Entro i primi 100 giorni Timmermans dovrà presentare la prima legge europea sul clima. Inoltre dovrà proseguire il percorso avviato sull’economia circolare, continuando a spingere su finanziamenti e regolamenti, anche in ottica di decarbonizzazione. I verdi pesano sempre di più in Parlamento e l’effetto Greta ha costretto anche i moderati a riscoprirsi ambientalisti.

I governi di Germania e Francia hanno fatto recentemente coraggiosi annunci: la prima investirà oltre 100 miliardi di euro per azioni di decarbonizzazione entro il 2030, la seconda sta approvando una legge sull’economia circolare di grande respiro. Fuori l’Inghilterra che corre velocemente verso il caos, incapace di liberarsi della morsa nazionalista dei brexiters. E l’Italia, pilastro dell’Unione e una delle grandi economie globali?

L’Italia s’è desta. Sotto, la guida del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, passato da essere un fantoccio, a player europeo nel giro di un’estate italiana, Roma ha rialzato la schiena, nonostante le tante difficolta di questo governo giallo-rosso, che mette insieme il partito Movimento 5 stelle (M5S) e il partito democratico (Pd). Dopo aver posizionato David Sassoli (Pd) a capo del Parlamento europeo, il neogoverno ha ottenuto la poltrona di commissario europeo per l’economia per Paolo Gentiloni, un democratico che ha un lungo passato in politica ma anche nel mondo ecologista, avendo militato in Legambiente, una delle più longeve organizzazioni ambientaliste italiane. Gentiloni dovrà affrontare inevitabilmente il tema del surplus di bilancio al fine di rilanciare l’economia europea (al di là del quantitative easing). Una delle strategie più interessanti è stata proposta dal neo ministro del Tesoro italiano, Roberto Gualtieri (Pd): scorporare gli investimenti green e circular dal calcolo del deficit europeo. La proposta ha destato un certo interesse ed entrerà nelle discussioni per la riforma del Patto di Stabilità. Certo i pessimisti sostengono che bisogna vedere cosa sono questi investimenti verdi e capire se serviranno a raggiungere l’ambizioso obiettivo della carbon neutrality al 2050 o serviranno solo per far aumentare il debito pubblico.

Però i segnali che l’Italia stia iniziando un percorso per tornare ad avere un peso nelle politiche green in Europa è concreto. Giuseppe Conte il 20 settembre ha lanciato la proposta di un Green New Deal tra Stato e aziende, nelle stesse ore che circolava la bozza del nuovo decreto legge Clima Ambiente – temporaneamente in revisione dopo il previsto stop della Ragioneria di Stato, l’ente che supervisiona i conti pubblici. Dai trasporti (rottamazione veicoli inquinanti, sostegno alla mobilità pubblica) alla riforestazione (con un programma sperimentale di piantumazione nelle città), dai parchi all’atteso annuncio di eliminare i sussidi dannosi per l’ambiente (-10% l’anno fino al 2030), fino alle misure per l’economia circolare, con l’interessante agevolazione fiscale sui prodotti sfusi e alla spina (sarà riconosciuto un contributo pari al 20% del costo di acquisto di prodotti privi di imballaggi) e la menzione per il completamento dei decreti end-of-waste. Ancora poco, certo. Bisognerà discutere di un piano nazionale per la decarbonizzazione dei trasporti, un piano di adattamento nazionale ai cambiamenti climatici, misure sulla bioeconomia e soprattutto la promozione a livello europeo e globale di una Carbon Tax. I democratici (liberi dall’opportunismo politico dell’ex primo ministro Renzi) e il M5S hanno una forte componente ambientalista al loro interno. È giunto il momento di dare loro ampio spazio.