Un nuovo studio prodotto da Equanimator Ltd per Zero Waste Europe rivela che ogni anno in Europa l’incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati produce oltre 12 milioni di tonnellate di ceneri pesanti e circa 2 milioni di tonnellate di ceneri volanti, tra cui sostanze pericolose che si sono formate durante la combustione. Lo studio stima che circa la metà di questi residui finisce in discarica mentre l’altra metà è smaltita in modi non chiari.
Zero Waste Europe chiede una revisione della direttiva europea sulle discariche, che al momento favorisce l’incenerimento rispetto ad altri metodi di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, e della direttiva quadro sui rifiuti al fine di minimizzare la produzione di rifiuti urbani indifferenziati e garantire una gestione circolare dei materiali.
La verità sui residui da inceneritori
"La narrazione dell'industria è che tramite gli inceneritori sta riducendo la quantità di rifiuti mandati in discarica. Ma la verità è che stanno producendo rifiuti, tra cui rifiuti pericolosi. Una parte dei residui di incenerimento finiscono in discarica; altri sono smaltiti in modi non chiari e potenzialmente non adeguati”. Queste le parole di Janek Vahk, Coordinatore del programma Clima, energia e inquinamento atmosferico di Zero Waste Europe, che illustra a Materia Rinnovabile i risultati del rapporto “Inceneration residues in the EU quantities and fates”. Condotto da Equanimator Ltd per Zero Waste Europe e pubblicato a metà settembre, lo studio fornisce per la prima volta delle stime della quantità di residui da incenerimento prodotti in Europa e cerca di ricostruirne il destino finale, considerando che ceneri pesanti e ceneri volanti formati durante la combustione contengono sostanze dannose per la salute (diossine e inquinanti organici persistenti, POPs, nelle ceneri di fondo; Air Pollution Control residues, APC, nelle ceneri volanti).
Così la direttiva discariche incoraggia l’incenerimento
La nuova direttiva sulle discariche (direttiva UE 2018/850 che modifica la 1999/31/CE) prevede il cosiddetto landfill target, l’obiettivo obbligatorio entro il 2035 di ridurre la quantità di rifiuti urbani smaltiti in discarica al 10% o meno (in peso) della quantità totale di rifiuti urbani prodotti. I residui che derivano dal trattamento meccanico-biologico (TMB) dei rifiuti urbani indifferenziati (abbinamento di processi meccanici e processi quali digestione anaerobica e compostaggio) sono ancora considerati come rifiuti urbani e dunque inclusi nello scopo della direttiva e devono essere conteggiati.
Per quello che riguarda i residui da incenerimento, invece, alcuni sono considerati ancora come rifiuti urbani, altri no. Janek Vahk spiega a Materia Rinnovabile che nell’UE esiste una “distinzione artificiale” tra residui derivati da incenerimento di rifiuti urbani senza recupero termico (smaltimento, D10) e residui derivati da incenerimento con recupero termico (recupero, R1). Mentre i residui da smaltimento (D10) sono ancora considerati come rifiuti urbani, i residui da incenerimento per recupero termico (R1) non lo sono più e quindi non vengono conteggiati per quello che riguarda l’obiettivo del landfill target.
“Questi residui hanno la stessa composizione chimica. Ma invece di essere classificati sulla base delle loro caratteristiche chimiche e della loro pericolosità per gli esseri viventi, sono distinti sulla base degli inceneritori dove sono stati prodotti, cioè su quanto calore riesce a recuperare l’impianto di incenerimento. Ma la camera di combustione è la stessa, quindi sono gli stessi anche i residui prodotti”, spiega Janek Vahk. "Per una lacuna legale i Paesi sono incoraggiati a bruciare i rifiuti per raggiungere gli obiettivi del landfill target. Se un Paese non raggiunge l'obiettivo, paga una multa”.
Anche le ceneri finiscono in discarica
Nell’UE circa la metà di tutti i rifiuti urbani sono rifiuti indifferenziati. Di questi, il 51% (ovvero 61,4 milioni di tonnellate) è incenerito. Secondo lo studio di Zero Waste Europe quasi la totalità dei rifiuti inceneriti (60,4 milioni di tonnellate, cioè il 98%) è classificata come recupero termico (R1). Dall’incenerimento di questi rifiuti vengono prodotti circa 14,5 milioni di tonnellate di residui (12,5 milioni di ceneri pesanti e 2 milioni di ceneri volanti) di cui un po’ meno della metà (6,5 milioni di tonnellate), stimano gli autori dello studio, sono smaltite in discarica. Questo permette di calcolare che i residui da incenerimento mandati in discarica corrispondo a circa il 6,4% del totale dei rifiuti urbani prodotti, smentendo, secondo Zero Waste Europe, l’affermazione che l’incenerimento aiuta a ridurre la quantità di rifiuti mandati in discarica.
Ceneri pesanti e ceneri volanti smaltite in modi poco sicuri
Secondo lo studio, la maggior parte delle ceneri pesanti che non sono mandate in discarica diventa invece materiale di riempimento nella costruzione di strade o ad altre attività legate all'edilizia. Un impiego che secondo Zero Waste Europe non è privo di preoccupazioni. Infatti anche se la maggior parte delle ceneri pesanti viene considerata come non pericolosa, una revisione della letteratura scientifica sulla composizione delle ceneri pesanti mostra che esse “contengono quantità apprezzabili di elementi tossici classificati come ‘ad alto livello di preoccupazione’ e di inquinanti organici persistenti”. A seconda delle condizioni ambientali e del tempo passato, le sostanze tossiche possono percolare dalle ceneri pesanti nell’ambiente circostante.
Per le ceneri volanti, sembra invece che siano destinate al riempimento delle miniere di sale, un impiego spesso classificato come “attività di recupero”, anche se secondo gli autori dello studio “potrebbe essere ragionevole chiedersi se debba essere classificato come tale”. "Quando si costruisce un deposito per le scorie nucleari si sceglie accuratamente il sito per evitare qualsiasi contaminazione futura, cosa che non accade con le miniere di sale. Le miniere di sale non sono fatte con lo scopo di depositare rifiuti pericolosi", dice a Materia Rinnovabile Janek Vahk ricordando che tra le ceneri volanti sono presenti i cosiddetti Air Pollution Control residues (APC), alcuni dei quali sono "estremamente pericolosi" (il 3%) e devono essere inviati a miniere speciali per materiali pericolosi. Un rapporto di ISWA (International Solid Waste Association) sulla gestione degli APC derivanti da incenerimento con recupero di calore dice ad esempio che "Non è raccomandabile che i residui di APC vengano smaltiti in discarica senza un trattamento preliminare". Tuttavia un rapporto di IPEN, una rete globale di oltre 600 ONG di interesse pubblico in più di 120 paesi, mostra come spesso i “metodi di pretrattamento non possono essere descritti come qualcosa di diverso dalla diluizione delle ceneri volanti e delle concentrazioni di sostanze tossiche in esse contenute. È stato documentato che persino il materiale misto pretrattato viene trasportato dal vento e le polveri contenenti diossine si disperdono nelle aree circostanti”.
Minimizzare i rifiuti in discarica o ridurre la quantità di rifiuti urbani indifferenziati?
Per garantire regole uniformi per i vari tipi di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati e dei residui che ne derivano, lo studio di Zero Waste Europe indica che la direttiva discariche potrebbe essere modificata per escludere i residui da trattamento meccanico-biologico oppure per includere i residui da incenerimento con recupero termico (R1) nel calcolo totale di rifiuti urbani che sono conferiti in discarica. Ma la soluzione migliore, secondo l’Ong, sarebbe di migliorare sia la direttiva 1999/31/CE sulle discariche che la direttiva quadro 2008/98/CE sui rifiuti. “La direttiva sulle discariche dovrebbe adottare un obiettivo di smaltimento in discarica in kg di rifiuti pro capite all'anno. Questo premierebbe le aree (comunità, autorità locali) che attuano strategie progressive di gestione dei rifiuti per ridurre al minimo la produzione di rifiuti residui”, dice a Materia Rinnovabile Enzo Favoino, coordinatore del comitato scientifico di Zero Waste Europe e autore di un rapporto che spiega come il landfill target del 10% possa in realtà andare contro gli obiettivi dell’economia circolare.
La direttiva quadro sui rifiuti, invece, già stabilisce che entro dicembre 2023 gli Stati assicurino la raccolta differenziata obbligatoria per i rifiuti organici, che rappresentano la frazione più importante in peso dei rifiuti urbani. “L’anno prossimo la Commissione presenterà una proposta di revisione della direttiva rifiuti. Secondo noi questa revisione dovrebbe includere un obiettivo per ridurre al minimo la produzione dei rifiuti urbani indifferenziati”, dice Janek Vahk.
Insomma, invece di minimizzare la percentuale di rifiuti urbani mandati in discarica, sarebbe necessario minimizzare la quantità totale di rifiuti urbani indifferenziati prodotti. Cioè promuovere una vera economia circolare.
Immagine: Daniel Gimbel (Unsplash)