Negli Stati Uniti ci sono 36 milioni di persone già senza lavoro . In Europa 60 milioni potrebbero, entro fine maggio, essere licenziate o subire un forte ridimensionamento dello stipendio. Nel resto del mondo oltre 150 milioni di persone hanno già avuto drastiche riduzioni della propria ricchezza, che le ha spinte ben al di sotto della soglia di povertà. E questo è solo l’inizio di una crisi che, secondo gli economisti, sarà breve, ma per tanti potrebbe essere micidiale, azzerando anni di sforzi per cercare una vita migliore. «L'Europa sta vivendo uno shock economico senza precedenti dalla Grande Depressione», ha affermato il Commissario europeo per gli Affari economici e finanziari, Paolo Gentiloni.
La fase post crisi economica – augurandoci che entro massimo 12 mesi avremo sconfitto definitivamente COVID19 – offre un’opportunità ma comporta anche un rischio. Può essere pericolosa poiché dato il forte scontento popolare e le forti tensioni sociali (la crisi 2020 sarà peggio di quella 2008) spingerà i demagoghi populisti supportati dalle lobby di carbone, petrolio e plastica a chiedere uno stop a tutte le politiche ambientali, dalle tasse pigouviane (plastic tax, border carbon tax, ecc) ai grandi piani di investimento (Green Deal, Green Climate Fund), con riverberi importanti anche nei negoziati internazionali su clima (COP26) e biodiversità (COP15 di Kunming). Le avvisaglie ci sono tutte. “Se hai apprezzato il lockdown, della pandemia amerai il Green New Deal», ha recentemente dichiarato il conservatore Washington Examiner. Elizabeth Harrington, portavoce del RNC, il Comitato nazionale repubblicano statunitense, ha scritto in un editoriale su The Hill che i democratici "ritengono una pandemia l'occasione perfetta per uccidere milioni di posti di lavoro " con piani di riduzione delle emissioni di carbonio. Commenti simili in Francia, Germania, Ungheria, da parte dell’ultra-destra, scimmiottata anche in Italia da Matteo Salvini (Lega) e Giorgia Meloni (FdI). Posizioni ignoranti, che non comprendono come un nuovo lasseiz-faire neoliberista, in salsa sovranista, potrebbe portare a crisi altrettanto peggiori nel ciclo di 5-10 anni, creando di fatto una crisi economica continua, con conseguenze inimmaginabili sulla stabilità planetaria.
Serve dunque arginare queste forze e difendere il Green Deal europeo e riposizionarlo come Green Social New Deal, rafforzando così la componente di just transition e just recovery. In Usa toccherà al democratico Biden (così come nel 2008 Obama ereditò la crisi da Bush) andare a sanare 4 anni di follie Trump, dall’indebolimento degli standard ambientali al caos gestionale federale della crisi Covid, cercando una sponda con quella sinistra dem rappresentata nella sua incarnazione contemporanea post-patriarcale da Alexandra Ocasio Cortez. In Asia, dovrà essere la Cina a guidare la transizione, scommettendo su un nuovo ripensamento della propria industria in ottica ancora più circolare, abbandonando definitivamente il carbone, mentre in Latino-America serve uno stop a figure perniciose come Bolsonaro.
Un ruolo centrale avranno le donne, che possono portare una visione innovativa, più consapevole del concetto di “cura”, spesso assente in tanti leader uomini. Cura e solidarietà, come ama ripetere Alex Lemille, saranno necessarie per creare un’economia circolare davvero umana che non prediliga il PIL come unica metrica, ma includa indicatori sociali e ambientali. Un ripensamento che dovrà necessariamente coinvolgere quella potenza soft che sono le Nazioni Unite, che devono ritrovare un ruolo e una filosofia per poter davvero raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Puntando a questo obiettivo, anche la cooperazione internazionale dovrà proseguire il suo percorso di ammodernamento. Servirà riscoprire il ruolo del locale senza cedere nel solipsismo localista, riscoprendo così un ecologismo moderato e consapevole dell’interdipendenza globale e del valore del locale.
Per questa sfida apparentemente insormontabile, dobbiamo cambiare atteggiamento: serve un rinnovato sforzo intellettuale per capire e agire in un mondo complesso, serve sacrificio, etica, senso del dovere civico. Risorse che proprio nelle crisi scarseggiano, tutti troppo preoccupati per la propria sussistenza, resa complessa dalle cupe ombre di un futuro incerto.
Anche Materia Rinnovabile, per far fronte a questa situazione, evolve: il magazine (che tanti di voi negli ultimi anni hanno seguito e apprezzato) diventa uno spazio di approfondimento monografico di grandissima qualità, votato allo slow-journalism, da leggere con calma, mentre il digitale sarà un mezzo d’informazione più dinamico, con l’assetto di un brigantino pirata pronto a fare incursioni quotidiane in ogni direzione innovativa dell’economia circolare, del design, della ricerca. Con lo scopo di fornire uno strumento di intelligence sempre più completo, organico, multi canale (con i suoi libri, video, conferenze e tanto altro). Vogliamo contribuire ad aprire uno spazio di riflessione su economia e società, su innovazione e buone pratiche, che affronti i problemi con approccio sistemico, circolare, con un punto di vista internazionale, con spirito critico e una dose di humor per rimanere piacevoli e freschi. Siamo il vostro nuovo strumento per discutere e lavorare. Costruiamo questo spazio insieme.