Oggi l'idrogeno che consumiamo nell'industria chimica viene prodotto per via industriale, con significativi costi energetici. Se l'idrogeno inizia a essere un carburante per la nostra mobilità verde, ne avremo bisogno in quantità maggior e continuare a produrlo dagli idrocarburi non sarà una soluzione neutra dal punto di vista del carbonio. Gli elettrolizzatori sono un'alternativa, ma ce n'è un'altra, più promettente: l' idrogeno naturale. L'interazione acqua/roccia genera questo idrogeno in molti luoghi della Terra. Si può produrre? E dove? Anche in Italia? Ecco cosa sappiamo per ora e cosa è in gioco nell'esplorazione e nella produzione di questa nuova risorsa naturale.
Estrarre idrogeno
Un secolo fa si produceva gas per uso civile bruciando carbone, poi sono state scoperte grandi riserve di gas naturale e abbiamo smesso di produrre questo gas che era più costoso di quello "nativo", conteneva CO altamente tossico e la cui fabbricazione era inquinante. La stessa evoluzione avrà luogo per l'idrogeno? L'idrogeno consumato è attualmente prodotto principalmente dal metano, o più generalmente da idrocarburi, mediante cracking a vapore, un metodo di produzione che implica però notevoli emissioni di carbonio.
L'idrogeno esiste anche sopra e sotto terra e la sua estrazione diretta, anche se oggi ancora irrilevante, sta iniziando a essere presa seriamente in considerazione per disporre di idrogeno veramente "verde" e poco costoso. Facciamo un bilancio delle conoscenze e delle domande ancora aperte.
L'origine dell'idrogeno naturale
L'idrogeno è presente nell'universo, è addirittura la molecola più comune. Sulla Terra, l'idrogeno si trova principalmente in forma combinata - con l’ossigeno nell'acqua (H2O), col carbonio (CH4, C2H6, ecc.) - ma anche direttamente in forma gassosa. Nell'atmosfera terrestre, tuttavia, esiste solo in quantità molto ridotte (circa 0,5 ppm).
Numerosi fenomeni determinano una generazione continua di idrogeno nella crosta terrestre. L'interazione acqua / roccia, la diagenesi, rilascia idrogeno dall'acqua durante fenomeni di ossidazione, fenomeni che possono essere osservati in diversi contesti geologici. Ad esempio, il ferro "ferroso" (Fe2 +) a contatto con l'acqua (di mare o di pioggia), si ossida in Fe3 + ferrico e rilascia idrogeno. La stessa reazione si può avere anche con altri metalli come il magnesio. È una reazione veloce ed efficiente alle alte temperature (circa 300° C), ma si verifica anche a temperature più basse.
Fra le altre fonti di idrogeno naturale note, in primo luogo c’è la radioattività naturale della crosta terrestre (radiolisi), che può in particolare separare idrogeno e ossigeno dall'acqua e rilasciare questi gas.
Le stime del flusso naturale di idrogeno da parte delle prime due fonti (diagenesi e radiolisi), benché ancora non molto precise, indicano comunque valori importanti che possono variare secondo gli autori da qualche punto percentuale fino al 100% del consumo attuale di idrogeno nel mondo (che è di circa 70 Mt / anno). Anche l'attrito sui piani di faglia e l'attività di alcuni batteri rilasciano idrogeno, ma presumibilmente in quantità decisamente minori. È importante notare che, in tutti questi casi, si tratta di un flusso di idrogeno costantemente rigenerato e non di una risorsa fossile.
Allo stesso tempo, anche la conservazione di grandi quantità di H2 "primordiale" (presente all'inizio del sistema solare, nel mantello, anche nel nucleo terrestre durante la formazione della Terra) è una traccia esplorata da alcuni ricercatori: in questo caso, sarebbe sì una risorsa fossile, ma quasi infinita. A titolo di paragone, rispetto al volume del mantello terrestre (≈ 920 × 109 km3), il volume totale di petrolio prodotto dall'inizio dell'industria petrolifera (≈ 240 km3) è equivalente al volume della montagna Sainte-Victoire en Francia (Isola d’Elba se avesse un'altezza media di 1000m).
Dorsali oceaniche, fumarole e cratoni proterozoici
I minerali delle rocce emesse dai vulcani sottomarini delle dorsali oceaniche, in particolare l'olivina, si ossidano a contatto con l'acqua e rilasciano idrogeno. Queste emanazioni sono state studiate a lungo nelle fumarole della dorsale medioatlantica, in particolare per comprendere l'emergere della vita sulla Terra.
Una dozzina di anni fa, alcuni autori avevano persino fatto dei calcoli sull'economia del recupero di questo idrogeno in mare aperto e a grande profondità [Charlou J.L., J.P. Donval , Y. Fouquet, P. Jean-Baptiste, N. Holm, (2002) Geochemistry of high H2 and CH4 vent fluids issuing from ultramafic rocks at the Rainbow hydrothermal field (36j14VN, MAR), Chemical Geology 191 345– 359]. All'epoca nessuno vi prestava attenzione, poiché le condizioni - profondità dell'acqua, distanza dalla costa - erano considerate troppo difficili per permettere uno sfruttamento economico del sistema nonostante il grande flusso di idrogeno.
Questo settore, come molte altre risorse naturali, può essere sviluppato a terra, senza necessità di grandi investimenti. Fortunatamente, questo tipo di vulcanesimo si osserva anche dove le dorsali medio oceaniche emergono, dove probabilmente si stanno formando come nella depressione dell’Afar (Corno d'Africa) o dove sono sollevate da fenomeni più profondi (un punto caldo) come in Islanda. In effetti, in quest'isola, le fumarole dell'asse centrale della spaccatura contengono tutte idrogeno. Per il momento, nelle centrali elettriche vengono utilizzate solo le calorie dell'acqua, il fluido termovettore, ma potrebbe essere diversamente. In generale, la produzione di idrogeno mediante separazione superficiale oltre all'energia geotermica sarebbe possibile in molte aree. Questa strada ci sembra che dovrebbe essere esplorata, date le difficoltà incontrate nel tentativo di rendere economici molti progetti geotermici ad alta temperatura.
Queste croste oceaniche soggette ad ossidarsi si trovano anche in superficie, o vicino alla superficie, nelle aree di sutura, dove la compressione e l'accatastamento delle falde formano le montagne. Il sultanato dell'Oman e le Filippine sono i casi più studiati, ma emissioni di idrogeno sono state osservate anche in Nuova Caledonia o persino nei Pirenei. Spesso, questo idrogeno reagisce immediatamente con l'anidride carbonica nell'atmosfera e precipita al carbonato: una cattura e un uso naturali e spettacolari di CO2 (CCU).
Un altro contesto geologico sono i cratoni proterozoici (oltre mezzo miliardo di anni). L'idrogeno a terra è stato osservato in Russia (intorno a Mosca), negli Stati Uniti (Carolina del Sud, Kansas), ma anche in molti altri luoghi, come dimostrato da una sintesi pubblicata nel 2020 dal ricercatore. Viacheslav Zgonnik (Zgonnik, The occurrence and geoscience of natural hydrogen : A comprehensive review. Earth-Science Reviews, 2019). che ne ha identificati centinaia. La fonte potrebbe essere relativamente simile: ossidazione di un materiale ricco di ferro e rilascio di H2, queste fuoriuscite superficiali si trovano sistematicamente in regioni in cui il basamento è molto vecchio e ricco di metalli.
Un esempio di produzione nativa di idrogeno: Hydroma in Mali
In Mali, la perforazione di un pozzo per acqua (che si è poi rivelato secco), ha però incontrato accidentalmente idrogeno dal sottosuolo, poi messo in produzione dalla società Petroma, ora ribattezzata Hydroma. Il suo direttore, Aliou Diallo, ha visto la possibilità di energia locale e senza emissioni di carbonio in un paese che ne è privo. L'idrogeno nativo che esce da questo pozzo è quasi puro (oltre il 96%). Viene bruciato direttamente sul posto in una turbina a gas per generare elettricità per un piccolo villaggio.
Altri pozzi vicini sono stati perforati nei dintorni da Hydroma per cercare di determinare le riserve (nel senso di petrolio e gas) e di ingrandirle, potenzialmente con la creazione di un impianto di produzione di ammoniaca. In questa fase, tuttavia, non è possibile annunciare alcuna riserva, poiché nessun pozzo è ancora stato testato (Prinzhofer A., Cissé C.S.T. and Diallo A.B. 2018: Discovery of a large accumulation of natural hydrogen in Bourakebougou ,Mali. International Journal of Hydrogen Energy).
Questo successo ha infranto molti preconcetti: il pozzo iniziale produce da 4 anni senza calo di pressione (4 bar), mentre il serbatoio è profondo soli 110 m.
Le misurazioni superficiali dei sensori di idrogeno non mostrano alcuna perdita, il che rende possibile concludere che esistano, contrariamente a quanto molti si aspettavano (data la dimensione della molecola H2 e la sua capacità di ricombinarsi chimicamente), rocce di coperture che consentono un accumulo di idrogeno, che può quindi rimanere nella fase gassosa sotto i nostri piedi.
Aliou Diallo e il suo team hanno fatto molto per attirare l'attenzione su questo bacino, soprattutto dal momento che l'idrogeno sarebbe prodotto lì a un prezzo significativamente inferiore a un dollaro al chilo. Una miscela di condizioni diverse da quella geologica, principalmente politica ed economica, non ha permesso alla comunità scientifica di affrontare l'argomento.
Tuttavia, questi nuovi dati, nel contesto della ricerca su un mix energetico a basse emissioni di carbonio, hanno rianimato l'interesse per l'argomento e diversi progetti (sia di ricerca che di esplorazione) sono emersi dal 2018 (Gaucher E., 2020. New perspectives in the industrial exploration for native hydrogen, DOI: 10.2138/gselements.16.1.8). Una società di esplorazione dedicata all'idrogeno, NH2E, è stata creata negli Stati Uniti e ha perforato un primo pozzo in Kansas alla fine del 2019. In Francia, la società 45-8 Energy è alla ricerca di idrogeno ed elio, gas che sono talvolta associati nel sottosuolo (la produzione di elio - un gas strategico e molto più costoso di H2 - sembra una priorità anche se il mercato dell'elio in termini di volume è più piccolo).
Zone note con emanazioni di H2 (in rosa) e metano abiotico, emesso dalla combinazione di H2 con carbone superficiale (in verde)
I cerchi delle streghe
Cosa ci dicono oggi le emanazioni di idrogeno di superficie? A sud-est di Mosca, ci sono lievi depressioni piuttosto circolari, chiaramente visibili nelle foto aeree, che la comunità scientifica ha preso a chiamare "cerchi delle streghe" (Larin N., Zgonnik V., Rodina S., Deville E., Prinzhofer A. and Larin V. N. 2014, Natural molecular hydrogen seepages associated with surficial, rounded depression on the European craton in Russia. Nat. Resour. Res. 24(3), 363–383). Spesso la vegetazione muore lì e i rivelatori indicano che ci sono emissioni di idrogeno, non costanti e non continue, ma non trascurabili. Osservazioni simili sono state fatte negli Stati Uniti, in Brasile, Canada, Australia e persino in Namibia.
Per trarre conclusioni sulla possibilità di produrre questo idrogeno, è ovviamente necessario conoscere il flusso e non solo la concentrazione. I team di ricerca di Engie hanno sviluppato un nuovo sensore di idrogeno. Si tratta di un sensore "permanente" mentre i sensori di idrogeno finora disponibili sul mercato davano una misura puntuale di questo gas nel suolo in un dato momento (Moretti I., D’Agostino A., Werly J., Ghost C., Defrenne D. and Gorintin L. 2018. Pour la Science, special issue in partnership with Engie, march 2018, p. 24-25XXII_XXVI). Il flusso viene misurato ogni ora e i dati vengono inviati direttamente via satellite ai ricercatori. Più di un centinaio di questi sensori sono stati installati nel bacino di Sao Francisco in Brasile, dove erano già state registrate percentuali significative di idrogeno nel sottosuolo e dove erano visibili cerchi delle streghe. Sono in funzione da quasi 2 anni e i primi risultati pubblicati (Prinzhofer, A., I Moretti, J Françolin, C. Pacheco, A. D’Agostino, J. Werly, F. Rupin, 2019, Natural hydrogen continuous emission from sedimentary basins: The example of a Brazilian H2-emitting structure, International Journal of Hydrogen Energy) confermano un flusso significativo di idrogeno (ma non continuo e non costante sulla struttura) dell'ordine di 7000 m3 / giorno su una struttura di 0,4 km2 . Questa registrazione ha anche mostrato che il flusso variava sistematicamente nel corso di una giornata. Questo spiega perché alcuni autori hanno suggerito in passato che i cerchi delle streghe fossero strutture morte: basta andare nel momento sbagliato per trovarli "addormentati"...
Trasporto e accumulo
Le altre due importanti questioni relative all'idrogeno naturale sono le sue modalità di trasporto nel sottosuolo e le condizioni del suo accumulo. In altre parole, ci sono rocce abbastanza impermeabili da formare una copertura per un serbatoio di idrogeno? L'idrogeno è un gas leggero e, a prima vista, è probabile che migri verticalmente solo in forma gassosa. Il recente lavoro congiunto di Engie e IFP Énergies nouvelles ha permesso di mettere in discussione questo assunto: l'idrogeno, leggermente solubile in acqua in superficie, diventa abbastanza solubile quando la temperatura e soprattutto la pressione aumentano (Lopez-Lazaro C., P. Bachau, I. Moretti, N. Ferrando, 2019, Hydrogen solubility in aqueous NaCl solutions : from molecular simulation to equation of state. BSFG, doi.ord/10.1051/bsgf/2019008). A una profondità di diversi chilometri, l'idrogeno può quindi viaggiare in forma disciolta nelle falde acquifere e quindi essere trovato lontano dalla sua fonte e non appena sopra di esso. Esistono rocce di copertura per l'idrogeno (in Mali, dolerite, una roccia vulcanica) ma nulla prova che possano rimanere a tenuta stagna per milioni di anni come quelli che si trovano nei campi petroliferi.
Per la produzione e la distribuzione dell'idrogeno naturale, i problemi sono gli stessi dell'idrogeno "fabbricato": lo stoccaggio (in particolare sotterraneo), il trasporto sotto pressione e la distribuzione seguono la stessa logica. Logica inoltre diversa da quella del gas naturale, poiché la liquefazione, che è efficiente per il metano e che consente il trasporto via mare e un mercato globale del Gas naturale liquido (GNL), diventa costosa e inefficiente per l'idrogeno. La compressione è esotermica e si deve abbassare di parecchio la temperatura: liquefacendolo si può perdere più della metà dell'energia dell'idrogeno. Si prevede che l'economia in piccoli giacimenti di idrogeno vicini al consumatore sarà la strada migliore. Inoltre, la nozione di "piccoli campi" potrebbe rivelarsi diversa dal mondo del petrolio e del gas poiché la ricarica è, da ciò che conosciamo oggi, continua. Potremmo semplicemente controllare la velocità di questa ricarica e adattare la produzione ad essa.
Zona geotermica di Larderello
In Italia
Oggi si sa molto poco del potenziale in H2 dell'Italia. Vi sono presenti molti contesti gelologici favorevoli: in Appennino e sulle Alpi sono presenti falde ofiolitiche, e il contesto di estensione dei bacini di retro-arco con significativo assottigliamento crostale presenta punti di somiglianza con le dorsali. La serpentinizzazione è stata ovviamente molto studiata nelle Alpi, ma senza valutare lo sviluppo dell'H2 generato da questa reazione. Significative e recenti sono anche le intrusioni granitiche in Toscana. Infatti, misurazioni, generalmente antiche ma complete, del contenuto di gas delle zone di emanazione geotermica, mostrano una certa percentuale di H2 sull'intera costa tirrenica da Larderello, a Napoli via Selvena (M. Amiata) e dintorni di Roma ( Duchi et al., 1992; Minissale et al., 1995; Rogie e al., 2000). Una prima missione di ricognizione tra l'UPPA e il CNR Igg di Firenze, nella zona geotermica di Larderello e a Selvena ha confermato la presenza di emanazione di idrogeno. Il lavoro continuerà per quantificare tali emanazioni e comprenderne l'origine.
Prossimi passi
Cerchiamo di essere chiari, non sappiamo esattamente quanto idrogeno viene prodotto sulla Terra ogni giorno dalle reazioni qui descritte, e non sappiamo quanto di questo idrogeno si accumuli in serbatoi da dove potrebbe essere facilmente estratto. Forse non abbiamo ancora identificato tutte le reazioni che producono idrogeno (le riserve di petrolio continuano a crescere dopo oltre cento anni di perforazioni precise e non avevamo idea di cosa era una roccia madre né un sistema petrolifero durante i primi 50 anni di questo settore).
Alcuni vorrebbero conoscere con esattezza le riserve di idrogeno naturale prima di intraprendere esplorazioni su larga scala. Nessuno tenterebbe di determinare le riserve di petrolio guardando gli indizi di superficie, sapendo che solo una piccola percentuale fuoriesce. Il nostro mondo del XXI secolo promuove l'innovazione ma sta diventando sempre più riluttante di fronte al rischio... Fortunatamente i nostri antenati non hanno aspettato di calcolare le riserve di ferro del mondo per passare all'età del ferro.
I dati che abbiamo oggi sul livello di emissioni di idrogeno naturale convergono verso una produzione continua (nel corso degli anni) tra 50 e 1.900 kg / km2 / giorno (per confronto, riempiamo il serbatoio di una Toyota Mirai con 5 kg di idrogeno). Evidenziata questa produzione, è ora necessario determinare le posizioni più promettenti e, a seconda del contesto, separare l'idrogeno in superficie dai fluidi geotermici o perforare.
Parallelamente a questa prospettiva, un'evoluzione della legge minerarie per classificare l'idrogeno nativo sarà necessaria in alcuni paesi in cui non rientra ancora in alcuna categoria, in modo da permettere di richiedere un permesso di esplorazione o di produzione.
Nell'immagine in apertura: un "anello delle streghe" in Brasile