Extinction Rebellion chiede tre cose: 1) il governo deve dire la verità dichiarando lo stato di emergenza climatica ed ecologica, collaborando con altre istituzioni per comunicare l’urgenza del cambiamento; 2) fermare la perdita di biodiversità; 3) ridurre le emissioni di gas a effetto serra fino allo zero netto entro il 2025.
Extinction Rebellion si va ad aggiungere alle proteste di Fridays For Future e a quelle di lunga data degli americani di 350.org. Con buona pace dei media che avevano inizialmente caratterizzato le proteste come “tanto rumore per nulla.” Invece la folla ribelle ha chiesto e ottenuto. Jeremy Corbyn ha sostenuto una mozione in parlamento per dichiarare l’emergenza climatica, così come Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese. Numerosi comuni hanno fatto altrettanto nel Regno Unito e nel resto d’Europa. L’onda sta crescendo.
Il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la devastazione planetaria non hanno subito alcun arresto, nonostante i continui tentativi di trasformare il settore economico, di regolare le emissioni, di proteggere la biodiversità. Le misure adottate fino a oggi sono state timide e fondate sul compromesso. Basta vedere l’ultimo rapporto IPBES sull’erosione del capitale naturale. Come ci ricorda Greta Thunberg, la casa è in fiamme. E quando brucia qualcosa bisogna agire con la massima rapidità e gravità. E all’umanità questa gravitas ambientale è mancata. Abbiamo trattato la distruzione del pianeta come una commedia, discettando con maschere assurde, di volta in volta negazionisti, petrolieri, esperti di green marketing, ambientalisti d’opportunità, sovranisti degni di essere dimenticati non solo dalla storia, ma anche dalla cronaca.
Si allarga la scala della protesta: potenzialmente potrebbe divenire un ’68 ambientale, diffondendo il seme della rivolta pacifica, colta, creativa, situazionista. Sempre più cittadini comprendono quanto critica stia diventando la trasformazione globale. Come dice brillantemente la giornalista italiana Elisabetta Corrà “la rapidità dei cambiamenti climatici e a maggior ragione l’estinzione della biodiversità terrestre ci pongono cioè in quella condizione del tutto speciale che Hannah Arendt definì ‘il terrore della necessità’. [...] Ma la Arendt sapeva che il riconoscimento di una enorme minaccia comune è un innesco politico formidabile per grossi cambiamenti, che si tratta poi di governare o di subire. Extinction Rebellion, facendo appello alla verità delle cose, pone la società britannica [e non solo] dinanzi alla tremenda necessità di un risveglio brutale, e pragmatico. Il terrore della necessità, allora, è il porsi nelle condizioni psicologiche di sentire, fin dentro ogni fibra del proprio corpo e del proprio cervello pensante, che il pericolo è gravissimo, incombente e mortale”.
Cosa fare dunque? Serve uscire del tutto dalla nostra zona di comfort e aprire completamente lo sguardo all’emergenza. Che si sia top manager d’impresa, ricercatrice o figura politica, è giunto il momento di lavorare per trasformare la nostra economia, cambiando innanzitutto – e ciò sarà difficile – le nostre abitudini, ma soprattutto usando il nostro ingegno per garantire a tutti, come ben illustra Kate Raworth nella sua “economia della ciambella”, equità sociale senza erodere le risorse del pianeta. Un lavoro che una rivista di settore come Materia Rinnovabile deve avere ben in testa e continuare a offrire spunti di riflessione, buone pratiche, anche criticando se stessa e i suoi sostenitori più stretti. La casa è in fiamme e noi vogliamo essere acqua.
Extinction Rebellion, https://rebellion.earth
Fridays For Future, www.fridaysforfuture.it
Vignetta di: Emanuele Del Rosso