L’Italia che ricicla cresce. A dirlo è il rapporto di Legambiente sui Comuni Ricicloni 2020, che ogni anno premia i Comuni Rifiuti free, ovvero quelli in cui ogni cittadino produce al massimo 75 kg di secco residuo all’anno e che, di riflesso, adempiono alla normativa in vigore, che prevede almeno il 65% di raccolta differenziata.
Chi sono i Comuni Ricicloni
Quest’anno il concorso di Legambiente, a cui le amministrazioni partecipano su base volontaria, premia 598 Comuni Rifiuti free, 51 in più rispetto al 2019. Il dato mostra un trend nazionale positivo, soprattutto nel Meridione, dove i Comuni Rifiuti free sono passati da 89 a 122. Il Veneto si conferma la Regione più virtuosa, con 168 Comuni. Seguono il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, con rispettivamente 78 e 48 Comuni Rifiuti free. Dunque, ancora una volta il Triveneto primeggia nella gestione dei rifiuti, complici la raccolta porta a porta – che responsabilizza il cittadino – e una tariffazione puntuale basata sul principio “chi inquina paga”. E in ambito italiano non è scontato: difatti, per i Comuni non conformi alla legge sulla raccolta differenziata non è prevista alcuna sanzione. Inoltre, nel Triveneto vige una maggiore standardizzazione nella filiera del riciclo. Ciò – seppur ancora in forma abbozzata – si traduce nella scelta da parte delle amministrazioni di strategie condivise nello smaltimento dei rifiuti, come, ad esempio, nella scelta della tipologia di raccolta differenziata. Per fare un esempio: l’alluminio va riciclato con il vetro o con la plastica? La standardizzazione ha, fra i vari obbiettivi, quello di dare una risposta univoca alla domanda, a prescindere dall’ubicazione del Comune.
“Rifiuti zero, impianti mille”: il motto di Legambiente
Produrre meno rifiuti non significa aumentare la percentuale di raccolta differenziata. Significa aumentarne la qualità per favorire il riciclo. È questo il motivo per cui, nelle direttive europee sull’economia circolare recentemente recepite, non si parla di soglia minima di raccolta differenziata, ma di percentuale di rifiuti urbani riciclati, che dovrà essere del 55% entro il 2025. In altre parole: non tutto ciò che si differenzia si ricicla. Ed in Italia, ancor prima che un problema di qualità, è un problema di impianti. Ad oggi, si conta un numero esiguo di impianti di riciclaggio, snodi fondamentali nella vita di un prodotto. Smaltire rifiuti significa investire nella tecnologia italiana, che nulla ha da invidiare al resto del mondo . Basti pensare che il primo impianto al mondo di riciclaggio dei pannolini è made in Italy (ed ovviamente è in Veneto), così come la tecnologia per l’upcycling della plastica. Se il motto è “rifiuti zero, impianti mille”, la parola d’ordine è “investire”.