Milano città a 30 chilometri all’ora dal primo gennaio 2024. È bastato un solo ordine del giorno – quello approvato il 9 gennaio scorso in consiglio comunale - a ingolfare per più di una settimana il dibattito sulla mobilità nella capitale economica d’Italia. Dal Governatore Fontana al Ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Salvini, passando per Automobile Club Milano, le reazioni al provvedimento presentato dal consigliere Marco Mazzei (Lista Civica Beppe Sala) svelano la principale arma a disposizione dei promotori dell’inazione: la spinta alla polarizzazione. Automobilisti contro pedoni, lavoratori contro “fannulloni a pedali”, ambientalisti “veri” contro ambientalisti “falsi”.
Un anacronistico tutti contro tutti che rischia di alimentare discriminazioni e ghetti di utenza. Per questo motivo, basta parlare di “zona 30”. Un limite di velocità al ribasso non distragga Milano – e altre città italiane – da un approccio integrato che altrove in Europa inizia a mostrare una lunga lista di vantaggi, a partire dalla sicurezza stradale.
Milano città 30, sicurezza stradale dovrebbe essere priorità
“Questo provvedimento è un primo passo, un atto di indirizzo politico che ha come primo elemento il tema della sicurezza”, spiega a Materia Rinnovabile il consigliere Marco Mazzei, primo firmatario del discusso ordine del giorno, che ora dovrà essere approvato in giunta “In Italia continuiamo ad accettare che ogni anno ci siano decine di migliaia di incidenti con morti e tantissimi feriti, anche molto gravi. Consideriamo questo tema come se fosse ineluttabile.”
Nel 2021, secondo i dati ISTAT, nel nostro Paese gli oltre 150 mila incidenti stradali – 7465 solo nel Comune di Milano - hanno infatti causato 2875 morti e quasi 205 mila feriti. Nel 40% dei casi, escluse le cause di natura imprecisata, sono distrazione, mancato rispetto della precedenza e velocità troppo elevata le cause principali.
Per pedoni e ciclisti, utenti leggeri della strada, un impatto con un’automobile che viaggia a 50 km/h si rivela infatti quasi sempre fatale. Abbassare il limite di velocità in ambito urbano da 50 a 30 km/h (anche grazie alla riduzione dello spazio necessario a reagire e frenare, 28 metri contro 13) permetterebbe di abbassare l’incidentalità e prevenire le conseguenze più gravi nella più sventurata delle ipotesi.
Le reazioni al provvedimento “Milano città 30 km/h”
Fin dalle prime ore la visione racchiusa nell’ordine del giorno “Milano città 30 km/h” ha scatenato non poche reazioni. A partire dal leader della Lega e ministro alle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, che in un tweet ha commentato: "Ricordo al sindaco e al Pd che a Milano la gente vorrebbe anche lavorare…". Più diplomatico il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, che pare preferire interventi limitati stile zone 30: "Penso che in tutte le cose si debba andare per gradi - ha spiegato il Governatore - Il limite dei 30 all'ora va bene in alcune aree sensibili in presenza di scuole e ospedali, ma per il resto della città il limite di 50 Km/h potrebbe essere più utile per evitare il blocco della circolazione”.
Ha fatto infine scalpore il commento di Geronimo La Russa, presidente di Automobile Club Milano, che definendo il provvedimento “demagogico e inutile” ha dichiarato: “La Milano che cresce ed è sempre più apprezzata sia in termini economici-produttivi, sia come attrattività turistico-imprenditoriale, sul tema della mobilità fa come i gamberi marciando in direzione opposta al progresso e arroccandosi in posizioni che anche con l’ambientalismo, quello vero, e la sicurezza stradale hanno poco a che fare”.
Deve essere proprio vero il detto “se in autostrada vedi un sacco di auto marciare in direzione contraria, quello contromano sei tu”. L’abbassamento del limite di velocità, oltre a colmare il gap di Milano con altre metropoli europee, è infatti auspicato da misure come il Piano nazionale per la sicurezza stradale (per altro coerente con la risoluzione n. 2021/2014(INI) del Parlamento europeo), dal Piano Urbano della Mobilità Sostenibile di Milano (dove si fa esplicito riferimento alla necessità di passare dalle Zone 30 alla Città 30 per realizzare il grande obiettivo di zero vittime sulle strade entro il 2050 promosso dall’Unione Europea) e dal Piano aria clima, che indica la realizzazione della “Città 30” come strategica per contenere il fenomeno di risollevamento delle polveri atmosferiche dal manto stradale.
Cosa succede Oltralpe (e non solo)
Che il passaggio ad una città a 30 all’ora non si potrà fare in un anno, come del resto ha rassicurato lo stesso sindaco Sala, si capisce. “Ci vuole un approccio integrato, finora poco evidente – ha affermato Federico Del Prete, responsabile mobilità e spazio pubblico di Legambiente Lombardia - Il tassello più urgente, oltre alla riduzione della velocità, è quello della sosta degli autoveicoli su suolo pubblico (…) L’immagine internazionale di Milano non può continuare a scontrarsi con la realtà di un parcheggio a cielo aperto. Milano è ancora molto al di sopra della media di automobili pro capite delle città europee, per togliere auto come nelle altre città bisogna mostrarsi compatti, non confondere le parti».
Il passaggio a Città 30 è una rivoluzione necessaria, che ha bisogno di iter – attenzione, sosta vietata - che partano da evidenze. Milano prenda esempio da città come Parigi o Bruxelles (per non citare Helsinki, Bilbao, Graz, Valencia) , capitale che al monitoraggio del primo anno di sperimentazione ha riscontrato: aumento del rispetto dei limiti di velocità, numero dei morti dimezzato e riduzione feriti gravi e riduzione di oltre la metà dell’inquinamento acustico da traffico. Per non parlare dei vantaggi sulla qualità dell’aria.
Rimane un punto da sciogliere: davvero passare a Città a 30 km/h significa congestionare ulteriormente il traffico? “È sufficiente confrontare su Google Maps i tempi di percorrenza suggeriti, in orari normalmente trafficati. Nove volte su dieci quello in auto è superiore rispetto a quello in bicicletta, senza considerare poi che già oggi la velocità media in ambito urbano è già abbondantemente sotto i 30 km/h”, spiega a Materia Rinnovabile Simona Larghetti, consigliera (gruppo Coalizione civica) del comune di Bologna, città che a novembre 2022 ha approvato le linee di indirizzo per il proprio piano, da approvare entro giugno, “Bologna città 30”.
“Il limite dei 30 non è una specie di punizione. Io ragiono nell’ipotesi in cui il numero di auto rimanga lo stesso. Noi al cittadino dobbiamo dare questo messaggio: con il fenomeno continuo dello stop&go, ad oggi lo stesso tragitto lo percorriamo a singhiozzo, come la lepre e la tartaruga del paradosso di Zenone. Se la lepre corre velocissima, ma poi si addormenta, non arriverà prima della mia tartaruga, che lentamente va sempre alla stessa velocità. Inoltre, introdurre una regola chiara e omogenea in tutto il territorio urbano aiuterebbe e ridurre l’attuale inefficacia dei limiti di velocità.”
Anche Roma città a misura d’uomo
Anche a Roma, prima per incidenti in Italia secondo ISTAT, sono stati annunciati provvedimenti simili. Lo ha fatto l’assessore capitolino alla Mobilità Eugenio Patanè, che in un’intervista rilasciata a Roma Today ha dichiarato che sulle strade di viabilità secondaria si arriverà ad avere limiti di velocità a 30 chilometri orari quasi ovunque, mentre sulle grandi arterie la manutenzione stradale, il ripensamento degli incroci e delle intersezioni più pericolose dovranno garantire la messa in sicurezza dell’infrastruttura.
“Dobbiamo puntare ad avere delle città a misura d'uomo”, commenta alla nostra rivista Omar Di Felice, ultracyclist e divulgatore. “Noi stiamo arrivando in ritardo a definire città con ampie zone 30, mentre in Europa ci sono arrivati tanti anni fa e alcuni comuni virtuosi stanno già abbassando a 20 km/h il limite in alcune aree più sensibili in Germania, Svizzera e Austria (esemplare il caso di Friburgo). Si deve cercare di abbassare la velocità per ridare spazio all'essere umano”.
“Andare in bicicletta a Roma è possibile, - continua Di Felice - a patto di ridurre drasticamente il traffico per rendere più sicure le strade. Vero, Roma sorge storicamente sui sette colli, ma ciò non significa di certo che si tratti di sette Stelvio! È sicuramente una città con uno sviluppo non completamente pianeggiante, ma c'è anche da dire che il centro urbano si snoda tra Aniene e Tevere e avremmo delle piste ciclabili che in un un'unica arteria sono in grado di unire i quartieri a nord con quelli più a sud, fino ad arrivare ai Lidi di Ostia e Fiumicino. La ciclabile di Roma, potenzialmente, sarebbe la più bella del mondo: volendo fare paragoni, anche il lungo Senna di Parigi è stato valorizzato attraverso una profonda riqualificazione, ma, senza nulla togliere ai cugini d'oltralpe, la bellezza data dal pedalare tra le rovine della città eterna non avrebbe eguali al mondo.”
Image: Jacek Dylag (Unsplash)