che i clienti non debbano sottoscrivere dieci diversi abbonamenti con dieci differenti fornitori è, alla fine, il modo che rende Bundles un bene prezioso. Oggi brandizzare gli elettrodomestici che portiamo nelle case ci fa conoscere e riconoscere dalle persone. Si tratta di un elemento chiave per cercare di raggiungere una posizione di vantaggio in futuro.”

 

 

Qual è il prossimo passo per Bundles?

“Quando avremo risolto il problema della scalabilità e avremo la fiducia dei clienti nell’offrire un buon servizio inizierà davvero la competizione. Una volta trovato come far funzionare il modello, tanti, che magari oggi hanno un legame o una partnership con Bundles, cercheranno di entrare nel mercato. Tuttavia se il mercato diventa ampio abbastanza questo non sarà un problema perché ci sarà spazio per tutti. Nel futuro non voglio vendere cicli di lavaggio con Bundles, ma voglio vendere il software, voglio vendere un brand di product as a service. Vendendo il software e scalando potremo costruire qualcosa di unico. Dando il software in licenza a livello internazionale, altri potranno creare un’azienda migliore, adeguata alle necessità dei singoli territori e delle singole culture e si potrà avere una situazione win-win.”

 

Le banche sono interessate al modello circolare?

“Certamente sono interessate, ma le banche non sono investitori privati, hanno criteri molto rigidi in termini di rischi che possono assumersi. Se il rimborso di un prestito dipende dalla stabilità dell’azienda, non possono assumersi il rischio di un’azienda che ha un elevato consumo di cassa. Con il crowdfunding e gli investitori è diverso, essi vogliono e possono dare agli imprenditori l’opportunità di dimostrare che ce la possono fare. 

Al momento ING e Intesa San Paolo sono probabilmente le banche più concrete perché conoscono tutto a proposito di pagamenti e gestione di credito. Tuttavia non possono, a mio avviso, lanciarsi da sole nell’economia delle sottoscrizioni perché, anche se possono finanziare gli elettrodomestici e costruire il software per incassare correttamente soldi, queste non sono le due uniche cose necessarie per entrare nella performance economy. 

Le banche potrebbero assumersi una parte del rischio in cambio di un interesse prefissato. Così Bundles potrebbe dividere il rischio con le banche, o la stessa cosa potrebbe avvenire con un’azienda di trasporti o di detergenti. 

Ma, in fondo, le aziende manifatturiere o le banche non vogliono avere la responsabilità degli utenti quando l’abbonamento è cancellato o quando i clienti hanno domande tecniche sugli elettrodomestici. Oggi i clienti si rivolgono a Bundles per qualsiasi dubbio, non chiamano la banca per sapere qualche bottone premere per lavare un vestito rosso. 

In futuro si potrebbe pensare ad una joint venture creata da Bundles e alcuni partner come, per esempio, Electrolux. Una volta che i contratti tra i partner e i rischi sono ben strutturati, credo sarà abbastanza facile scalare e far crescere il modello in altri Paesi.”

 

Come possono, allora, le banche aiutare a finanziare il modello di business circolare e contribuire alla transizione verso il modello di “prodotto come servizio”?

“Le banche potrebbero non pensare da banche. Dovrebbero essere i guardiani del flusso di cassa e dei rischi di liquidità dell’azienda. Una banca è brava a valutare e strutturare rischi, mentre nel modello di product as a service non è molto chiaro chi si assume il rischio. Agli imprenditori e agli investitori piace assumersi rischi, ma non piace non sapere quanto è grande il rischio. Qui le banche possono aiutare. Possono strutturare il rischio in un modo che sia chiaro a tutti qual è la perdita massima e qual è il guadagno massimo, quali sono le criticità. Questo può essere un ruolo per le banche. 

La questione è, però, capire quanto pagare una banca per questo servizio. Non ho mai visto una banca finora aiutare, senza fornire il capitale, le aziende a strutturare il rischio in un modo che i costi del capitale per Bundles, e per le altre aziende con un modello in abbonamento, diminuiscano. Si potrebbe creare un’azienda separata dalla banca stessa, una società con un board diverso che assuma come consulenti gli esperti della banca, i quali non devono analizzare la richiesta di credito di un cliente, ma mettersi nei panni di chi ha un’azienda con un modello di product as a service, aiutando a strutturare il rischio e a capire quali sono e come possono essere mitigati i rischi. L’azienda a questo punto potrebbe andare dalle banche offrendo loro un prodotto finanziabile con un rischio strutturato. Le banche possono così decidere se investire i risparmi dei propri clienti in aziende con un modello di abbonamento dove il rischio è definito e spostare soldi verso l’economia circolare. Tutto ciò, al momento, non è possibile perché i rischi nell’economia circolare non sono strutturati e chiari.”