Nel 1997 l’80% dei rifiuti urbani veniva smaltito in discarica: una quantità pari a circa 22,3 milioni di tonnellate. Nello stesso anno la raccolta differenziata era al 9% come media nazionale: il 17% al Nord, il 6,3% al Centro e l’1,4% al Sud. Anche le frazioni più note degli imballaggi venivano raccolte in quantità modeste: 782.000 tonnellate di carta e cartone, 643.000 tonnellate di vetro e solo 96.000 tonnellate di plastiche. La quantità totale dei rifiuti raccolti in modo differenziato nel 1997 era pari a soli 2,5 milioni di tonnellate. Nel primo anno di funzionamento, il 1998, il sistema Conai-consorzi di filiera partiva con un avvio al recupero di 3,57 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio, pari al 34% degli imballaggi immessi al consumo.
Nel 2013 lo smaltimento dei rifiuti urbani in discarica è sceso al 36,8% e si è dimezzato anche come quantità rispetto al 1997 con 10,9 milioni di tonnellate, nonostante la produzione di rifiuti urbani sia cresciuta a circa 29,6 milioni di tonnellate. La raccolta differenziata è salita nel 2013 al 42,3% come media nazionale: il 54,4% al Nord, il 36,6% al Centro e il 28,8% al Sud. Le frazioni raccolte in modo differenziato sono notevolmente aumentate: a 3,05 milioni di tonnellate quella della carta, a 1,6 milioni di tonnellate quella del vetro, a 945.000 tonnellate quella delle plastiche. Il totale dei rifiuti urbani raccolti in maniera differenziata è salito a 12,5 milioni di tonnellate. Nel 2013 sono stati ben 7,6 i milioni di tonnellate di imballaggi (diventati circa 8 milioni nel 2014) avviati al riciclo e recupero dal sistema Conai-Consorzi di filiera, pari al 68% dell’immesso al consumo. In pratica, da quando è partito, il sistema Conai ha più che raddoppiato sia la percentuale, sia la quantità dei rifiuti di imballaggio recuperati.
Anche se non tutti i problemi sono stati risolti, in particolare in alcune aree del Mezzogiorno, questi sono numeri chiari che indicano un importante cambiamento avvenuto in Italia con la riforma della gestione dei rifiuti introdotta nel 1997: cambiamento positivo, come pochi altri in campo ambientale, al quale ha certamente contribuito in modo rilevante l’istituzione e l’attività del sistema Conai-Consorzi di filiera. Vi ha contribuito direttamente con circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio avviati al riciclo e al recupero – il flusso di rifiuti di gran lunga più consistente delle raccolte differenziate – e, indirettamente, perché il contributo ambientale raccolto dal Conai ha sostenuto, per tutti questi anni, lo sviluppo delle raccolte differenziate a livello comunale.
Nel dibattito sui modelli di sistemi per l’attuazione della responsabilità estesa dei produttori va – a mio avviso – tenuto ben presente un criterio base: un sistema va valutato per i risultati che ha prodotto, che produce e che è in grado di produrre. E se si parte dai numeri, e non dai preconcetti, è difficile non vedere che il sistema Conai-Consorzi di filiera ha funzionato egregiamente. Questo sistema è stato progettato “per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e riciclaggio e per garantire il necessario raccordo con l’attività di raccolta differenziata effettuata dalle Pubbliche Amministrazioni”, come si legge nel Dlgs 22/97 che lo ha istituito. Ovviamente c’era la direttiva imballaggi da attuare, ma quando si progettò quel sistema – ricordo bene – si pensò, più in generale, alla necessità di aumentare notevolmente il riciclo dei rifiuti urbani e di abbattere lo smaltimento in discarica, quindi a come implementare, estendere a tutti i Comuni e far crescere le raccolte differenziate, allora inesistenti o simboliche.
Il sistema Conai fu quindi progettato per:
- assicurare comunque il ritiro della gran parte dei rifiuti selezionati provenienti dalle raccolte differenziate che non si sarebbero mai sviluppate se i Comuni, in tutto il territorio nazionale, non fossero stati sicuri di poter collocare le frazioni raccolte e di ricevere un corrispettivo;
- permettere il raggiungimento degli obiettivi quantitativi europei obbligatori di riciclo e di recupero degli imballaggi, complessivi e per ogni singola filiera di materiale;
- assicurare, con un sistema controllato e controllabile, che i rifiuti d’imballaggio raccolti in maniera differenziata fossero effettivamente avviati al recupero o al riciclo presso recuperatori o riciclatori in regola e qualificati (e non finissero invece in discarica o ad alimentare gestioni illegali, nel paese dove le illegalità nel settore erano note e diffuse);
- spingere verso una buona qualità delle raccolte differenziate per aumentare il rendimento del riciclo e per limitare gli scarti da smaltire;
- assicurare la copertura dei costi delle raccolte differenziate, organizzate con criteri di efficacia e di efficienza (non incoraggiando gestioni inefficienti) prevedendo – se i ricavi non fossero sufficienti a coprire i costi del recupero e del riciclo – che anche il delta di questi costi fosse coperto ripartendone gli oneri tra i produttori e gli utilizzatori di imballaggi;
- organizzare, quindi finanziare, anche campagne di informazione a sostegno della partecipazione dei cittadini al nuovo sistema.
Ovviamente ogni sistema è migliorabile e anche questo non è stato probabilmente esente da limiti, ma chiunque lo valuti in base ai risultati non può non riconoscere che ha funzionato e che questo suo funzionamento deriva proprio da queste sue finalità e caratteristiche, scritte senza incertezze nel Dlgs 22/97.
Alcuni sostengono che questo sistema sia poco concorrenziale e poco aperto al mercato. I produttori e gli utilizzatori di imballaggi in Italia sono molte decine di migliaia: assicurare un loro effettivo coinvolgimento e ridurre al minimo il rischio dell’elusione del versamento del contributo ambientale erano obiettivi di primaria importanza. Si pensò quindi di rendere obbligatoria la loro adesione al Conai valorizzandone l’autonomia, quale organizzazione con personalità giuridica di diritto privato che elabora il proprio Statuto, soggetto all’approvazione da parte dei Ministeri dell’Ambiente e, allora, dell’Industria. Definiti gli obblighi generali, in modo da assicurare che il sistema funzionasse, si cercò, senza stravolgerlo, di renderlo più flessibile stabilendo che i produttori di imballaggi potessero adempiere ai loro obblighi, oltre che aderendo a uno dei consorzi di filiera del Conai per ciascuna tipologia di materiale di imballaggi (per la carta, il vetro, la plastica, l’alluminio, il legno e l’acciaio), anche organizzando in alternativa autonomamente la gestione dei propri rifiuti d’imballaggio, oppure mettendo in atto un sistema cauzionale.
Altra obiezione: perché non moltiplicare anche i consorzi di filiera? Più consorzi per la carta, per la plastica, per il vetro? Si dà il caso che, mentre i produttori di pneumatici sono alcune decine e quelli delle apparecchiature elettriche ed elettroniche alcune centinaia, i produttori e gli importatori di imballaggi sono, come si è detto, molto più numerosi: l’apertura libera ed effettiva a una pluralità di soggetti nelle singole filiere di imballaggi potrebbe produrre diverse decine di consorzi (o di organizzazioni equivalenti). Un sistema formato da decine di consorzi di filiera, in concorrenza fra loro, sarebbe molto difficile da controllare e governare, aumenterebbe la possibilità di elusione del contributo ambientale attraverso la costituzione di consorzi di comodo, renderebbe il quadro dei rapporti con i Comuni instabile e precario e il raggiungimento degli obiettivi europei di recupero e di riciclo molto problematico.
Consorzio nazionale imballaggi, www.conai.org
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”, www.reteambiente.it/normativa/290/