Meglio della Germania. Oltre San Francisco. Un progetto che attira schiere di amministratori e tecnici per essere studiato e analizzato. Un vanto per l’Italia. Il soggetto di tanta attenzione è il programma di raccolta di rifiuti organici della città di Milano. Inaugurato nel 2012, oggi è il sistema di raccolta di scarti organici, sia da famiglie sia da esercizi privati (ristoranti, mense ecc.), più efficiente e sostenibile al mondo. Da fanalino di coda delle grandi città europee Milano è diventata la campionessa in meno di due anni. Se nel 2012, infatti, si raccoglieva meno di 30 kg di rifiuto umido per abitante/anno, nel 2013 si sono raggiunti i 56 kg e nel 2014 la cifra dovrebbe sorpassare i 95 kg per abitante/anno. Una quantità non secondaria, più di 120.000 tonnellate di rifiuto organico annue. Più di ogni altra città al mondo con oltre un milione di abitanti.

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La comunicazione al cuore del progetto: informazioni dettagliate nei kit per la raccolta dell’organico, spiegazioni semplici ed efficaci per incentivare il cittadino.

L’urgenza di affrontare la questione del rifiuto organico è ben riassunta dal guru dell’economia sostenibile, Lester Brown, autore di Piano B 4.0 intervistato dall’autore. “La geografia dei nutrienti del suolo sta mutando. I campi si impoveriscono sempre di più di sostanze quali potassio, fosfato, nitrati che, assorbite dai prodotti ortofrutticoli, si riversano e si concentrano nelle città, finendo infine negli scarichi, alterando gli equilibri di fiumi e mari. Questo è un ciclo che deve essere interrotto”.

Secondo Walter Ganapini, ex-assessore all’Ambiente di Milano, “il compostaggio del rifiuto organico può essere strategico per arricchire il suolo italiano”. L’Italia, anche nella fertile Pianura Padana, ha un tenore di sostanza organica dei suoli assai debole: non supera il 3%. In Francia, per avere un termine di paragone, è il 6%. Quindi la redistribuzione di materiale organico non artificiale è fondamentale.

“Inoltre bisogna aggiungere la questione rilevante del cambiamento climatico”, spiega ancora Ganapini. “Il rifiuto organico, infatti, se non correttamente gestito, comporta un contributo rilevante in termini di gas climalteranti”. Secondo il ricercatore dell’Università Statale di Milano Davide Figliuolo, il compost da frazione organica di rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata (in termini tecnici Forsu) è in grado di intrappolare direttamente 17,6 kg di CO2 per tonnellata. Se si valutano anche le emissioni mancate, derivate dal non utilizzo di fertilizzanti chimici e della torba come strutturante, il totale di CO2 non-emessa sale a 65,3 kg per ogni tonnellata di rifiuto umido gestita.

L’adesione a progetti di gestione della Forsu come quello di Milano dunque può diventare facilmente una strategia conservativa per ogni centro abitato. Oltre che compost infatti dalla frazione organica si può generare energia a partire dalla digestione anaerobica e dalla produzione di biogas. L’organico, che rappresenta un terzo dei rifiuti delle città del Settentrione, può diventare un vero e proprio asset urbano. “A patto che sia realizzato con attenzione e sappia generare i risultati sperati”.

Questo processo a Milano è una realtà. Il 90% dei milanesi, secondo un’indagine Ispo, dichiara di apprezzare il progetto, mentre solo una esigua minoranza lo ritiene inutile. Segno che la Forsu è entrata nell’immaginario popolare cittadino. E che il Comune e gli enti coinvolti come l’Amsa (Azienda milanese servizi ambientali) e la Novamont, l’azienda che ha aperto la prima bioraffineria in Italia, hanno saputo lavorare con grande professionalità. Vediamo ora come.


\"\"Intervista a Pierfrancesco Maran

Pierfrancesco Maran, assessore all’Ambiente e Mobilità del Comune di Milano, uno degli amministratori che più ha voluto la raccolta della Forsu, ha incontrato Materia Rinnovabile per raccontare il ruolo della PA in questo progetto.

Il modello Milano

Come è nata l’idea di reintrodurre la raccolta dell’organico a Milano? C’è stata opposizione inizialmente?

Potenziare la raccolta differenziata e reintrodurre la raccolta dell’organico era un punto importante tra le tematiche ambientali del programma elettorale di Giuliano Pisapia. Non si può parlare di politiche ambientali in un Comune se non si effettua la raccolta dell’umido che porta a una riduzione drastica della raccolta dei rifiuti. Non c’è stata alcuna opposizione. Milano aveva già effettuato la raccolta dell’umido anni fa, e poi, purtroppo, era stata tolta, quindi i milanesi erano già “abituati” all’idea di raccogliere l’umido separatamente.

La raccolta dell’organico costa: quali sono i vantaggi per i cittadini economici , ambientali e sociali?

Premesso che la raccolta differenziata dei rifiuti riciclabili è prevista da normative nazionali ed europee, i vantaggi della raccolta dell’umido per i cittadini sono soprattutto di tipo ambientale: l’organico, infatti, non finisce al termovalorizzatore per l’incenerimento (ormai nessun rifiuto di Milano finisce in discarica), ma viene trattato in modo tale da ricavarne compost utilizzabile in agricoltura ed energia derivante dalla produzione di biogas.

Quale è stato il ruolo del municipio nel successo di questo progetto, considerato uno dei migliori in Ue? Quali sono stati i plus di avere partner privati come Novamont?

La volontà e la visione politica della giunta Pisapia è stata determinante per potenziare la raccolta differenziata e il sostegno operativo ed economico dei partner privati è stato fondamentale per realizzare il progetto complessivo. Il frutto di questa collaborazione è stato una rivoluzione culturale, importantissima.

Quanto è stato importante trovare un sistema che spiegasse la raccolta agli italiani e agli immigrati?

La comunicazione in nove lingue straniere è fondamentale in una città multietnica come Milano. Qui molti cittadini stranieri lavorano nel settore delle pulizie e della guardiania. Mentre la diffusione dell’app PULIamo è uno strumento utile per raggiungere giovani, gli studenti fuori sede, che magari arrivano da Comuni dove la raccolta differenziata non è diffusa, o altri tipi di soggetti poco avvezzi a queste pratiche.

Voi state promuovendo il modello Milano in altri municipi italiani?

In tutta Italia ci sono molti piccoli Comuni virtuosi nella raccolta differenziata ma il modello Milano è guardato con interesse dalle altre grandi città. Siamo particolarmente orgogliosi perché riceviamo spesso le delegazioni di grandi città straniere (Parigi, Londra, Shangai, Berlino, San Pietroburgo, San Francisco, Barcellona, Oporto) interessate a conoscere il nostro modello di raccolta differenziata “porta a porta”, in particolare proprio per l’organico.

Vedremo progetti di compostaggio urbano come quello sperimentale alla Cascina Cuccagna dello scorso anno? Esistono progetti magari già in atto in questo senso con orti urbani?

Sì, certamente. Esistono diversi progetti in atto e in fase di avvio, molti dei quali, per esempio nelle scuole. La città si sta adattando molto bene a questo nuovo stile di vita. Non solo nelle case, ma anche negli uffici, nei luoghi pubblici, nei locali la raccolta differenziata si diffonde di giorno in giorno.


Una storia di scarti

Milano aveva già avviato a metà degli anni ’90 un progetto di sperimentazione sulla raccolta della Forsu. Ma nel 1999 viene sospeso poiché la qualità del rifiuto conferito è di qualità scarsa. Si preferisce incentivare il rifiuto di origine commerciale (mense, ristoranti ecc.). “Il sistema era decollato nella zona di Bonola”, spiega Ganapini, che in quegli anni lavora a Milano per gestire l’emergenza rifiuti del 1995. “Ma la giunta Albertini fece un errore colossale decidendo di chiudere prematuramente la raccolta dell’umido. Creò così le condizioni che portarono a tutti gli sforamenti di Milano delle direttive Ue sui rifiuti. E forse l’errore più grave fu la chiusura dell’impianto modello di compostaggio di Muggiano, nel 2005, voluta dall’amministrazione di Letizia Moratti”, sindaco di Milano e famosa per la promozione a tutto campo degli inceneritori, incluso il contestato impianto campano di Acerra.

Nel 2011 con l’elezione del nuovo sindaco di Milano, Giuliano Piasapia, forte di una campagna elettorale giocata anche sui temi ambientali (rifiuti, ciclabili, parchi urbani, lotta all’inquinamento), ritorna la volontà di riattivare la raccolta dei rifiuti organici, anche grazie all’impegno dell’assessore all’Ambiente e Mobilità Pierfrancesco Maran.

“C’è stata una convergenza di interessi immediata tra Amsa e Comune che, a inizio 2012, ha portato all’attivazione del progetto in quattro step, suddividendo la città in altrettante aree per procedere per tentativi, testando e verificando la fattibilità del processo”, spiega Paola Petrone, presidente di Amsa, intervistata da Materia Rinnovabile. Il processo procede rapido e senza intoppi, zona dopo zona. La raccolta dell’umido nella zona nord-ovest, l’ultima a essere coperta, ha inizio il 30 giugno 2014 raggiungendo il 100% del territorio del Comune di Milano. Un risultato che molti non pensavano fosse possibile.

Meccanica di un progetto

Alla base della rapida implementazione della raccolta della Forsu risiede un mix accurato di capacità gestionale e di visione strategica di insieme. Secondo Enzo Favoino, professore della Scuola Agraria del Parco di Monza e uno dei tecnici che ha seguito la realizzazione del progetto, “la logistica in questo tipo di progetti è fondamentale. A questo scopo si è svolto uno studio preliminare al fine di ottimizzare la raccolta individuando quali strategie adottare e come predisporre i materiali (secchi e bidoni), con un censimento onnicomprensivo del territorio svolto da Amsa per mappare l’esistente e rilevare ogni possibile problematica”.

Amsa ha colto l’opportunità per implementare la propria mappatura dei centri raccolta andando casa per casa, civico per civico, a decidere dove si poteva inserire il contenitore, valutando gli spazi condominiali, suggerendo soluzioni nei condomini più angusti. Ben 55.000 centri raccolta sono stati censiti e classificati nel sistema gestionale della compagnia. “Un lavoro immenso”, spiega soddisfatta Paola Petrone. “In alcuni casi abbiamo dovuto chiedere ai condomini vicini di realizzare spazi di raccolta ad hoc oppure abbiamo realizzato delle casette per il conferimento”.

Per Favoino accanto allo studio del contesto di raccolta è stato fondamentale lavorare su una strategia di raccolta porta-a-porta che massimizzasse il comfort del cittadino e considerasse le richieste di portinerie e società di manutenzione dei condomini.

Micro compostazione e filiera corta

A Milano esistono numerose esperienze urbane di micro-riciclo dell’umido. La più interessante è quella sperimentata da Cascina Cuccagna nel giugno 2013 per sei mesi. La Cascina rientra già nella porzione di territorio coperta dalla raccolta porta a porta dell’umido di Amsa. Tuttavia il consorzio, guidato da Andrea Di Stefano, ha avuto un’idea per testare un modello di produzione di compost a chilometro zero e mostrare ai cittadini i “frutti” della raccolta dell’umido: creare un compostatore per produrre un fertilizzante da impiegare nell’orto della cascina stessa e dei cittadini del quartiere, per orti urbani, giardini e balconi della zona.

La Cooperativa Erica ha dunque installato un prototipo di “compostiera di comunità” che per sei mesi ha “digerito” 2,6 tonnellate complessive di rifiuto organico (in gran parte versati dal ristorante del gruppo Esterni “Un posto a Milano”), trasformandoli attraverso le camere di fermentazione e di stabilizzazione in compost sostenibile. In questo modo i cittadini hanno potuto osservare come l’organico inserito nella compostiera viene triturato e miscelato con uno strutturante secco (pellet) per poi essere depositato in una camera dove ha inizio il processo di fermentazione, accelerato dalla presenza di materiale già in fermentazione. Quaranta giorni di “affinamento” e poi, voilà, il prodotto è pronto all’uso.

In sei mesi Cascina Cuccagna ha trasformato in proprio 2,6 tonnellate di umido, ottenendo da 100 kg di umido 40 kg di compost ogni 3/4 settimane. Un buon esempio di compostiera che associazioni di cittadini, gruppi di orti urbani e altre realtà “agricole-urbane” possono mettere in atto con una spesa minima: una vera e propria filiera corta dei rifiuti.

Comunicare per riciclare

“Sebbene l’intero progetto sia stato accuratamente studiato, possiamo affermare che la comunicazione è stata la chiave del successo”. Ne sono convinti Paola Petrone e Pierfrancesco Maran, così come tutti gli intervistati. Senza un lavoro così oculato di disseminazione non si sarebbero raggiunti risultati tanto sorprendenti. Una vera campagna per conquistare “i cuori e le menti dei cittadini”: convincere circa un milione e mezzo di abitanti di ogni ceto sociale ed estrazione culturale non si può definire certo un’impresa facile.

La strategia adottata è quella delle grandi operazioni: sfruttare ogni canale possibile, con semplicità e pragmatismo. “La prima azione è stata l’invio per posta di due lettere, per ogni famiglia milanese, per presentare il progetto e illustrare in maniera semplice come effettuare la differenziata con l’organico”, continua Petrone. “Ha fatto seguito l’apertura di un servizio telefonico dedicato al cittadino per risolvere ogni suo dubbio o perplessità”. Secondo i dati, nei primi mesi la hotline di Amsa e Comune ha ricevuto in media cento telefonate alla settimana. La partecipata milanese si è spesa poi in prima persona per incontrare cittadini, portinai, amministratori e illustrare nei dettagli il processo. “Abbiamo organizzato riunioni in tutti i consigli di zona, presenziato con banchetti alle feste di quartiere, organizzato progetti dimostrativi di compostaggio”. Anche nei quartieri più difficili e degradati, cercando di spiegare il processo a famiglie straniere, spesso poco informate sulla corretta gestione dei rifiuti. Per questa ragione il materiale informativo è stato realizzato in nove lingue. Sul sito amsa.it le istruzioni sono disponibili anche in spagnolo, inglese, francese, cingalese, arabo, ucraino, cinese e romeno. Una scelta fatta con attenzione, in base alla composizione etnica degli abitanti milanesi. Il ruolo più importante l’ha giocato tuttavia la comunicazione cartacea appesa in tutti i vani spazzatura e distribuita in tutte le unità abitative durante l’accurata distribuzione (“asburgica” la definiscono all’Amsa) dei cestini per la Forsu con starter kit. In tempi 2.0 non è mancata nemmeno la app per illustrare in maniera efficace come comportarsi davanti al bidone marrone.

Di grande importanza è stato il supporto del settore privato, grazie all’apporto del colosso delle bioplastiche di Novamont che ha donato un milione di sacchetti di Mater-Bi, un tipo di bioplastica di cui l’azienda è proprietaria. “Una collaborazione importante per Amsa”, spiega Paola Petrone, “che ha contribuito sostanzialmente alla realizzazione del progetto”. L’impiego di sacchi in bioplastica compostabile, impermeabili, igienici, traspiranti, è fondamentale per il trattamento in impianti di digestione anaerobica e compostaggio. La compostabilità dei sacchi, infatti, è una caratteristica essenziale per garantire la qualità del materiale raccolto. Sebbene oggi grazie alla legge sul bando dei sacchetti di plastica molti cittadini dispongano di borse in bioplastica, la fornitura gratuita di 25 sacchetti in Mater-Bi ha svolto una funzione educativa nei confronti dei cittadini. In molte città infatti il problema principale è il conferimento della Forsu in sacchetti di plastica non compostabile. In questo modo i cittadini invece cominciano ad abituarsi all’uso della bioplastica. Anche se in tanti non usano ancora correttamente gli shopper in bioplastica: secondo Christian Garaffa, Marketing Manager di Novamont, la maggioranza dei piccoli esercizi commerciali seguita a utilizzare shopper non compostabili. Una piena applicazione della normativa nazionale sugli shopper consentirebbe un ulteriore miglioramento del servizio” (sul caso degli shopper vedi il contributo di Francesco Ferrante in questo numero di Materia Rinnovabile).

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Milano sul tetto del mondo: l’introduzione dell’organico ha accelerato la quota di differenziata raccolta che da anni faticava ad aumentare.

Il luogo dove la spazzatura va

Avvicinandosi all’area di scarico, dove ogni giorno arrivano autoarticolati da 30 tonnellate di portata, il visitatore attento viene colpito dal fatto che l’impianto privato di Montello (BG) – 35 ettari di terreno, di cui 12 coperti – non disperda odori forti tipici di tanti impianti di conferimento. Qua, in un sistema isolato, si lavorano tutti i rifiuti organici milanesi – e non solo – che vengono processati in biogas e successivamente in compost.

La soluzione impiantistica adottata prevede una prima fase di pretrattamento del rifiuto seguita da digestione anaerobica (finalizzata alla produzione di biogas utilizzato per la generazione di energia elettrica e termica), e una successiva fase di compostaggio aerobico del fango proveniente dalla disidratazione del digestato, finalizzata alla produzione di fertilizzante organico di qualità.

L’impianto contribuisce, grazie ai digestori, a una riduzione di emissioni pari a 75.000 tonnellate/anno di CO2.

Tutta l’energia termica prodotta viene utilizzata da Montello per i servizi e fare funzionare i propri impianti (per esempio riscaldare i digestori); quella elettrica in parte per l’impianto e per tutte le altre necessità produttive dello stabilimento, mentre l’eccesso è immesso alla rete energetica. Montello ha un impianto di 10 megawatt di potenza elettrica installata. Il compost viene invece ceduto gratuitamente alle aziende agricole.

L’Economia del rifiuto

Non si può nascondere il fatto che fare la raccolta e il riuso della frazione organica dei rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata comporta un extra costo. Tuttavia, una ricerca ufficiale del 2010 della Regione Lombardia afferma che i costi a elevati tassi di raccolta differenziata tendono a diminuire rispetto a esperienze a livelli più bassi di raccolta differenziata, soprattutto grazie ai risparmi sullo smaltimento e gli introiti derivanti dai materiali riciclabili. Ma, secondo vari intervistati dell’amministrazione comunale e Amsa, effettivamente viene considerato un costo aggiuntivo. “Però, se consideriamo gli impatti positivi sull’ambiente e sulla salute delle persone, si può individuare un risparmio”, commenta Paola Petrone. I conti non son facili da fare. Ma tra emissioni di gas serra e particolato, elementi nutrienti restituiti al suolo grazie alla distribuzione di compost agli agricoltori lombardi e produzione di biogas come fonte di energia rinnovabile alternativa alle fossili si capisce subito il vantaggio.

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Le cattive abitudini: nonostante il successo del progetto si registra una diminuzione dell’attenzione del cittadino nella corretta separazione del rifiuto.

“L’Italia tuttavia”, continua Favoino, “ha introdotto modelli intensivi e ottimizzati di raccolta differenziata che dimostrano la possibilità di contenere i costi di raccolta rispetto ai modelli tradizionali centroeuropei. Una strategia che, come dimostrano alcune indagini ufficiali di settore, nonostante aumenti dei livelli di raccolta differenziata dal 20 al 70%, non ha fatto registrare un reale aumento dei costi, anzi. Certo, questo vale nella media e nel lungo periodo, quando i modelli operativi possono essere ottimizzati: nel breve periodo le condizioni preesistenti possono ragionevolmente diventare elementi condizionanti”.Per Favoino bisogna vedere anche come sta cambiando il costo delle alternative alla raccolta dell’organico. “Trent’anni fa costava poco smaltire nelle discariche, oggi la discarica ha costi accresciuti dovuti all’obbligo di pretrattamento per evitare la generazione di biogas e di percolato. L’incenerimento tende analogamente, nel medio termine, a mostrare costi di misura crescenti per le norme sulle emissioni che richiedono tecnologie sempre più accurate di trattamento”. Di fatto più si ricicla più si risparmia. Anche se, racconta Michael Kern, esperto di rifiuti del Witzenhausen-Institut, la situazione varia da paese a paese. “In quelli dove il costo di incenerimento è più basso, diventa competitivo con i costi di raccolta dell’organico e quindi è più difficile favorire la gestione della Forsu”.

Per i milanesi, amministrazione e cittadini, l’esperienza rimane decisamente positiva, poco importa se costa qualche cosina in più. È un vanto e aiuta l’ambiente. Anche a livello nazionale e internazionale il progetto ha avuto grande risonanza. “Abbiamo avuto visite di rappresentanza da Parigi, Stoccolma, Shanghai, Berlino, ci sono parecchi scambi e ci invitano spesso per presentare il progetto”, precisa Petrone. Uno dei pochi Comuni che ancora non ha contattato Milano, pare sia Roma.

Info

www.amsa.it

www.novamont.it