La cosa singolare è che questo strumento consente, a chi ha costruito gli stessi oggetti prima, di fare gli oggetti che ha sempre sognato di fare ma che con gli strumenti tradizionali non era possibile fare. Molti artigiani che stanno provando le stampanti 3D scoprono questa potenzialità. È possibile andare oltre, e qui la vicenda può diventare più strana. Thomas Demand è un artista tedesco che ha posto al centro della sua attenzione il mondo sotterraneo delle grotte. Stalagmiti, stalattiti e quelle collinette tutte a strati, strisce di sedimenti sovrapposti, nei millenni. La natura nelle grotte lavora da milioni di anni con il metodo delle stampanti 3D: costruisce le sue forme strato su strato. Allora Demand sta procedendo verso la costruzione di grotte bellissime, usando le stampanti naturalmente. Per il momento si limita a dei diorama di circa tre metri per due, ma in una logica alla Christo potrebbe spingersi ben più in là. Così avremmo quelle grotte che la natura avrebbe potuto fare ma che non ha fatto. Cosa pensare di ciò? Vedremo.
Ci sono quindi innovazioni che aprono nuovi mondi, ovvero non si limitano – sebbene le loro potenzialità siano rivoluzionarie – a consentire di fare in altro modo quello che si è sempre fatto con altre procedure. Eccoci ai chiodi e alle viti, allora. Nei musei dedicati alle più antiche civiltà ci sono sempre dei chiodi, e pure delle viti. Le viti, in legno, hanno almeno duemila anni perché ci volle un po’ di tempo per imparare a costruire la forma elicoidale, mentre il chiodo è più immediato, ovviamente, ma anche meno efficiente nel tenere insieme le cose. Ebbene, il futuro è delle colle. È un futuro gestito dalla scienza dei materiali, che ha cambiato il concetto di collosità. Le colle avanzate, infatti, si basano su materiali che interpretano la struttura materica alla quale devono agganciarsi e a essa offrono una superficie, come dire, complementare. È un po’ come se si fossero scalate le pareti indossando dei chewing gum appiccicaticci e poi si fosse scoperto che degli scarponi rigidi con i ramponi, adattandosi alle tante piccole sporgenze della pietra e alle pareti di ghiaccio, sono molto più efficienti. All’Università Riken, in Giappone, hanno realizzato una striscia di stoffa collosa che tiene su qualche centinaio di chili attaccandosi al vetro.
Le nuove collosità, però, mostrano una tendenza pervasiva che va ben oltre l’abolizione di chiodi e viti. C’è chi (sono quelli di Google che lavorano all’auto che si guida da sola), ragionando sul fatto che negli incidenti d’auto cittadini nei quali è coinvolto un pedone, gli sventurati sono colpiti e anche gettati sulla strada, magari addosso a un’altra auto, sta progettando superfici super collose da collocare sul cofano delle auto con l’obiettivo di agganciare il pedone e ridurre i danni. Va segnalato che, in generale, tutte queste nuove colle hanno anche la particolarità di poter essere rimosse facilmente. Tengono centinaia di chili, ma poi si tolgono come se fossero uno scotch. Nel caso del pedone sul cofano questo fatto è ovviamente importante. Altrimenti, se l’incidente fosse grave bisognerebbe seppellirlo insieme all’auto. Se i danni fisici invece fossero modesti, la sua vita cambierebbe molto, diventando anche monotona perché, collocandosi sul cofano e ostruendo la visibilità del guidatore, l’auto finirebbe in sosta permanente e non ci sarebbe nemmeno la possibilità di andare un po’ in giro.