Il 15 aprile 2019 divampano le fiamme nella cattedrale di Notre-Dame de Paris. In poche ore, la volta, la guglia ottocentesca, e l’intera carpenteria medievale che da otto secoli sorreggeva il tetto dell'edificio, bruciano. Capolavoro dell'architettura e della falegnameria medievale, questa struttura di legno veniva chiamata “la foresta”, in ragione delle 1300 querce che furono necessarie alla sua costruzione e del suo aspetto intricato, la cui estetica ricordava i rami intrecciati di un bosco. Un capolavoro unico di architettura, che per molti va ricostruito. Ci si inizia a chiedere: come poter ridare vita a Notre-Dame? Fioriscono le ipotesi più stravaganti: cemento armato, piombo, acciaio e vetro. Fortunatamente si comincia a delineare una serie di soluzioni sostenibili che ricalchino la struttura tradizionale, che verranno cancerizzate non prima del 2021 quando saranno completate le operazioni di messa in sicurezza. Centrale sarà l'infrastruttura del tetto collassato, proprio partendo quindi dalla "foresta" prima di passare alla ricostruzione della della flèche, la grande guglia posta sopra l’incrocio fra transetto e navata centrale (cuore dalla pianta a croce, simbolo degli edifici cristiani), collassata a causa delle fiamme.
Il 9 Luglio 2020 la Commission Nationale du Patrimoine et de l’Architecture ha convalidato il principio di un restauro identico all'originale, a gran danno dei supporter del cemento e del ferro. Una decisione applaudita da Emmanuel Macron e da una parte del mondo dell'architettura, in particolare da Philippe Villeneuve, il capo architetto della cattedrale, dopo aver criticato duramente le opzioni moderniste.
La struttura medievale sarà riedificata in legno, impiegando un approccio di carpenteria assolutamente tradizionale, possibilmente usando rovere proveniente da foreste locali, e invece di complessi macchinari un cantiere di restauro ad una tecnologia a basso impatto ambientale, basato su processi tradizionali, riducendo così il numero di macchine e la quantità di legno impiegata. Insomma riprendendo principi di economia edile quando tutto era ancora circolare, non si sprecavano risorse, e l'ingegno sostituiva la tecnologia.
Il tentativo di convincere i francesi è guidato da François Calame, etnologo e fondatore dell'associazione Charpentiers sans frontières, che ha realizzato gratuitamente una replica dell'infrastruttura al fine di dimostrare – ad un opinione pubblica estremamente scettica – che in Francia persistono le risorse umane e le materie prime per riedificare il capolavoro perduto. Una squadra di 25 carpentieri ricostruirà la settima capriata, quella che avrebbe subito meno modifiche nel corso del tempo, utilizzando le tecniche di carpenteria in uso nel XIII secolo, grazie al rovere generosamente donato dall’Office National des Forêts e da France Bois Forêt, istituzioni che gestiscono rispettivamente le foreste pubbliche e private del territorio francese.
Insieme ai carpentieri e agli esperti forestali, F. Calame ha percorso in lungo e in largo Francia settentrionale al fine di reperire querce dal fusto alto, dritto, sottile e privo di rami su molti metri, le cui misure corrispondano a quelle delle travi della capriata, la cui forma e dimensioni sono state preservate grazie all'uso di uno scanner 3D antecedente all’incendio, cercando però di rimanere il più vicino possibile a Parigi.
Febbraio 2020, nella foresta avvolta da una fitta nebbia invernale, i carpentieri iniziano il taglio delle nove querce selezionate. "Nel Medioevo e per tutta l'era preindustriale, i carpentieri lavoravano con un’ economia e mezzi efficienti: gli alberi erano abbattuti e trasformati con l'utilizzo di sole asce e seghe manovrate con maestria. Il legno era tagliato verde, quindi ancora tenero, immediatamente dopo essere stato raccolto in una foresta prossima all’edificio. Il trasporto risultava cosi agevolato e il peso diminuito, avendo già eliminato la corteccia e il legno in eccedenza. Il diametro dei tronchi era scelto in adeguazione alle dimensioni delle travi da realizzare, al fine di limitare la quantità di materia da purgare all' ascia, oltre che di ridurre il tempo e la fatica del lavoro” racconta Leonard Rousseau, responsabile della resa estetica delle travi, durante la procedura di taglio, con la sua voce avvolta dal battito delle asce sui tronchi e dal respiro trafelato dei carpentieri.
A fine luglio è partito il cantiere per la ricostruzione della capriata, che si svolgerà nel giardino del castello di Mesnil Geoffroy, in Normandia. Terminata la squadratura di tutti gli elementi costituenti, la capriata sarà assemblata al suolo e sollevata attraverso un sistema di pulegge che, moltiplicando le forze, permetterà ai 25 carpentieri di sollevare a mano 2 tonnellate e mezzo.
L’elevazione della capriata, dalle dimensioni e dal peso eccezionali, è la scommessa di questa affiatata squadra di carpentieri : “Le cattedrali sono il simbolo di quelle prodezze architettoniche che l'uomo ha realizzato in passato, e che non saprebbe più ripetere al giorno d'oggi. Certo, l'uomo si è evoluto ma non ha perso nulla della sua intelligenza e della sua capacità di lavorare in gruppo. Durante questa settimana, idee prodigiose sono nate da una persona durante la preparazione, da un'altra durante l'assemblaggio. Questa capacità sociale di lavorare insieme, di compiere grandi cose facendo appello al genio umano, utilizzando utensili semplici ed abbordabili piuttosto che sofisticati e costosi, è ciò che difendiamo attraverso il nostro lavoro manuale” racconta Florian Carpentier, supervisore del cantiere e responsabile del sollevamento.
L'intero cantiere di realizzazione della capriata è stato realizzato attraverso utensili estremamente rudimentari, fabbricati e forgiati artigianalmente, ciò che rende questi carpentieri completamente indipendenti dalla logica industriale : “Il legno che lavoriamo è massiccio. Anziché acquistarlo da un fornitore che lo ha qualificato secondo i parametri normalizzati imposti dalla macchina, ci rendiamo personalmente in foresta per scegliere ed abbattere gli esemplari in adeguazione al lavoro da compiere. Attraverso la squadratura a mano, siamo capaci di utilizzare dei tronchi che l’industria non potrebbe sfruttare nemmeno per produrre trucioli destinati al riscaldamento, perché non corrispondenti alle misure standard richieste”, precisa Florian.
La lavorazione del legno in foresta subito dopo l’abbattimento permette infine di eliminare i problemi di stoccaggio e l’intero processo di essiccamento. Evidentemente questo implica la capacità del carpentiere di anticipare i movimenti di dilatazione del legno ancora verde, oltre che il rischio dell’insorgere di muffe, ma la riduzione dell’impronta carbone del prodotto finito è davvero notevole. Come lo ricorda Calame, oltre alle condizioni naturali favorevoli alla crescita dei querceti, in Francia l'arte della silvicoltura si è sviluppata in maniera assolutamente originale. Già durante la monarchia medievale – ben prima dell’intervento di Colbert che riformò le usanze forestali - alcune foreste erano preservate con alberi ad alto fusto.
Il prossimo anno dunque, se le operazioni di rimozione dell'impalcatura e dei detriti avranno successo, inizieranno i restauri veri e propri. Rimangono tanti dubbi sulla pietra da scegliere per la ricostruzione, dato che molte cave usate quasi 800 anni or sono non esistono più e la riproduzione dell'impalcatura potrebbe essere estremamente complicata, nonostante gli sforzi dei carpentieri. La speranza però è che si possano riscoprire tecniche dimenticate, che hanno saputo costruire edifici estremamente durevoli, salubri e efficienti, come spesso nemmeno le architetture più moderne e hi.tech. Dimostrando che non sempre la tecnologia raggiunge i risultati sperati, mentre l'ingegno e l'architettura vernacolare possono dimostrarsi grandi alleati per ripensare il modo con cui costruiamo case, edifici, cattedrali.