L’era i cui principali segni tangibili sono l’estinzione di massa di piante e animali, lo scioglimento dei ghiacci, i miliardi di fuochi che scaricano anidride carbonica nell’atmosfera, e soprattutto la diffusione straordinaria e incontrollabile in tutti gli ambienti di una materia non esistente in natura, ma oggi ritrovata anche all’interno di organismi viventi: la plastica. E proprio della presenza della plastica nei mari parla “A Plastic Ocean”, un documentario realizzato da un team di ambientalisti, esperti e scienziati che per quattro anni hanno lavorato per raccontare come 50 anni di inquinamento da plastica hanno cambiato gli oceani.
Per poter vedere “A Plastic Ocean” al cinema o in televisione bisognerà attendere ancora un poco. Ma c’è davvero da sperare che il documentario sia visibile presto, perché il giornalista e regista britannico Craig Leeson, insieme alla produttrice Jo Ruxton e la campionessa di immersione in apnea Tanya Streeter – con la partecipazione di personaggi leggendari, come il celebre naturalista e documentarista Sir David Attenborough e la ricercatrice Sylvia Earle – riescono – usando la forza e la potenza delle immagini – a gettare una luce chiara su un fenomeno tanto preoccupante, semplificando informazioni scientifiche complesse. Visitando dozzine di siti, dai fondali del Mediterraneo alle costa delle Bermuda fino alla remotissima Lord Howe Island nel Mar di Tasmania, letteralmente non si riesce a sfuggire alla piaga della plastica. E se a Lord Howe Island, a 600 chilometri al largo dell’Australia, si trovano tanti uccelli morti di fame, ma con lo stomaco pieno di pezzetti di plastica, a Tuvalu – sempre nel bel mezzo del Pacifico, un atollo che non dispone né di discariche né di sistemi di riciclaggio o di esportazione della plastica – le persone sono costrette a gettare dove possono questi materiali, o a tentare di bruciarli in modo disorganizzato, generando dense nubi di fumo nero cariche di sostanze tossiche e cancerogene.
Come spiega Leeson, “il messaggio di questo film è che a tutti noi, dappertutto, è stato spiegato un concetto rivelatosi totalmente falso: che potevamo usare liberamente la plastica, gettarla via, e a quel punto sarebbe rimasta via per sempre. Con il documentario vogliamo che sia chiaro a tutti che questo via non esiste affatto”.
Ogni anno – infatti – almeno 8 milioni di tonnellate di plastica entrano a far parte dell’ambiente marino. E se nelle aree oceaniche dove si concentrano i rifiuti – che formano le cosiddette “isole” – si arriva a contare anche 750.000 pezzettini di materiale plastico per chilometro quadrato, nel corso delle varie peregrinazioni in giro per il mondo della troupe, dalle Hawaii all’Artico, non si è mai riusciti a scendere sotto la soglia di 20.000 micropezzetti di plastica per chilometro quadrato. Questo significa che ormai zone davvero incontaminate dalla plastica non ce ne sono più.
Questa rubrica sulla presenza dei temi dell’ambiente, della sostenibilità e dell’economia circolare sui media amerebbe tanto poter rappresentare a ogni puntata delle storie positive. Stavolta però non possiamo non stigmatizzare due decisioni prese dalla Rai nel giro di poche settimane. Decisioni sorprendenti. Anzi preoccupanti, considerando che stiamo parlando dell’emittente pubblica sostenuta (obbligatoriamente) dal canone dei cittadini, e che proprio per queste ragioni dovrebbe avere la forza di parlare di questioni (a volte) complesse come quelle dell’ambiente. Ebbene, prima si è appreso della cancellazione dal palinsesto di Rai3 di “Scala Mercalli”, il programma condotto da Luca Mercalli che nelle prime due edizioni ha trattato con grande efficacia il tema del cambiamento climatico e delle sue conseguenze. “Scala Mercalli” aveva certo sollevato polemiche. E del resto questo – informare e far discutere – è il compito dei giornalisti, a maggior ragione quando si ha l’onere e l’onore di essere l’unica trasmissione che tratta in modo specifico di quella che è riconosciuta come la principale emergenza del nostro pianeta, ovvero il climate change. Ebbene, solo qualche giorno dopo si è appreso della cancellazione dai palinsesti del Tgr di “Ambiente Italia”, condotto da Beppe Rovera. Un programma che andava in onda dal 1990, dallo stile pacato, una voce semplice e comprensibile. È questa la Rai del nuovo corso? Una televisione pubblica che cancella l’ambiente?
Film “A Plastic Ocean” , www.plasticoceans.org/film/